martedì 16 marzo 2010

Ecco quale partito ha in mente Gianfranco Fini


La “Generazione Italia” di Gianfranco Fini – ma per ora è più corretto dire dei finiani – non è una pelle diversa rispetto a quella un po’ smagliata del Pdl. E’ uno strato di cultura politica sottocutaneo destinato al ricambio, questo sì. Urlare al tradimento non serve, in primo luogo per la platea berlusconiana: il mondo della destra agisce a cielo aperto, traffica ma non ordisce trame, prepara piuttosto un contenitore meno elitario e tipizzato della fondazione FareFuturo, un luogo nel quale valorizzare la nomenclatura degli enti locali e stabilire ulteriori gemellaggi con gli omologhi europei. Naturalmente con un interesse speciale ad attrarre nella propria sfera d’influenza anche chi non sia confluito nello stagnante partito unitario attraverso i rivoli missini o di An.

A Fini e ai suoi è sempre possibile rimproverare un certo grado di attivismo provinciale combinato con un’idolatria del futuro dai contorni vaporosi. Ma siccome la verità della politica sta essenzialmente nel farla, invece di lasciarla ai magistrati e ai veri o presunti nemici interni, è chiaro che l’iniziativa finiana suona anche come una dichiarazione d’intenti egemonici. Mentre Berlusconi rimane fermo nel proprio ruolo di accumulatore originario di consenso – la persecuzione giudiziaria gli gioverà, dice lui – e cerca di drammatizzare i propri guai per uscirne meglio attraverso le urne, il presidente della Camera pensa a costruire un contrappeso al nulla cui si sono ridotti i luoghi di confronto e di decisione interni al Pdl. La costituzionalizzazione del berlusconismo si pratica anche così, sebbene il diretto interessato abbia tutto il diritto di non farsela piacere. Ma non è preferibile ammettere che, se il Cav. fa il capopopolo dei cittadini/elettori, Fini ambisce in piena coerenza a guidarne il partito di riferimento?

(di Alessandro Giuli)

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