giovedì 3 febbraio 2011

Rivoluzione araba: errore di analisi dell’occidente ispirato da Israele


"La vampata popolare tunisina ha incendiato l ’ Egitto, e la vedremo dilagare, come in una prateria secca, in Marocco, Algeria, Libia, Giordania, Siria, è possibile che coinvolga anche l’Arabia Saudita e gli emirati petroliferi del Golfo. E’ il vastissimo contrafforte dei regimi ‘moderati’ e ‘clienti’ di Washington che sta crollando. E nè Washington nè le capitali europee hanno visto venire la catastrofe, perchè intellettualmente ingabbiati nel falso quadro interpretativo del ‘pericolo islamista’ e dello ‘scontro di civiltà’ voluto e imposto da Israele".

E’ questa la lettura della rivoluzione araba in atto che dà Maurizio Blondet, Direttore di http://www.effedieffe.com/, uno dei giornalisti e scrittori più spigolosi e controversi di questo Paese, e profondo conoscitore del mondo arabo. “Non si sono voluti vedere i problemi del mondo islamico per quel che realmente sono: l’esplosione di una gioventù demograficamente maggioritaria, disoccupata e repressa dal regime moderato, che non riconosce come suo governo”.

Eric Margolis, giornalista americano del Huffington Post, inviso all’establishment come Blondet, ha scritto: “Qualcosa è andato terribilmente male nei piani di Washington per i cambi di regime in Medio Oriente. Si supponeva una rivoluzione fabbricata da USA e britannici contro i mullah dell’Iran, seguita dall’insediamento di un governo collaborativo filo-occidentale e una fortuna per le petrolifere occidentali”. Ecco, dice Blondet “E’ successo l’imprevisto contrario: le rivoluzioni che divampano lungo il Nordafrica non sono colorate dalla CIA”, sono rivoluzioni della gente, e basta vedere quella che Pierluca Santoro oggi definisce la maglia allargata dei 1,3 milioni di tweets sul tema rilevati nella settimana dal 24 al 30 gennaio, che Santoro, da queste colonne, aveva chiaramente rilevato già la scorsa settimana.

Il mondo è stato colto di sorpresa dalla rivoluzione araba

E’ stata una sorpresa per le diplomazie occidentali, perché per 10 anni, dall’11 settembre 2001, tutta la politica dell’Occidente è stata condizionata dalla propaganda di Israele , secondo la quale il mondo arabo crea terrorismo, il mondo arabo è Al Qaeda, pertanto o questi Paesi sono gestiti dai Mubarak e dai Ben Ali di turno - corrotti e burattini dell’Occidente - , oppure sono un pericolo per il mondo, pericolo, ovviamente, da eliminare.
Non ci si è resi conto che in questo pezzo di mondo si stava creando quello che sarebbe diventato un problema politico-sociale che oggi è alla base della rivoluzione. Una gioventù, mediamente ben istruita, che cerca lavoro e non lo trova; Paesi la cui crescita economica non è sufficiente per sfamare tutti; una libertà che non c’è. Ovvio che se a tutto questo si aggiunge la corruzione dei vertici, che è il filo rosso di questa rivoluzione, si capisce perché il bubbone è scoppiato.

E ora l’Occidente teme il pericolo islamico

In questi giorni tutto quanto sta accadendo in Egitto viene visto nell’ottica di Israele. Ora, Israele, ha 200 testate nucleari, forse 300, e i missili per lanciarli. Da non sottovalutare: l’Iran non ha l’atomica. Mi si vuole spiegare perché Israele deve aver paura dell’Egitto? O meglio, perché teme la costituzione di una quadro democratico in Egitto? Gli egiziani sono scesi in piazza non contro Israele, bensì per liberarsi dal regime corrotto di Mubarak. Punto.

Israele teme l’ascesa al potere dei Fratelli Musulmani

Ecco. Allora, i Fratelli Musulmani potranno avere, nella prima fase del dopo Mubarak, un ruolo dato dalla loro forza di maggioranza relativa che effettivamente nel Paese hanno, una forza determinata dalla loro capacità di intervenire a sostegno della popolazione. Ma i Fratelli Musulmani sono un gruppo islamico conservatore, non hanno niente a che vedere con l’estremismo, o peggio ancora con il terrorismo. Detto questo, nel Paese ci sono altre forze laiche che certamente potranno anche a breve guidare il Paese.

La Siria potrebbe essere il prossimo Paese a cadere nel vortice della rivoluzione, si dice in queste ore

La Siria è un Paese a maggioranza sunnita guidato dalla minoranza sciita. Gli sciiti sono al vertice delle forze armate e della politica, il presidente Bashar al-Asad è sciita-alauita. E’ sicuramente possibile. Così come è possibile che la rivoluzione si allarghi allo Yemen, dove il giorno della collera è programmato per domani, al Bahrein, dove il 14 sarà il giorno della collera. Ma anche l’Algeria è potenzialmente pronta a esplodere, da circa 2 settimane ci sono rivolte con morti e feriti. In Giordania, il re Abdallah, dopo le prime proteste, ha cercato di parare il colpo, ha mandato a casa il Primo Ministro Samir Rifai e ha incaricato l’ex generale Marouf Bakhit di formare un nuovo governo, con la responsabilità di fare le riforme richieste dai manifestanti. Bisognerà vedere se questo basta, anche se l’opposizione che ha sostenuto le rivolte, il Fronte d’azione islamica, aveva dichiarato di riconoscere la legittimità degli hascemiti, la famiglia regnante ad Amman, e di chiedere riforme politiche e un cambio di governo, non altro. C’è da vedere, poi, che accadrà in Libia e forse anche in Marocco. Insomma, si, è una rivoluzione araba; i fatti avrebbero potuto andare diversamente se l’Occidente non si fosse dimostrato tanto ignorante.

(fonte: http://www.costruendo.lindro.it/ - di Maria Margherita Perracchino)

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