domenica 7 novembre 2010

Pino Rauti: se si allontana da Berlusconi, Fini fa una brutta fine


«A parlare male di Gianfranco Fini, politicamente intendo, con me si sfonda una porta aperta perché sono stato per anni nel vecchio Movimento Sociale Italiano». Pino Rauti è uno dei padri storici della destra missina, quella che affonda le sue radici nella Repubblica sociale Italiana. Recentemente i pm che indagano sulla strage di piazza della Loggia hanno chiesto per lui, accusato di strage appunto, l’assoluzione con formula dubitativa.

Cosa prova di fronte a questa richiesta, onorevole Rauti?

«Ne sono profondamente felice, non solo perché l’accusa di strage è giudiziariamente la più grave, ma anche perché è moralmente vergognosa. Come vuole che facessi politica? Ormai forse è tardi vista la mia età, ma chi si sarebbe messo con me con un’accusa del genere addosso? Ha rovinato tante iniziative che avrei potuto portare avanti, ma ormai il tempo è passato».

È passato tanto tempo anche dalla “svolta” di Fiuggi, quando il Msi divenne An. È cambiato qualcosa da allora nel suo rapporto con Fini?

«Fini mi ha fatto contro tutto quello che poteva, fino a cose impensabili basate sul fascismo rigoroso, sul fascismo che aveva scritto in fronte, sul fatto che è andato addirittura da Saddam con Le Pen a Baghdad. Insomma ne ha fatte di tutti i colori ed io l’ho sempre contestato e contrastato. Non solo, non mi ha mai convinto ma mi ha sempre trovato contrario».

L’ultima svolta di Fini con Futuro e libertà è riconducibile alla storia personale di un leader che da sempre viene accusato di svolte “troppo nette”?

«Ripeto, c’è un cambiamento di non poco rilievo. Prima Fini si atteggiava a super-fascista contro uno come me che invece veniva addirittura dalla Repubblica sociale, adesso fa il “filo-sinistrorso” per ovvi motivi di situazioni parlamentari. Come al solito ha cambiato atteggiamento senza avere idee né coerenza».

La storia della destra italiana, dalla nascita di Ordine Nuovo a quella di Democrazia Nazionale, ha sempre avuto queste scissioni però.

«È vero, rientra proprio nell’iter drammatico, o contorto, della destra nazionale».

E che ruolo ha invece Berlusconi nella storia della destra nazionale?

«Con tutti i difetti e i limiti che ha, le sue radici aziendali che pesano molto ed emergono spesso, è l’unico che è riuscito a rappresentare un punto di riferimento nel quale non possiamo non riconoscerci».

Un personaggio di svolta quindi per la frammentata destra italiana?

«Assolutamente».

Restando alla storia contemporanea, la svolta di Fini è stata condivisa dalla “destra storica” riconducibile al vecchio Msi. Come si lega questo fatto con l’accusa mossa al presidente della Camera di essersi “spostato a sinistra”?

«È supportato da quelli più di destra e in particolare da quelli che una volta erano i rautiani più accaniti e quindi contro Fini».

Che effetto le fa questa cosa?

«Mi sorprende. È un aspetto della politica tipico della destra e dei suoi contorcimenti non sempre politici e scarsamente culturali».

Pesano molto i rapporti personali.

«Sì, pesano molto i rapporti personali. Abbiamo vissuto tutti comunque, compreso Fini, anni di impegno passionale e questo ci ha un po’ segnato. Non so quanto abbia inciso su Fini ma sulla maggior parte di noi sì».

A Fini è sempre stato rimproverato di allontanarsi all’improvviso dalle persone che aveva più vicino politicamente. Si può leggere Fli come An senza la dirigenza di An?

«Sì, è una caratteristica di An e delle nostre cronache politiche».

Qual è secondo lei il futuro della destra italiana?

«Se si allontana da Berlusconi e dal suo tentativo di dare vita ad un movimento molto ampio e popolare, molto supportato dal consenso diretto del popolo, Fini fa una brutta fine».

Quindi lei è favorevole ad una destra...

«...che abbia in Berlusconi per ora il suo punto di riferimento. Lo dico anche con un po’ di rassegnazione ma non mi sembra ci sia altro da fare di politicamente corretto».

Quindi l’unica strategia secondo lei sarebbe sostenere il governo ed arrivare in fondo alla legislatura?

«Certo».

E in una visione di più ampio respiro, o in un futuro più lontano invece, come vede la destra?

«La difficoltà del tempo in cui viviamo consiste nel fatto che è difficile fare previsioni. È difficile prevedere come saranno le cose tra sei mesi o un anno. Se poi andiamo oltre incombono su di noi problemi giganteschi e paurosi».

Dove interverrebbe Pino Rauti oggi se potesse farlo?

«Dal punto di vista sociale interverrei sulle famiglie e la demografia. L’Italia è un Paese che si sta spegnendo, continuando con questi ritmi avremo dieci milioni di italiani in meno e una decina di milioni di immigrati in più. Immaginate che Italia ci sarà?».

Immagino che il progetto di voto agli immigrati di Fini rientri tra i punti che la separano dal presidente della Camera.

«Anche questo certo. Fini ormai è per le frontiere aperte senza rendersi conto che già sono notevolmente aperte e che spalancarle sarebbe un errore spaventoso».

Secondo la Merkel il multiculturalismo in Germania ha fallito, ritiene anche lei che sia un modello destinato a non avere successo?

«Penso proprio di no, la verità è che non si sa cosa fare sul problema immigrazione di fronte alla crisi demografica della popolazione originariamente europea. Non si sa cosa fare».

Lei cosa proporrebbe?

«Il mio punto di vista è sempre stato chiaro da trent’anni a questa parte: dobbiamo limitare al massimo l’ingresso dell’immigrazione e aumentare al massimo la nostra popolazione attraverso una politica che non da oggi definisco chiaramente “Demografia e famiglia”». Più figli e meno stranieri? «Esatto, più figli e meno stranieri».

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