«La pesca delle occasioni», ecco la linea politica del «signor Fini», dice uno che lo conosce bene. Pietrangelo Buttafuoco è eretico per vocazione. «Io nel Msi stavo dalla parte che Fini avversava, quella di Beppe Niccolai, di Tabula rasa. Mentre noi facevamo una proposta politica di rottura lui faceva già il fascista del Duemila. Il bello è che la crème di quel mondo lì ora è dentro Fli, a partire da Bocchino, uno che Fini non poteva vedere».
Però, Buttafuoco, ora gli bacia la pantofola.
«Ma è perché quel mondo ha voglia di fare politica, e siccome il Pdl o come si chiama tutto fa tranne politica, questi hanno aspettato qualsiasi cosa per aggrapparcisi, fosse pure uno come Fini».
Ma che leader è Fini?
«È uno che è sempre stato a ruota di qualcun altro. Fa la pesca delle occasioni. Sarebbe stato meraviglioso a fare le televendite: parla bene, è convincente, telegenico, porta anche le cravatte sbagliate per far sentire a proprio agio l’italiano medio».
Sembra un Berlusconi riuscito male.
«Ma sono molto diversi. Berlusconi è perfetto per il pop di un Andy Warhol, Fini per gli acquarelli coi paesaggi tzigani che vendono le bancarelle. Sono sicuro che in questo momento si sta mangiando le mani, perché sarebbe toccato a lui. Fosse rimasto, Tremonti non si sarebbe sognato di fare il viaggio in treno».
Era destinato a succedere a Berlusconi, poi che gli è successo?
«Solo motivi personali, ma su quelli non si costruisce un progetto politico».
Questo Fli, che si dà le arie di partito nuovo della destra per bene, come lo vede?
«Finirà peggio dell’Elefantino, quello con Mario Segni. È un gigantesco errore. Ma è un danno anche per Berlusconi».
Doveva tenersi in casa un tipo come Fini?
«La politica è fatta anche di fardelli da sopportare, in cambio non avrebbe privato il Pdl di una classe di intelligenze e di talenti, da Umberto Croppi a Granata a Bocchino a Lanna alla Perina, che in queste ore, in cui si decidono vent’anni di berlusconismo, sarebbero stati utili».
Però hanno seguito immediatamente Fini e parlano da antiberlusconiani convinti.
«Il gioco è stato portato troppo avanti e si sono rotte le possibilità. Per questo Fini ha colpe storiche enormi: ha massacrato gli uomini migliori della destra italiana e li sta consegnando ad un fallimento».
Lo molleranno?
«Quella è gente cresciuta nell’etica del “boia chi molla”, è antiestetico lasciare una persona che sta cadendo».
Ma ci credono?
«Non lo so... So che ogni volta che incontro una bandiera come Roberto Menia, non facciamo altro che abbracciarci. Senza dire una parola, per non creare imbarazzo per le cose che ci potremmo dire...».
L’eredità del Msi è nel Fli o nel Pdl?
«Se uno storico del futuro vorrà fare una storia della destra dovrà semplicemente recuperare la sim del telefonino di Gasparri, lì c’è tutto. Lui e La Russa tengono acceso quel focolare».
E Alemanno?
«Ha la sua piccola setta. È un circolo chiuso, una specie di scientology della destra».
Che però gratifica gli affiliati.
«Ci dev’essere un qualche rituale esoterico...».
Ma perché gli intellettuali fuggono sempre da Fini?
«Non vorrei fare una battutaccia, ma già la Settimana enigmistica».
Però, Buttafuoco, ora gli bacia la pantofola.
«Ma è perché quel mondo ha voglia di fare politica, e siccome il Pdl o come si chiama tutto fa tranne politica, questi hanno aspettato qualsiasi cosa per aggrapparcisi, fosse pure uno come Fini».
Ma che leader è Fini?
«È uno che è sempre stato a ruota di qualcun altro. Fa la pesca delle occasioni. Sarebbe stato meraviglioso a fare le televendite: parla bene, è convincente, telegenico, porta anche le cravatte sbagliate per far sentire a proprio agio l’italiano medio».
Sembra un Berlusconi riuscito male.
«Ma sono molto diversi. Berlusconi è perfetto per il pop di un Andy Warhol, Fini per gli acquarelli coi paesaggi tzigani che vendono le bancarelle. Sono sicuro che in questo momento si sta mangiando le mani, perché sarebbe toccato a lui. Fosse rimasto, Tremonti non si sarebbe sognato di fare il viaggio in treno».
Era destinato a succedere a Berlusconi, poi che gli è successo?
«Solo motivi personali, ma su quelli non si costruisce un progetto politico».
Questo Fli, che si dà le arie di partito nuovo della destra per bene, come lo vede?
«Finirà peggio dell’Elefantino, quello con Mario Segni. È un gigantesco errore. Ma è un danno anche per Berlusconi».
Doveva tenersi in casa un tipo come Fini?
«La politica è fatta anche di fardelli da sopportare, in cambio non avrebbe privato il Pdl di una classe di intelligenze e di talenti, da Umberto Croppi a Granata a Bocchino a Lanna alla Perina, che in queste ore, in cui si decidono vent’anni di berlusconismo, sarebbero stati utili».
Però hanno seguito immediatamente Fini e parlano da antiberlusconiani convinti.
«Il gioco è stato portato troppo avanti e si sono rotte le possibilità. Per questo Fini ha colpe storiche enormi: ha massacrato gli uomini migliori della destra italiana e li sta consegnando ad un fallimento».
Lo molleranno?
«Quella è gente cresciuta nell’etica del “boia chi molla”, è antiestetico lasciare una persona che sta cadendo».
Ma ci credono?
«Non lo so... So che ogni volta che incontro una bandiera come Roberto Menia, non facciamo altro che abbracciarci. Senza dire una parola, per non creare imbarazzo per le cose che ci potremmo dire...».
L’eredità del Msi è nel Fli o nel Pdl?
«Se uno storico del futuro vorrà fare una storia della destra dovrà semplicemente recuperare la sim del telefonino di Gasparri, lì c’è tutto. Lui e La Russa tengono acceso quel focolare».
E Alemanno?
«Ha la sua piccola setta. È un circolo chiuso, una specie di scientology della destra».
Che però gratifica gli affiliati.
«Ci dev’essere un qualche rituale esoterico...».
Ma perché gli intellettuali fuggono sempre da Fini?
«Non vorrei fare una battutaccia, ma già la Settimana enigmistica».
(fonte: www.ilgiornale.it)
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