Non sarebbe lontano dal vero nel constare com'è combinato. Se è assodato che una guerra identitaria ed economica, ipocritamente «giustificata» ad un'opaca religiosità, altrimenti detta jihad, è stata scatenata contro questa parte dell'emisfero, ed in particolare ai danni dell'Europa, non resta da chiederci che cosa facciamo noi occidentali ed europei per reggere il conflitto.
Accettare la logica, fino alle estreme conseguenze, dello «scontro di civiltà», teorizzato da Samuel P. Huntington, porterebbe inevitabilmente alla catastrofe. Rifiutarne le premesse, vale a dire la debolezza della nostra civiltà permeabilissima all'islamismo e al relativismo nichilista - apparentemente opposti, ma occasionalmente alleati - significa condannarsi alla subalternità rispetto ad una ideologia distruttiva e negarsi un ruolo attivo nelle dinamiche mondiali. Davanti all'Occidente sta questo dilemma angoscioso del quale le sue classi dirigenti non sembrano preoccupate. Basta, del resto, constatare come di fronte alla cristianofobia si sono atteggiate tanto l'America che l'Unione europea per comprendere come la nostra civiltà sia davvero in pericolo.
Se un giorno il mondo islamico, fortemente influenza al qaedismo sottovalutato dal punto di vista ideologico e non sempre adeguatamente considerato sotto quello militare, dovesse impossessarsi della tecnologia occidentale, la partita sarebbe persa. Le masse disposte ad insorgere contro un Occidente molle verrebbero fanatizzate dalla loro fede e si muoverebbero con una forza demografica di fronte alle quale nessun argine sarebbe possibile. Uno scenario irreale? Per niente. Quando si rinuncia ad essere se stessi, alle proprie radici, alla cultura che dovrebbe guidare scelte politiche ed economiche, è inevitabile che il baratro si apra davanti all'opulento Occidente che vive il proprio tramonto in perfetta incoscienza. Non c'è bisogno di uno Spengler o di un Toynbee che ci mettano davanti al nostro destino.
Consideriamo soltanto la colonizzazione a cui siamo soggetti ed ammettiamo che il nostro indifferentismo culturale sta facendo sorgere moschee in Occidente senza che nessun luogo di culto cristiano venga ammesso nelle terre dei fedeli di Allah; che la Corte europea dei diritti dell'uomo dichiara legittimo staccare il crocifisso dalle aule scolastiche per non offendere le altre confessioni; che educatori improvvisati aboliscono presepi, canti natalizi e tradizioni millenarie per non mettere in imbarazzo i "diversamente devoti"; che il laicismo impone continue abiure ed il "pensiero unico" politicamente corretto richiede che il passato europeo venga sconfessato dagli stessi eredi a beneficio dei nuovi padroni del mondo in cambio di gas, petrolio o di non belligeranza terroristica.
In questi giorni in cui i cristiani copti, quelli sudanesi, pachistani, nigeriani vengono perseguitati, massacrati dall'odio islamista e derisi dalla blasfemia edonista, non vediamo che gli ultimi brandelli di dialogo tra mondi, culture e civiltà stanno disfacendosi miseramente. L'accerchiamento è totale e chi non l'avverte è quanto meno sprovveduto. L'Europa, terra di evangelizzazione secondo Giovanni Paolo II, è un deserto popolato da anime morte. Comicamente tutti cercano una tale lady Catherine Ashton, di mestiere fa l'Alto commissario europeo per gli affari esteri e la sicurezza: nessuno la trova, mentre dovrebbe provvedere a far sentire la voce dell'Unione su quanto sta accadendo. Così ci siamo ridotti. Una volta un cantastorie intonava: Goodbye Occidente. Ci sembrava irreale. Mortificante come prospettiva. Oggi è mostruoso.
(di Gennaro Malgieri)
Accettare la logica, fino alle estreme conseguenze, dello «scontro di civiltà», teorizzato da Samuel P. Huntington, porterebbe inevitabilmente alla catastrofe. Rifiutarne le premesse, vale a dire la debolezza della nostra civiltà permeabilissima all'islamismo e al relativismo nichilista - apparentemente opposti, ma occasionalmente alleati - significa condannarsi alla subalternità rispetto ad una ideologia distruttiva e negarsi un ruolo attivo nelle dinamiche mondiali. Davanti all'Occidente sta questo dilemma angoscioso del quale le sue classi dirigenti non sembrano preoccupate. Basta, del resto, constatare come di fronte alla cristianofobia si sono atteggiate tanto l'America che l'Unione europea per comprendere come la nostra civiltà sia davvero in pericolo.
Se un giorno il mondo islamico, fortemente influenza al qaedismo sottovalutato dal punto di vista ideologico e non sempre adeguatamente considerato sotto quello militare, dovesse impossessarsi della tecnologia occidentale, la partita sarebbe persa. Le masse disposte ad insorgere contro un Occidente molle verrebbero fanatizzate dalla loro fede e si muoverebbero con una forza demografica di fronte alle quale nessun argine sarebbe possibile. Uno scenario irreale? Per niente. Quando si rinuncia ad essere se stessi, alle proprie radici, alla cultura che dovrebbe guidare scelte politiche ed economiche, è inevitabile che il baratro si apra davanti all'opulento Occidente che vive il proprio tramonto in perfetta incoscienza. Non c'è bisogno di uno Spengler o di un Toynbee che ci mettano davanti al nostro destino.
Consideriamo soltanto la colonizzazione a cui siamo soggetti ed ammettiamo che il nostro indifferentismo culturale sta facendo sorgere moschee in Occidente senza che nessun luogo di culto cristiano venga ammesso nelle terre dei fedeli di Allah; che la Corte europea dei diritti dell'uomo dichiara legittimo staccare il crocifisso dalle aule scolastiche per non offendere le altre confessioni; che educatori improvvisati aboliscono presepi, canti natalizi e tradizioni millenarie per non mettere in imbarazzo i "diversamente devoti"; che il laicismo impone continue abiure ed il "pensiero unico" politicamente corretto richiede che il passato europeo venga sconfessato dagli stessi eredi a beneficio dei nuovi padroni del mondo in cambio di gas, petrolio o di non belligeranza terroristica.
In questi giorni in cui i cristiani copti, quelli sudanesi, pachistani, nigeriani vengono perseguitati, massacrati dall'odio islamista e derisi dalla blasfemia edonista, non vediamo che gli ultimi brandelli di dialogo tra mondi, culture e civiltà stanno disfacendosi miseramente. L'accerchiamento è totale e chi non l'avverte è quanto meno sprovveduto. L'Europa, terra di evangelizzazione secondo Giovanni Paolo II, è un deserto popolato da anime morte. Comicamente tutti cercano una tale lady Catherine Ashton, di mestiere fa l'Alto commissario europeo per gli affari esteri e la sicurezza: nessuno la trova, mentre dovrebbe provvedere a far sentire la voce dell'Unione su quanto sta accadendo. Così ci siamo ridotti. Una volta un cantastorie intonava: Goodbye Occidente. Ci sembrava irreale. Mortificante come prospettiva. Oggi è mostruoso.
(di Gennaro Malgieri)
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