mercoledì 3 marzo 2010

Quegli 007 liberi di fare quel che vogliono

L’operazione della Guardia di Finanza contro una rete di trafficanti d’armi è un segnale importante. E politico. Per decenni gli 007 iraniani in Italia hanno fatto, letteralmente, quello che hanno voluto. Un network, poderoso quanto «fantasma», ha sorvegliato gli oppositori (uno è stato anche assassinato), ha acquisito tecnologia proibita, si è rifornito di armi. Non va dimenticato che l’Iran è stato colpito da un embargo fin dai primi giorni della Rivoluzione – 1979 – e dunque i suoi emissari si sono dovuti impegnare per comprare il materiale bellico. Pochi sono abili come i khomeinisti nei traffici di questo tipo. E l’Italia ha tollerato – per troppo tempo – solo per guadagnare dei contratti.

TRE FILONI - Il network nel nostro paese si sviluppa lungo tre filoni che spesso si intersecano. Il primo ruota attorno a personaggi in contatto con le rappresentanze diplomatiche. Il secondo coinvolge pasdaran e iraniani che vivono da anni nel nostro Paese: figure che si muovono con coperture classiche (import/export, piccoli commerci, trasporti). Il terzo è composto da 007, nella duplice veste di controllori degli esuli e di procacciatori di tecnologia.

LE BASI NEL NORD - Il punto di forza geografico è, ovviamente, il Nord dell’Italia. Di solito gli iraniani stabiliscono contatti con piccole imprese, attraverso le quali possono arrivare ai grandi gruppi. E’ un’azione paziente ma che porta dei frutti. Inoltre i trafficanti coinvolgono nostri connazionali: guadagnano bene e fanno gli intermediari. A questo fine i khomeinismi hanno intrecciato relazioni – lo ripetiamo, da decenni – con italiani vicini ad ambienti estremisti (di sinistra e di destra). Trovano un terreno comune nella «lotta al sionismo e all’America», quindi si trasformano in soci. Gli arresti – specie dei due 007 – provocheranno irritazione a Teheran. E non sono da escludere ritorsioni. Ogni volta che un paese occidentale ha messo in galera un iraniano, il regime ha reagito arrestando qualche cittadino di quel paese con false accuse di «spionaggio».

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