Battuti anche dal movimento a Cinque stelle di Beppe Grillo nelle ultime elezioni amministrative, i finiani si consolano dicendo che "senza di noi non si vince"; certo è che l’esperienza di Futuro e Libertà alla prova delle urne non è stata esaltante. Secondo Marco Tarchi, professore ordinario presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università di Firenze, il partito di Gianfranco Fini “è un contenitore privo di un’univoca forma programmatica”.
Innanzitutto, dice Tarchi, “all’interno di Fli sono confluiti soggetti uniti solo da motivi di frustrazione nei confronti dei dirigenti del Pdl: ex missini, e un numero non indifferente di opportunisti convinti di aver puntato su un cavallo vincente. Era difficile immaginare da questo amalgama confuso potessero scaturire candidature di alto profilo e i risultati sembrano dimostrare che il neonato partito ha già il fiato corto”. Se lasciasse la presidenza della Camera in questo frangente, Fini perderebbe gran parte della visibilità di cui gode: “Tanto più che nell’incompiuto Terzo Polo ha concorrenti alla leadership che lo metterebbero in ombra: oggi Casini, in un ipotetico domani Montezemolo. Restare dov’è gli conviene, ed è l’unica considerazione che gli interessa”.
Battuti anche dal movimento a Cinque stelle di Beppe Grillo nelle ultime elezioni amministrative, i finiani si consolano dicendo che "senza di noi non si vince"; certo è che l’esperienza di Futuro e Libertà alla prova delle urne non è stata esaltante. Secondo Marco Tarchi, professore ordinario presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università di Firenze, il partito di Gianfranco Fini “è un contenitore privo di un’univoca forma programmatica”.
Innanzitutto, dice Tarchi, “all’interno di Fli sono confluiti soggetti uniti solo da motivi di frustrazione nei confronti dei dirigenti del Pdl: ex missini, e un numero non indifferente di opportunisti convinti di aver puntato su un cavallo vincente. Era difficile immaginare da questo amalgama confuso potessero scaturire candidature di alto profilo e i risultati sembrano dimostrare che il neonato partito ha già il fiato corto”. Se lasciasse la presidenza della Camera in questo frangente, Fini perderebbe gran parte della visibilità di cui gode: “Tanto più che nell’incompiuto Terzo Polo ha concorrenti alla leadership che lo metterebbero in ombra: oggi Casini, in un ipotetico domani Montezemolo. Restare dov’è gli conviene, ed è l’unica considerazione che gli interessa”.
l limite del presidente della Camera, conclude lo storico, “è non saper accoppiare la spregiudicatezza tattica e il senso delle opportunità, che per un politico di professione sono doti importanti, alla sagacia strategica, che gli è sconosciuta. Ogni volta che si è inoltrato su questo terreno, ha incontrato le sabbie mobili. Pronosticare dove approderà Fini con il suo progetto politico è quasi impossibile, e a complicare lo scenario c’è l’ipertrofica ambizione dell’uomo, che difficilmente gli farà accettare ruoli di secondo piano. Un fallimento di Fli avrebbe, per lui, esiti catastrofici, forse anche sul piano psicologico. Finché potrà, insisterà nel tentativo di tenere in vita questa sua creatura”.
(di Graziella Balestrieri)
Innanzitutto, dice Tarchi, “all’interno di Fli sono confluiti soggetti uniti solo da motivi di frustrazione nei confronti dei dirigenti del Pdl: ex missini, e un numero non indifferente di opportunisti convinti di aver puntato su un cavallo vincente. Era difficile immaginare da questo amalgama confuso potessero scaturire candidature di alto profilo e i risultati sembrano dimostrare che il neonato partito ha già il fiato corto”. Se lasciasse la presidenza della Camera in questo frangente, Fini perderebbe gran parte della visibilità di cui gode: “Tanto più che nell’incompiuto Terzo Polo ha concorrenti alla leadership che lo metterebbero in ombra: oggi Casini, in un ipotetico domani Montezemolo. Restare dov’è gli conviene, ed è l’unica considerazione che gli interessa”.
Battuti anche dal movimento a Cinque stelle di Beppe Grillo nelle ultime elezioni amministrative, i finiani si consolano dicendo che "senza di noi non si vince"; certo è che l’esperienza di Futuro e Libertà alla prova delle urne non è stata esaltante. Secondo Marco Tarchi, professore ordinario presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università di Firenze, il partito di Gianfranco Fini “è un contenitore privo di un’univoca forma programmatica”.
Innanzitutto, dice Tarchi, “all’interno di Fli sono confluiti soggetti uniti solo da motivi di frustrazione nei confronti dei dirigenti del Pdl: ex missini, e un numero non indifferente di opportunisti convinti di aver puntato su un cavallo vincente. Era difficile immaginare da questo amalgama confuso potessero scaturire candidature di alto profilo e i risultati sembrano dimostrare che il neonato partito ha già il fiato corto”. Se lasciasse la presidenza della Camera in questo frangente, Fini perderebbe gran parte della visibilità di cui gode: “Tanto più che nell’incompiuto Terzo Polo ha concorrenti alla leadership che lo metterebbero in ombra: oggi Casini, in un ipotetico domani Montezemolo. Restare dov’è gli conviene, ed è l’unica considerazione che gli interessa”.
l limite del presidente della Camera, conclude lo storico, “è non saper accoppiare la spregiudicatezza tattica e il senso delle opportunità, che per un politico di professione sono doti importanti, alla sagacia strategica, che gli è sconosciuta. Ogni volta che si è inoltrato su questo terreno, ha incontrato le sabbie mobili. Pronosticare dove approderà Fini con il suo progetto politico è quasi impossibile, e a complicare lo scenario c’è l’ipertrofica ambizione dell’uomo, che difficilmente gli farà accettare ruoli di secondo piano. Un fallimento di Fli avrebbe, per lui, esiti catastrofici, forse anche sul piano psicologico. Finché potrà, insisterà nel tentativo di tenere in vita questa sua creatura”.
(di Graziella Balestrieri)
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