Seconda lezione. Il professor Umberto Eco scrive per la rinata Alfabeta un «alfabeto per intellettuali disorganici » in cui toglie a chi non è di sinistra pure il magro piacere di dirsi disorganico, scorretto e non allineato. E lo avoca a sé e ai suoi.
Buffone, dirà subito qualcuno, associ Eco alla D’Addario. No, allievo di Eco, semmai, che nel suo alfabeto paragona Bondi a Goebbels, offendendo ambedue e la verità. Eco insinua pure che Verdini sia un intellettuale, col chiaro intento di diffamarlo. Ma dopo aver letto il testo di Eco e dopo il sorpasso della escort che ha mandato fuori strada un intellettuale, ho avuto conferma dell’assoluta inutilità dell’intellettuale. Ministro Tremonti, ci tagli per favore.
Che dice Eco nel suo vademecum per gl’intellettuali? Dice che le invettive contro gli intellettuali vengono sempre da destra e mai da sinistra. Confermo. Superando la nausea di usare ancora queste categorie del millennio scorso, osservo: sì, a destra c’è il gusto dell’invettiva, a volte anche del teppismo intellettuale, lo riconosco. Ma a destra si critica, si attacca, si stronca perfino, un libro o un intellettuale organico o potente. A sinistra invece si censura, si ignora, si condanna a morte civile. O, se è un traditore, lo si caccia e lo si sconfessa, destinandolo alla damnatio memoriae ; da Vittorini a Pansa, passando per una marea di casi. Quelli di destra avranno mille difetti, ma leggono e criticano gli intellettuali di sinistra. L’inverso non accade: la sinistra, intellettuale e politica, ignora e cancella i non conformi o quelli che giudica perdutamente «di destra ».
Dante era di destra, dice Eco, e sentitamente lo ringrazio anche se mi ribello in cuor mio all’idea di ridurre un Grande a una parte. Ma non capisco perché liquidare chi ama Pound facendone la caricatura nella figura dello skinhead . O ritenere dissennato Evola che ha scritto opere possenti e fu apprezzato da giganti come Benn e Jünger, Croce, Eliade e Guénon; criticatelo finché volete, non ne mancano i motivi, ma non era un demente.
Eco compie poi un terribile autogol. Scrive che «il vero intellettuale è colui che sa criticare quelli della propria parte, perché per criticare il nemico bastano gli uomini dell’ufficio stampa». Be’, ho letto svariati attacchi e battute di Eco contro Berlusconi e la destra, ma non ricordo una sola sua critica «alla propria parte». E la stessa cosa vale per quasi tutti gli eminenti intellettuali della sua «parte». Allora domando: Eco si è dimesso da intellettuale ed è stato assunto come ufficio stampa del Partito?
Fa un grande passo avanti Eco quando riconosce che gli intellettuali esistono anche a destra e svolgono da reazionari e da conservatori una funzione critica. Non fa nomi, Eco, fedele al negazionismo di cui sopra; si limita a citare Galli della Loggia che né lui né quelli di destra definirebbero di destra. Ma è già un bel passo avanti riconoscere perlomeno l’esistenza dell’Intellettuale Ignoto, reazionario e conservatore, riconoscerne lo spessore e la dignità, e ammettere pure che c’è un’insofferenza del potere nei suoi confronti.
Grillo Parlante è la definizione di Intellettuale che più piace a Eco. Ridurre l’intellettuale al ruolo di ficcanaso molesto, come vuole Eco, significa farne una specie di difensore civico o di petulante beppegrillo. Penso ai grandi intellettuali del passato e non mi sento di ridurre il loro ruolo a insetti pinocchieschi come il grillo parlante. No, l’intellettuale vero è animato da passione di verità, è un’intelligenza attiva, scava, indaga, studia, appassiona e si appassiona, e a volte anche denuncia. Ma non si esaurisce allo sportello in difesa del consumatore.
Ho comunque una ragionevole antipatia per la definizione di intellettuale.
Intellettuale può essere solo una generica definizione di base, ma poi ci vuole altro per capire veramente il suo ruolo. Un intellettuale va definito per quel che fa: scrittore, scienziato, insegnante, filosofo, ricercatore, e via dicendo. Intellettuale è una basic definition che dice poco e nulla. Aboliamola. L’Intellettuale disorganico per decenni è stata una figura di destra, in polemica rispetto all’egemonia culturale degli intellettuali organici, allineati al Partito, Intellettuale Collettivo secondo la definizione di Gramsci. L’intellettuale disorganico ama la solitudine, anche se può essere in sintonia profonda con una comunità e una tradizione. Non prende ordini, non segue le tendenze, semmai le precede; non fa partito, conventicola o clan, non tresca e non si allinea.Tramontato l’intellettuale organico, sono rimaste le mafie culturali, le cricche intellettuali più o meno legate a poteri politici, mediatici e d’altro tipo. Professor Eco, non può togliere alla già povera e sperduta destra pensante la sua aura disorganica. Si tenga i suoi partiti intellettuali, i suoi intellettuali collettivi e i suoi giornali-partito e ci lasci il piacere della solitudine.
La cultura di destra è ormai una diceria dei suoi avversari per avere una figura retorica contro cui inveire, uno spaventapasseri per tenere lontani gli uccelli. O serve agli equilibristi, lo scrivevo giorni fa, come fantoccio di cartapesta da bruciare per attaccare la sinistra culturale senza sbilanciarsi a destra. La cultura di destra come sigla nacque e morì trentenne, alla fine del millennio scorso: la sua orbita fu tra il ’68 e la fine degli anni Novanta. Prima non se ne parlava. Alcuni suoi autori morirono con lei, altri le sopravvivono; alcuni grandeggiano addirittura, liberati da quella cappa, figlia di un’era ideologica.
(di Marcello Veneziani)
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