mercoledì 13 gennaio 2010

Giubbe Russe


Il tribunale del buon senso non conosce legittimi impedimenti, sopra tutto quelli di un presidente del Consiglio. L’Amor nostro circola da troppo tempo, come niente fosse, con indosso una bandiera russa cucita sulla manica sinistra dello spolverino e all’altezza del cuore l’aquila bicipite degli zar moscoviti. I simboli contano anche quando a elargirli è un amico. Il fatto che il soprabito del Cav. sia un regalo dell’amico Putin di certo non migliora le cose. Al contrario. Nella migliore delle ipotesi si potrebbe volentieri accogliere il contegno berlusconiano come un cedimento alla moda degli ultras.

E’ noto infatti come i tifosi viscerali delle squadre di calcio amino talora indossare capi d’abbigliamento griffati col marchio delle curve gemellate o con i segni di quelle più toste, cui si vorrebbe somigliare un poco. Il che vale anche per i sostenitori del Milan, dei quali il nostro presidente del Consiglio è primo rappresentante. Ma bisognerà ricordare al Cav. che esiste una gerarchia in nome della quale l’incarico istituzionale viene prima della tifoseria e delle amicizie internazionali? Oltretutto, in mancanza di reciprocità, diventa legittimo il timore di una sottomissione per lo meno psicologica. Quasi una sudditanza, opportunamente rilevata da chi di minorità altrui se ne intende: Financial Times e Wall Street Journal ieri esibivano in prima pagina la stessa foto che immortala il Cav. russificato. Siccome non risulta che Putin vada in giro per l’ex Unione sovietica indossando la mimetica della Folgore o la divisa della Brigata Sassari (e se lo facesse, siamo sicuri che ci piacerebbe?), gli antipatizzanti più fantasiosi ora vanno propalando il sospetto che Berlusconi ami mostrarsi in veste putiniana per lanciare messaggi occulti ai presunti sodali dell’ex Kgb o minacce meno occulte ai propri nemici. Perché attirarsi tale fanghiglia?

Per avere un termine di paragone concreto, si dovrebbe immaginare se i Galli di Francia perdonerebbero mai al loro presidente Nicolas Sarkozy una sua eventuale sfilata per gli Champs-Élysées con la Union Jack britannica cucita sul cuore – e sarebbe pur sempre un evento democraticamente corretto – o se non gli infliggerebbero invece qualche penosa ripetizione di gollismo. Prodigi della grandeur. Nel Millequattrocento il turco Maometto II espugnò Bisanzio, “altera Roma” di Costantino, illudendosi di trarne la legittimazione per dirsi Cesare. Nell’Ottocento Napoleone cercò invano di abbeverare i propri cavalli a Mosca con l’idea di vincere la terza Roma e riportarsi a Parigi il diritto di rappresentare il quarto simulacro della Città Eterna. E il nostro Cav. tricolore? Ha la fortuna di governare nella prima Roma, che se ne fa delle bandiere esotiche?

(di Alessandro Giuli)

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