La bibliografia sul Risorgimento italiano si è parecchio allungata nei mesi scorsi, in occasione dei festeggiamenti per i centocinquant’anni d’unità nazionale. Quel momento fondante e problematico della storia patria è stato raccontato sotto diversi punti di vista, anche le letture revisioniste e critiche hanno (finalmente) conquistato piena legittimità editoriale.
Ovvio che rimanga ancora molto da scoprire, da indagare, da
comprendere per uscire definitivamente dalla retorica ottocentesca e poi
fascista, per maturare una condivisa identità nazionale.
Ulteriore stimolo allo studio e alla riflessione arriva da Pio IX e
la Rivoluzione italiana di Roberto de Mattei (Cantagalli, pagg. 208,
euro 16). Il volume, fresco di stampa, è uscito fuori tempo massimo per
rientrare nella sbornia editoriale celebrativa. Meglio così, dato che
solo il nome dell’autore rischia di mettere in allarme i sinceri
democratici e molti veri o presunti laici.
La fama del professor De Mattei, cattolico militante, presidente
dell’associazione «Lepanto», ha valicato da tempo i confini degli
addetti ai lavori della ricerca storica per via di una serie di prese di
posizione politicamente scorrette: De Mattei ha preso posizione contro
l’Unione europea che disgrega le unità nazionali e contro la teoria
evoluzionista di Charles Darwin (secondo lui, poco compatibile con la
fede cristiana). Dai microfoni di Radio Maria ha trovato un nesso fra la
decadenza della civiltà occidentale e la propaganda omosessuale. Poiché
«ogni male deve avere il suo castigo» non ha poi escluso che catastrofi
naturali come un terremoto o uno tsunami possano rientrare nei piani
della giustizia divina.
Di più. La sua «storia mai scritta» del Concilio Vaticano II,
pubblicata per Lindau, ha vinto il premio Acqui Storia 2011, però ha
sollevato molti dubbi anche fra cattolici non progressisti. In fondo, De
Mattei non nasconde la sua vicinanza intellettuale alla cosiddetta
scuola «controrivoluzionaria» di Plinio Corrêa de Oliveira. Secondo il
pensatore brasiliano, la Rivoluzione è un processo messo in moto da
forze avverse alla civiltà cristiana, iniziato con la Riforma
protestante, proseguito con l’89 francese e culminato con il ’68. Il
Risorgimento italiano è un’altra tappa fondamentale di questa
scristianizzazione europea, aggiunge De Mattei. La stessa «questione
romana non è un’appendice politico-diplomatica del Risorgimento ma il
filo conduttore e il compimento». Significativa è l’immagine del primo
civile che attraversò la breccia di Porta Pia: un valdese con un
carretto carico di bibbie protestanti trainato da un cane battezzato con
nome di Pio IX.
Ebbene, Giovanni Maria Mastai Ferretti, il pontefice che regnò più a
lungo dopo San Pietro, ben trentadue anni, nella ricostruzione di De
Mattei fu tutt’altro che sprovveduto in politica, ben conscio della
posta in gioco, consapevole dell’attacco massonico e protestante dietro
Mazzini, Garibaldi e Cavour. Addirittura sarebbe un mito quello del
«Papa liberale» agli albori del pontificato, alimentato da nemici
interni come Gioberti.
Non è necessario essere d’accordo del tutto con De Mattei, e sposare
una certa propensione complottista, per ammettere una componente
violentemente anticattolica in alcuni eroi risorgimentali, o per
intravedere «un tentativo di eliminare il soprannaturale e il
trascendente dalla storia». Se così non fosse, si spiegherebbero ben
poco certi provvedimenti prima piemontesi e poi del Regno d’Italia nei
confronti dei religiosi: abolizione per legge degli ordini
contemplativi, espropri, carcerazioni, profanazioni. Nemmeno occorre
militare fra i cattolici tradizionalisti per trovare in Pio IX motivi di
stima: resse bene a un attacco culturale e militare senza precedenti
nella storia della Chiesa. Affrontò di petto il materialismo trionfante
proclamando a furor di popolo il dogma dell’Immacolata Concezione,
aprendo il Concilio Vaticano I che sancì l’infallibilità papale e
pubblicando il Sillabo, «sommario dei principali errori» dell’epoca.
Proprio il Sillabo non va venerato come fanno molti reazionari che
confondono la Chiesa con la sua fase storica post-tridentina, ed è
indubbiamente il documento di un’istituzione sotto attacco, che gioca in
difesa.
Però ebbe il merito di rivendicare e tramandare un’idea medioevale del
cattolicesimo e la visione del mondo tomista. In quest’epoca di tronfio
neo-positivismo - suggerisce De Mattei - Pio IX ha qualcosa da dire a
tutti, qualcosa di attuale. Non per nulla quando riesumarono il cadavere
per la causa di beatificazione del settembre 2001 lo trovarono
perfettamente conservato. Se lo stesso avviene per Mazzini - ha fatto
notare qualcuno - è solo perché venne letteralmente mummificato dai
seguaci.
(di Luca Negri)
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