Nato nel 1888 e morto nel 1985, verso la fine degli anni Venti si affermò come uno dei massimi studiosi della politica e del diritto. Più tardi commise l'errore di porre il suo sapere e la sua autorità al servizio del nazismo, ragion per cui, caduto quel regime, fu arrestato dagli alleati, internato in un campo e indiziato per crimini di guerra nel processo di Norimberga, dove si difese sostenendo che i suoi scritti erano soltanto analisi teoriche.
Una volta rilasciato, si ritirò a vita privata, e quando morì la sua figura era scomparsa quasi del tutto dal dibattito politico e culturale europeo. Da un pezzo però alla sua opera è stato restituito il rango che le spetta e ormai viene considerata quasi universalmente, persino da molti studiosi di sinistra, l'espressione per molti aspetti abbagliante di un pensatore geniale.
Lo "stato di eccezione" è uno dei concetti chiave del suo pensiero politico. Strettamente collegato al concetto di "sovranità", per l'appunto, con lo "stato di eccezione", esso designa una situazione in cui, essendosi lo stato democratico rivelato incapace di sovranità e decisione politica, il diritto viene sospeso. Essenziale in questa teoria è perciò il valore attributo alla capacità di "decisione" e la conseguente attribuzione, durante lo "stato di eccezione" (guerre, rivoluzioni, caos sociale e crisi simili), di poteri eccezionali al Capo dello Stato. Questa forma di dittatura – sempre secondo Schmitt – rivela la vera essenza del diritto, alla base del quale ci sarebbe una decisione d'imperio posta da chi, a un certo punto, si trova effettivamente in condizione di imporla. È questa decisione originaria, incondizionata e arbitraria perché fondata sostanzialmente sulla forza, a raccordare la società col diritto. Passato lo stato d'eccezione, l'energia fondatrice si istituzionalizza formalmente, il sovrano si eclissa e dallo "stato di eccezione" si passa di nuovo all'ordine, fino alla crisi successiva.
Bene: chi sono le figure e le forze che in questi giorni da noi si sono rivelate capaci di imporre quella decisione d'imperio che ha generato la presente sospensione del diritto e il varo di un governo tecnocratico? Il Presidente Napolitano? Il professor Mario Monti? Il tandem Merkozy? Gli ottimati del sistema bancario e finanziario europeo e mondiale? Il circo politico-mediatico-giudiziario che per anni in sostanza non ha fatto altro che invocare lo "stato di eccezione"? Peccato non poterlo chiedere al professor Schmitt. Del quale non ho nessun titolo né per sostenere né per negare che sia davvero un pensatore epocale. So però che in ogni frase, riga o parola della limpida, asciutta, vigorosissima prosa con cui egli trattò i molti importanti e complessi argomenti che affrontò nelle sue dottissime opere (temi storici, giuridici, costituzionali, statuali, teologici, politici, teologico-politici e anche letterari) si avverte l'implacabile ronzio di una grande mente, insieme profonda, lucida e rigorosa. Ragion per cui mi affretto a consigliare la lettura di due suoi capolavori editi entrambi dalla Adelphi: «Il nomos della terra», splendida sintesi del suo pensiero, e l'incantevole «Terra e mare», in cui illustrò quel pensiero in una forma non meno semplice che rigorosa.
(di Ruggero Guarini)
Una volta rilasciato, si ritirò a vita privata, e quando morì la sua figura era scomparsa quasi del tutto dal dibattito politico e culturale europeo. Da un pezzo però alla sua opera è stato restituito il rango che le spetta e ormai viene considerata quasi universalmente, persino da molti studiosi di sinistra, l'espressione per molti aspetti abbagliante di un pensatore geniale.
Lo "stato di eccezione" è uno dei concetti chiave del suo pensiero politico. Strettamente collegato al concetto di "sovranità", per l'appunto, con lo "stato di eccezione", esso designa una situazione in cui, essendosi lo stato democratico rivelato incapace di sovranità e decisione politica, il diritto viene sospeso. Essenziale in questa teoria è perciò il valore attributo alla capacità di "decisione" e la conseguente attribuzione, durante lo "stato di eccezione" (guerre, rivoluzioni, caos sociale e crisi simili), di poteri eccezionali al Capo dello Stato. Questa forma di dittatura – sempre secondo Schmitt – rivela la vera essenza del diritto, alla base del quale ci sarebbe una decisione d'imperio posta da chi, a un certo punto, si trova effettivamente in condizione di imporla. È questa decisione originaria, incondizionata e arbitraria perché fondata sostanzialmente sulla forza, a raccordare la società col diritto. Passato lo stato d'eccezione, l'energia fondatrice si istituzionalizza formalmente, il sovrano si eclissa e dallo "stato di eccezione" si passa di nuovo all'ordine, fino alla crisi successiva.
Bene: chi sono le figure e le forze che in questi giorni da noi si sono rivelate capaci di imporre quella decisione d'imperio che ha generato la presente sospensione del diritto e il varo di un governo tecnocratico? Il Presidente Napolitano? Il professor Mario Monti? Il tandem Merkozy? Gli ottimati del sistema bancario e finanziario europeo e mondiale? Il circo politico-mediatico-giudiziario che per anni in sostanza non ha fatto altro che invocare lo "stato di eccezione"? Peccato non poterlo chiedere al professor Schmitt. Del quale non ho nessun titolo né per sostenere né per negare che sia davvero un pensatore epocale. So però che in ogni frase, riga o parola della limpida, asciutta, vigorosissima prosa con cui egli trattò i molti importanti e complessi argomenti che affrontò nelle sue dottissime opere (temi storici, giuridici, costituzionali, statuali, teologici, politici, teologico-politici e anche letterari) si avverte l'implacabile ronzio di una grande mente, insieme profonda, lucida e rigorosa. Ragion per cui mi affretto a consigliare la lettura di due suoi capolavori editi entrambi dalla Adelphi: «Il nomos della terra», splendida sintesi del suo pensiero, e l'incantevole «Terra e mare», in cui illustrò quel pensiero in una forma non meno semplice che rigorosa.
(di Ruggero Guarini)
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