giovedì 10 febbraio 2011

Quando Bobbio mi disse: “Scusi, Buttafuoco, ma lei perché è fascista?”


Ho un ricordo molto bello dell’unico azionista da me incontrato. Norberto Bobbio, per l’appunto. Mi concesse l’intervista sul suo essere stato un fascista, sulla vergogna di aver dissimulato e di aver perfino scritto una lettera al Duce. E’ l’intervista cui ha fatto riferimento Ezio Mauro.

Da venerato maestro di un mondo, l’azionismo torinese, un mondo a me estraneo, mi scrisse una lettera per rispondere a un mio invito. Fu così che mi fece entrare a casa sua, a Torino. Tutto ciò malgrado alcuni suoi presunti fedelissimi gli consigliassero di tenermi alla porta. Fu la prima cosa, ricordo, che mi disse: “Non fanno altro che mettermi in guardia da lei”. Fu curioso e credo anche divertito. Si confidò. Toccammo anche punte d’avanspettacolo, tipo: “Scusi, Buttafuoco, ma lei perché è fascista?”. E io, di rimando: “Professore, confidenza per confidenza, neppure io lo sono”. Rilesse l’intervista prima di darla in stampa e mi fece una sola correzione. A una definizione accompagnata d’aggettivo, ovvero, “grande filosofo”, tolse il “grande”, per il resto non toccò una virgola. Qui, al Foglio, conserviamo ancora i nastri di una lunga registrazione dove, pur nell’orizzonte condiviso di una vita tutta italiana, fascismo compreso, non c’è traccia di trappola. Né di avergli voluto rovesciare la figura nel suo contrario. E chissà quante altre cose ci sono da prendere da quei nastri. Mai più riascoltati. E neppure allora, adesso che ci penso, li ascoltai. Feci tutto a mente.

Trappola, per l’appunto, fu la parola usata da Gad Lerner in un pezzo su Repubblica avallando l’idea di un povero vecchio preso al laccio. Un atto di sciacallaggio, più o meno, così nelle intenzioni dei nostri detrattori. Ebbene, vennero messi al posto loro da Bobbio in persona. Sulla Stampa, che era il suo giornale, il filosofo, dimostrandosi proprio un grande, riconfermò pubblicamente ciò che ci aveva concesso di mettere nero su bianco. E m’inviò una seconda lettera. Privata. E tale resterà.
Non posso dunque che dire bene dell’azionismo se l’azionismo è Bobbio, posso al contrario avere una riservuccia verso gli epigoni, il solito fenomeno di degradazione. E di falsificazione. Ogni D’Annunzio ha i suoi Guido da Verona. I Sergio Luzzatto per dire, uno storico di grande levatura, uno studioso veramente unico che però, per obbedienza al riflesso condizionato, cade nella botola del luogo comune e, oplà, separa gli italiani di serie A da quelli della serie B. Io dovrei odiarlo uno così, in più occasioni, infatti, lui mi ha dato addosso crocifiggendomi sulla gigantesca lettera B dei reietti. E credo proprio lui ci speri di essere tanto odiato, solo che mi fa ridere per questo suo incapricciarsi di teorie democratiche laddove lui totalizza il pieno di democrazia, mi risulta solo bizzarro. Ciò non toglie che scriva libri bellissimi (tranne quello su Padre Pio). Adesso che ci penso c’è un secondo azionista con cui ho avuto incontri ravvicinati. Giusto Gustavo Zagrebelsky. Siamo stati nel comitato dei Garanti per il Centocinquantenario dell’Unità d’Italia. Tutti e due, simpaticamente concordi, scelti da Carlo Azeglio Ciampi nell’ufficio ristretto, quello di presidenza. Lui se n’è uscito quando Ciampi ha dato le dimissioni. Io me ne sono uscito pure. Si tratterà, per l’appunto, di un orizzonte condiviso?

(di Pietrangelo Buttafuoco)

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