«II Papa deve smettere di fare il katéchon!», esclamò d'improvviso Massimo Cacciari. Mi stupì la sua foga, e ancor più il fatto che subito dopo parve pentirsi, come se la parola gli fosse sfuggita. Era un giorno del settembre 1993, e io lo stavo intervistando nella sua casa tersa, piena di volumi. Fuori, Venezia si sfaceva nel suo mare fecale, sotto un cielo grigio.
Katèchon? Non ricordo molto di greco. Dovetti chiedergli che cosa volesse dire. «Katéchon è Ciò che trattiene», rispose Cacciari guardandomi incerto: «Ciò che trattiene l'Anticristo dal manifestarsi pienamente. San Paolo, ricorda?». Ora ricordavo: Seconda Lettera ai Tessalonicesi (2, 6 e seguenti). Il passo enigmatico in cui Paolo di Tarso accenna al futuro manifestarsi dell'Anticristo, Anomos: «II figlio di perdizione, colui che si contrappone e s'innalza sopra tutto quel che si adora come Dio, tanto che siederà egli stesso nel tempio di Dio, spacciandosi per Dio». Ma non crediate che la venuta dell'Anticristo sia imminente, aggiunge subito l'apostolo. C'è qualcosa che «trattiene» l'Antícristo dall'irrompere nel mondo.
Ė qualcosa di misterioso, di cui san Paolo deve aver già parlato in passato ai fedeli di Tessalonica. «Non vi ricordate come io, quand'ero tra voi, vi dicevo tali cose? Perciò voi sapete che cosa sia quel che lo trattiene (=katéchon), affinché sia manifestato a suo tempo. Perché è già al lavoro il mistero d'iniquità, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Allora sarà la manifestazione dell'Iniquo». Che cosa può essere «ciò che trattiene» l'Anticristo? Cercai di ricordare. Mi risposi che, genericamente, doveva essere la fede cristiana, forse la Chiesa, i sacramenti. Cosi pareva intenderlo Cacciari, del resto, e mi stupì anzitutto che egli pretendesse dal Pontefice che «smettesse» di fare ostacolo all'Anticristo, che cessasse di far da argine alla Perdizione. Per quanto patetico appaia oggi quest'argine, se è poi la Chiesa, di fronte all'edonismo e alla secolarizzazione ‑ se sono questi i segni dell'Anticristo ‑ come si può chiedere al Papa di non opporsi al Male? Mi domandai anche: perché Cacciari desidera accelerare l'avvento dell'Anticristo?
La nostra conversazione, fino a quel momento, non faceva prevedere quell'esito. Lo stavo interrogando sui «valori» della cosiddetta «etica laica». Mi rispose, sarcastico, che ‑ per cominciare ‑ andava sgombrato il campo dall'abuso, dalla ripetizione a vanvera del termine «etica». «Ethos, o per i latini Mos, non è affatto ciò che noi oggi intendiamo per "etico'' o "morale". Ethos non indicava comportamenti soggettivi; indicava la "dimora", l'abitare in cui ogni uomo si trova alla nascita, la radice a cui ogni uomo appartiene. In questo senso, un greco non era più o meno "etico" per sua scelta o volontà. Egli apparteneva a un ethos. A una stirpe, a un linguaggio, a una polis. Che non era stato lui a scegliere».
Come nell'Induismo, osservai: dove un uomo, per il fatto di nascere in una precisa casta, appartiene alla sua casta. Ed è soggetto allo swadharma, la «legge» (dharma, che significa anche «dovere» e «destino») propria della sua (swa) casta. In India non esiste una morale; esiste un dharma per ogni casta, e il dharma del contadino è diverso da quello del re, ciascuno ineluttabile e non evitabile.
Cacciari annui: «Ogni società tradizionale ha, o meglio è, un ethos. Ogni società tradizionale, come un albero rovesciato, ha la sua radice nella legge divina, nel nomos. La legge della polis, dice Erodoto, è l'immagine di Dike». L'ethos, ripete, impone all'uomo valori che non è lui a scegliere, a decidere, ma a cui appartiene. Ma in Europa questa appartenenza è entrata in crisi quasi fin dall'inizio. Per l'uomo europeo è venuto molto presto il tempo della frattura con l'ordíne degli dèi; il tempo della decisione. L'ethos era già in crisi profonda con l'Ellenismo, «cosmopolíta» ossia sradicato. «E duemila anni fa, l'ethos ha cessato completamente di esistere».
Duemila anni fa, quando Cristo apparve nel mondo? «Sì, il Cristianesimo è stato dirompente rispetto a ogni ethos». Per provarmelo, Massimo Cacciari cercò un passo nel De Civitate Dei. Non riuscì a trovarlo; me ne dette un riassunto ad sensum. «Sant'Agostino lo dice chiaramente: la Città di Dio è pellegrina in terra; ne segue che il cristiano non ha casa o è a casa sua dovunque. Il cristiano "non si cura" dei diversi costumi, delle diverse leggi, delle diverse istituzioni con cui la pace terrena si ottiene o si mantiene». (Ho scoperto dopo che Massimo Cacciari cita quel passo con precisione nel suo Geo‑filosofia dell'Europa, editore Adelphi, p. 116: è il cap. XIX, 12‑17, del De Civitale Dei). Il Cristianesimo non ha più radici in costumi tradizionali, in una polis specifica, in un ethos; non ha più nemmeno una lingua sacra.
