martedì 13 luglio 2010

Vespa fa il polpo di Stato

Verrà il giorno che Bruno Vespa scenderà in politica e avvolgerà in un solo ab­braccio governo e opposi­zione, l’eredità della prima e della seconda Repubbli­ca, fino alla monarchia e al­lo Stato pontificio; racco­glierà l’eredità di Berlusco­ni e della Dc, di Santa Ma­dre Chiesa e di Mamma Rai, di banchieri e cardina­li, di Letta e della Angiolillo. E sarà il successore di Napo­litano nel progetto di una Repubblica residenziale, fatta cioè in casa, come le ce­ne istituzionali fatte a casa sua, sotto la benedizione di Propaganda Fide, di cui è inquilino privilegia­to ma in regola. Finora la politica è salita da lui, nello studio di Por­ta a Porta o sulla rampa Mignanel­li, a piazza di Spagna. In futuro sa­rà lui a scendere in politica e a uni­ficare i poteri forti e i leader refrat­tari.

È la previsione che ha fatto tornan­do a casa dalla trasferta calcistica, il polpo Paolo, reduce dal trionfo mondiale del Sudafrica. Sì lui, il Polpo Italico, divinatore dei Mon­diali e orgoglio nazionale del no­stro Paese. Appena il Polpo profe­tico ha visto l’immagine di Bruno Vespa sulle prime pagine dei no­stri quotidiani, l’ha abbracciato senza esitazione, come si abbrac­cia un futuro vincitore o un paren­te stretto. Il dubbio, infatti, è che Bruno Vespa, oltre che futuro lea­der di questo Paese secondo il pro­nostico polpesco, sia anche pa­rente molto stretto della Bestia oracolare, di cui condivide modi, fattezze e sinuosità nei movimen­ti.

Che Bruno Vespa sia un polpo lo si capisce dal suo stile avvolgente e tentacolare, dalla sua capacità di piantare le ventose sulle sue prede, dalla sua fama di mollu­sco, dalle straordinarie doti adat­tative e dalla duttilità nell’aggira­re gli scogli e avvistare i pericoli; dal suo sapersi muovere nei fon­dali e negli anfratti della politica italiana con felpata maestria, dal­la sua intelligenza mimetica e dal­la sua propensione a trescare nel sommerso. Le sue stesse mani in­trecciate che tanto ispirano i suoi imitatori evocano i movimenti tentacolari del polpo. Quando Ve­spa sermoneggia in modo curia­le, mi ricorda Maria, colf del mio paese, che dice «da che pulpo vie­ne la predica».

Che sia parente stretto del Polpo più famoso del mondo, lo si capi­sce dalla sua notevole attitudine ai pronostici, seppur limitata al ra­mo politico, e poi dal suo affabile ghermire chi prevede che sia il vincente. Non sarebbe pensabile Bruno Vespa fuori dal servizio pubblico e dalle istituzioni, dai Pa­lazzi e dai Poteri. Morirebbe co­me un mollusco fuori dall’acqua. Vespa è il Polpo di Stato per anto­nomasia.

Che Bruno Vespa sial’unico esem­plare rimasto a rappresentare la continuità del nostro Paese, lo di­mostra anche la sua presenza eter­na in Rai. Non ce n’è uno che duri ancora e da così tanto tempo: tra­montò perfino Pippo Baudo, spa­rì Renzo Arbore, si eclissò Biagio Agnes, è da tempo in pensione Bernabei. Sopravvive nei fondali della Rai, ma sostenuto da suo fi­glio, il solo reduce Piero Angela, e poi più nessuno; ma sono fondi di magazzino, presenze marginali, quasi spiritiche. L’unico che resi­ste in piedi e con lo scettro, che ha visto nascere e morire decine di governi e direttori generali, consi­gli d’amministrazione e direttori di rete e di testata è lui, il Polpo di Stato, Bruno Vespa. Rispetto a lui, anche il direttore generale Masi è un modesto calamaro.

Credo che l’identificazione della Repubblica Italiana con il Polpo sia perfetta anche dal profilo sim­bolico. Il Polpo è l’espressione più compiuta dello spirito nazio­nale, perché sintetizza nel model­lo tentacolare il centralismo e il federalismo, il capoccione roma­no e le sue lunghe ramificazioni regionali. Ma il Polpo rappresen­ta bene anche l’Antistato, la crimi­nalità organizzata, la sua rete ten­tacolare, non a caso detto la Pio­vra o pulp connection . Il polpo, con i suoi molteplici tentacoli, è poi la rappresentazione visiva del­le larghe intese e dell’attaccamen­to con ventosa al potere; nel Pol­po si celebra la capacità di rime­stare nel torbido e di secernere li­quidi neri per disperdere le trac­ce, la sua dote trasformistica di cambiar colore e il suo mimeti­smo opportunistico. È coinvol­gente e sfuggente al tempo stesso, abbraccia e soffoca, e come abbia­mo visto, s’intende pure di calcio e azzarda pronostici, come la stra­grande maggioranza degli italia­ni. Ai mondiali abbiamo perso con i polpacci della Nazionale, ci siamo rifatti col Polpaccio nazio­nale. Lo utilizzeremo presto per predire chi vincerà a Sanremo, a Miss Italia e allo Strega. Di quel Polpo la migliore versione antro­pomorfa è Bruno Vespa. Gli può stare a fianco nel ruolo di seppia solo Gianni Letta.

Giustamente il Polpo Bruno ha escluso dalla sua cena costituen­te Fini, per un comprensibile fat­to personale: un polpo non può invitare a cena un cacciatore su­bacqueo, c’è incompatibilità di fi­ni e grave rischio. Il Polpo Bruno teme anche il Bossi, che non sop­porta casini, ha minacciato di con­gelarlo e poi mangiarselo in mon­tagna con la polenta taragna, sfre­gio supremo per un polpo di ma­re.

Suggeriamo a Piero Angela di im­bastire un documentario sulla vi­ta di Bruno Vespa: come si nutre, con chi si accoppia, come si ripro­duce, in quale clima prospera. E suggeriamo ai Padri della Patria, a cominciare dal capo dello Stato, di adottare il Polpo come simbolo e testimonial per i 150 anni del­l’Unità d’Italia.

(di Marcello Veneziani)

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