Un ufficiale di alto grado dell'esercito israeliano ha ammesso per la prima volta che durante l'operazione "Piombo fuso" a Gaza i militari riscrissero le regole dell'ingaggio, dando maggiore protezione ai loro soldati anziché ai civili palestinesi. In un'intervista rilasciata cinque mesi fa al quotidiano israeliano Yedhiot Ahronot - non ancora pubblicata, ma visionata dal britannico The Independent - l'ufficiale ha dichiarato che il principio di «mezzi e intenzioni», ovvero la regola secondo cui si colpisce un nemico soltanto se è armato e intenzionato a combattere, non poteva essere applicato a "Piombo Fuso", operazione della quale lui era stato uno dei comandanti.
«"Mezzi e intenzioni" è la definizione adatta per un'operazione di arresto in Giudea o in Samaria (Cisgiordania, ndr)... Il concetto di "mezzi e intenzioni" proviene da altre circostanze. Qui (nel caso di Piombo fuso, ndr) non stiamo parlando di una normale operazione antiterrorismo. C'è una differenza sostanziale» ha detto l'ufficiale al giornale israeliano, che non ha voluto chiarire perché, nonostante le polemiche su Piombo fuso, l'intervista con il militare non sia ancora stata pubblicata dopo tutti questi mesi.
Le dichiarazioni dell'ufficiale, sottolinea oggi l'Independent, serviranno ad aumentare le pressioni sul premier israeliano Benyamin Netanyahu, affinché avvii un'inchiesta indipendente sulla guerra a Gaza, come raccomandato dallo stesso rapporto Goldstone. Michael Sfard, uno dei maggiori avvocati israeliani impegnato nella difesa dei diritti umani, ha dichiarato al giornale britannico che le rivelazioni fatte dal comandante al quotidiano israeliano, se accurate, rappresentano una «prova finale» del comportamento illecito dell'esercito. Il racconto dell'ufficiale conferma inoltre le testimonianze rilasciate la scorsa estate da alcuni soldati a un'organizzazione di reduci, oltre che quelle di un altro soldato intervistato dall'Independent, che ha raccontato che nell'inverno scorso a Gaza la logica di «assassinio mirato» era stata ribaltata. Anziché identificare un terrorista e poi ucciderlo, ha detto il militare, «prima lo si ammazzava, poi si vedeva». Secondo il soldato, la nuova strategia - studiata in parte per evitare le grandi perdite di militari già sofferte nella guerra contro il Libano nel 2006 - garantisce «letteralmente zero rischi per i soldati». L'esercito israeliano si è rifiutato di commentare le ultime rivelazioni ed ha ribadito che nel corso dell'operazione Piombo fuso i suoi militari hanno agito nel rispetto delle leggi internazionali evitando attacchi sulla popolazione civile.
(fonte: http://www.ilmessaggero.it/)
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