Ciò vuol dire, continuò, che il Cristianesimo si rivela essenzialmente sovversivo dell'Antichità e dei suoi valori; che esso spezza definitivamente i legami fra gli dèi e la società. L'ethos antico era una refigione civile; gli dèi erano, inevitabilmente, gli dèi della polis, Erano dèi di ferro: Socrate fu condannato perché la sua libera investigazione offendeva gli dèi della polis, ma radicavano l'uomo, lo riparavano dalla decisione. Il Cristianesimo, consumando la rottura con gli dèi della Città, sradica l'uomo: «Con il Cristianesimo comincia la nostra "etica" come decisione, come un sistema di valori che io scelgo, come "libero arbitrio"». Uno stato doloroso: il Cristianesimo, nella visione di Cacciari, getta l'uomo nella libertà come un naufrago è gettato nel mare in tempesta.
«E la Chiesa è perfettamente consapevole di quanto sia tragica la libertà che ha donato all'uomo. Già Agostino paventa che, sradicati gli dèi della Città, la città dell'uomo diventi il campo dove si scontrano meri interessi, il regno della forza. Per questo tutta la cultura cristiana è un correre ai ripari contro la tragedia che ha provocato, una tensione disperata a riparare il pericolo che viene dalla frattura tra la Città di Dio e la città dell'Uomo. In questo senso, è davvero la Chiesa a fondare la civiltà europea. Perché l'Europa, la sua storia, è la storia di questo sradicamento, dell'angoscioso obbligo di decidere che deriva dalla perdita definitiva dell'ethos. Ė la storia delle soluzioni disperate che l'Europa via via escogita per darsi leggi "morali" le quali ‑ senza sopprimere la libertà ‑ trattengano la società dal divenire il campo della pura violenza».
Ma queste norme, non più radicate nel Sacro, sono per forza precarie, sostenne Cacciari; esse devono continuamente essere «superate». «E qui è la grandezza dell'Europa e la sua miseria: il suo sforzo bimillenario per dare norme a una libertà che è sempre sul punto di delirare. Il fatto è che il Cristianesimo, liberando l'uomo dall'ethos, libera in lui la potenza del pensiero: il potere di mettere in discussione ogni tradizione ricevuta, il potere che tutto oltrepassa».
Non potei fare a meno di notare lo stupefacente corollario a cui conduceva quest'ordine di pensieri: la secolarizzazione totale che viviamo sarebbe dunque figlia della sovversione originaria operata dal Cristianesimo. In apparenza antagonisti, l'Illuminismo libertino di cui subiamo gli esiti estremi, e la Chiesa, avrebbero in realtà la stessa radice. Protestai (temo troppo debolmente) che non poteva essere; che anche l'ethos cristiano è radicato nel sacro... Cacciari m'interruppe con impazienza: «La vera differenza è che il Cristianesimo sa che la volontà dell'uomo è ferita. Che diventando libero, l'uomo diventa libero di fare il male. Ogni "morale" laica e illuminìsta presuppone il contrario: che ogni uomo ha in sé i princìpi universali dell'azione. Che il bene è scritto nella sua coscienza, e gli basta seguirla».
L'illuminismo è pelagiano nel senso più lato, aggiunse: nega il peccato originale, crede che l'uomo possa salvarsi da sé. «Di più: ogni etica laica suppone che tutto ciò che si manifesta in me come mia natura è buono. Dunque i miei appetiti vanno soddisfatti perché buoni. Anzi, di più: perché necessari. Lungi dal predicare, come fanno i parroci, che gli appetiti vanno "ordinati", il laicismo pone proprio gli appetiti alla base del vivere civile».
Come, come? «Per esempio, la borghesia crede che il libero espandersi degli egoismi e degli interessi individuali dia luogo a quell'armonia collettiva che chiama "mercato", e di cui scopre adorante le leggi: le "leggi del mercato". Il Marxismo, dal canto suo, ha creduto che dalla lotta scatenata fra le forze economiche potesse nascere l'armonia finale, la "società senza classi". Ė la scoperta delle economie politiche. Che non a caso sorgono nell'Ottocento, insieme all'estetica».
L'estetica è la «scienza» che scopre le leggi dei godimento soggettivo, come l'economia politica è la «scienza» che scopre le leggi dell'interesse individuale, mi spiegò. «Sono queste due "scienze" a costituire la Modernità, e precisamente questa Modernità che oggi il Cattolicesimo si trova davanti come il Nemico».
Il giovane filosofo nero‑barbuto alludeva al Nemico finale, all'Anticristo? «Negli ultimi settant'anni», continuò lui, «La Chiesa ha creduto che il Nemico fosse il Comunismo. Non era sbagliato; il Comunismo ha scatenato, ha portato alle ultime conseguenze, la volontà di potenza europea. Il Comunismo affermava: l'uomo si salva da sé, armato di economia e di estetica. La Chiesa, giustamente, l'ha sentito come una sfida mortale. Oggi che il Comunismo è caduto, però, contro la Chiesa si rizza il Nemico vero, il Nemico finale: un sistema estetico‑economico totalmente secolarizzato».
Qui capivo meglio a che cosa Cacciari alludesse: quell'ultimo Nemico era già stato identificato dal chiaroveggente Del Noce. Ẻ il Capitalismo ulteriore al Comunismo, che ingloba in sé le larve psichiche e sociali scampate alla decomposizione del marxleninismo: «l'intellettuale dissacratore come custode del nichilismo», «trasformato in funzionario dell'industria culturale alle dipendenze del potere» economico. E' «lo spirito borghese allo stato puro» a cui si riduce la copula necrofila del Capitalismo con lo spettro del Marxismo, devitalizzato della sua tensione escatologica. Del Noce aveva previsto: il Comunismo sconfitto, «trasformato in una componente della società borghese ormai completamente sconsacrata», dominata «da una nuova classe che tratta ogni idea come strumento di potere». Il Comunismo addomesticato in «partito radicale di massa, adatto a mantenere l'ordine in un mondo da cui qualsiasi religione è scomparsa»; quello del Capitalismo internazionalista, del Nuovo Ordine Mondiale tecnocratico.
Insomma: il peggio dei due sistemi che, falsi antagonisti, anelavano in realtà ad adottarsi l'un l'altro: sì, poteva ben essere questa una buona descrizione dell'Anticristo. Ma Cacciari già continuava: «Per anni la minaccia comunista ha causato un'alleanza forzata tra la Chiesa e il sistema laico borghese. Ora quest'alleanza, che era finta fin dal principio, non è più possibile. Nessuna composizione è possibile tra la Chiesa e lo spirito borghese, con la sua "etica laica". Per un motivo preciso: che il cristiano deve mettere in discussione ogni sistemazione puramente terrena. Lui, "pellegrino" su questa terra, sa che ogni sistemazione della Città dell'Uomo è transeunte, che deve essere superata».
La sovversione cristiana si volge dunque ora contro il totalitarismo borghese‑radicale? «Lo spirito estetico-economico borghese non tollera di essere messo in discussione; non ammette di poter essere superato». Mi parve di leggergli negli occhi l'evocazione paolina del Figlio di Perdizione, «colui che s'innalza sopra tutto quel che si adora come Dio». Cercai di fare dello spirito: «Ma l'essenza della società borghese è il liberalismo, e per principio il liberalismo mette in discussione ogni principio...». ...«Il sistema borghese tollera di essere discusso solo al proprio interno», sancì Massimo Cacciari: «Verso ciò che è esterno ai suoi "valori", non ha pietà». E mi elencò i genocidi liberali: a cominciare dallo sterminio dei Pellerossa. «I Pellerossa erano radicati nel loro ethos, e l'Americano vedeva nel loro ethos un sistema di non‑libertà. Lo sterminio delle società sacrali, degli ethoi tradizionali, è prescritto dal liberalismo per il "bene" stesso dell'uomo». Ed enumerò: per sradicare il Giappone dal proprio sacro nomos, non ci volle nulla di meno che l'olocausto nucleare. Migliaia di tonnellate di bombe furono necessarie per stroncare fascismo e nazismo, «forme di neo‑paganesimo che cercavano di ricollegare la società a un Ethos». E il Vietnam, la Guerra del Golfo, l'intervento «umanitario» in Somalia nel 1993.
«Non si faccia illusioni: anche contro la Chiesa non esiterà a usare la più inaudita violenza, se la Chiesa si rifiuta di diventare un semplice supporto della società borghese. Ciò che la Chiesa non può fare: perché il cristiano è necessariamente sovversivo di ogni potere politico che si pretenda autonomo. Già negli Stati Uniti si teorizza come l'Avversario irriducibile sia l'Islam. Anche contro la Chiesa il conflitto diverrà sempre più drammatico. Da una parte la Chiesa e l'Islam, e dall'altra una "etica" laicista sempre più occasionale, e nello stesso tempo sempre più radicalmente universale, nella sua pretesa di essere l'unica valida».
Purtroppo credo abbia ragione, risposi. Forse viviamo davvero sull'orlo dei tempi ultimi. Sappiamo che cosa aspetta i credenti: la resistenza eroica al di là di ogni umana speranza, il martirio. La Chiesa lo sa: è scritto nella sua tradizione.
Fu allora che Cacciari lo disse. «II Papa deve smettere di fare il katéchon!». Poi, come pentito, precisò: «Voglio dire che lei, come cattolico, sa come finirà. Verrà l'Anticristo e trionferà, ma sarà sconfitto»
(fonte: http://www.ariannaeditrice.it/)
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