Altro che espulsi con ignominia dall’euro: la Germania dovrebbe corromperci per convincerci (con quattrini sonanti) a restare nel circolo traballante della moneta unica europea. A dirlo non è qualche pasdaran italiano ma la blasonata banca d’affari Merrill Lynch in un report datato 10 luglio. Secondo i due analisti (David Woo e Athanasios Vamvakidis), il nostro Paese avrebbe tutto da guadagnare ad uscire «ordinatamente» dall’euro, a patto che lo faccia prima degli altri (Grecia e Spagna).
Chi ci rimetterebbe sarebbe certamente la Germania. Che uno dei due analisti sia di origine greca è solo uno di quegli scherzi del fato beffardo. Athanasios Vamvakidis è un rampante esperto di affari internazionali sotto contratto anche con il Fondo monetario internazionale e questo studio stilato (insieme al collega Woo) per la banca d’affari americana non sembra risentire dei guai che sta vivendo il Paese d’origine dell’analista. Anzi Vamvakidis suggerisce all’Italia quasi di farsi pagare dai tedeschi per restare nell’euro, ma i benefici maggiori il nostro Paese li avrebbe se prima si facesse aiutare e poi lasciasse tempestivamente la moneta unica. Spiega l’analisi che in Italia non ha avuto un grande risalto se non nei forum di discussione on line sull’ipotesi di uscita dall’euro: «I risultati della ricerca appaiono sorprendenti e rischiano di lasciare senza parole anche i lettori che non sono d’accordo con la nostra conclusione».
Premessa: l’Italia rappresenta nell’area euro la terza più grande economia, e potrebbe avere «maggiore probabilità di raggiungere un’uscita ordinata rispetto ad altri». Insomma, avremmo tutto da guadagnare in termini di maggiore competitività, in ripresa della crescita economica e miglioramenti dei bilanci.
Di contro la Germania viene comunemente (ma erroneamente secondo gli analisti di Merrill Lynch) considerato il Paese in grado di lasciare la zona euro più facilmente. Ma non è così: Berlino infatti si troverebbe ad affrontare una crescita molto più debole, gli oneri finanziari eventualmente spiccherebbero il volo e dovrebbe incassare un colpo pesante sui bilanci interni. Stessa musica per Austria, Finlandia e Belgio che già oggi hanno anche pochi buoni motivi per pensare soltanto ad uscire dall’euro, mentre la Spagna - Paese più direttamente colpito dalla crisi - farebbe fatica ad affrontare un percorso di crescita visti i sacrifici già affrontati per rimanervi.
L’analisi di scuola condotta dagli esperi della banca americana si basa sull’analisi dei costi-benefici e fa leva sulla teoria dei giochi. Mettendo in fila cosa succederebbe se i 17 Paesi abbandonassero l’euro salta fuori che l’Irlanda e l’Italia ha ricevuto un punteggio medio di 3,5, mentre la Grecia era a 5,3 e la Germania avrebbe il punteggio più alto a 8,5. In sostanza più basso è il numero, più ci sarebbe da guadagnare ad abbandonare la valuta europea.
Secondo la simulazione condotta da Woo e Vamvakidis la Germania dovrebbe addirittura «corrompere» l’Italia per convincerla a rimanere nel blocco ed evitare le conseguenze derivanti da una uscita, ma la capacità di persuasione di Berlino sarebbe alquanto limitata. Questo perché l’Italia ha più di qualche buona ragione per lasciare ora, mentre per la Grecia - che già si è impegnata pesantemente con i piani di ristrutturazione e rimborso dei debiti - diventare troppo costoso. Ora come ora gli italiani potrebbero non digerire le condizioni per la permanenza. E quindi la Germania potrebbe addolcire la pillola dei sacrifici per convincere Roma a rimanere. Secondo gli analisti il momento migliore per abbandonare sarebbe proprio a metà del percorso di convincimento (e incassati gli aiuti). In questo caso oltre alla crescita ed al miglioramento della bilancia dei pagamenti, l’Italia incasserebbe un dividendo aggiuntivo proprio dall’opera preventiva di “corruzione” attuata da Berlino
Si tratta di ipotesi teoriche. L’intervento di Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea («l’euro sarà salvato ad ogni costo», ha scandito), ieri è bastato per far esultare i mercati e riportare il nostro spread sotto i 480 punti (da oltre 520. Ma l’estate è, tradizionalmente, stagione di colpi di Stato, invasioni e grandi speculazioni finanziarie. E infatti i due analisti chiosa il report con un sibillino monito: «Se la nostra ipotesi dovesse essere corretta, questa potrebbe avere implicazioni negative per i mercati nei mesi a venire». Insomma, una cosa è la teoria, ben altra la pratica. E poi c’è un monito per tutta Europa: fino a quando l’euro resterà così forte (1,22 sul dollaro), la crisi resterà altrettanto potente. Insomma, per portare tranquillità nel Vecchio continente l’euro dovrebbe scendere intorno a quota 1,10, anche meno. Detto dalla più grande banca d’affari americana sembra più che un consiglio teorico un monito. Agosto è lungo, non resta che vedere se la teorizza dei giochi si trasformerà in pratica dell’uscita. Ordinata, ovviamente.
Chi ci rimetterebbe sarebbe certamente la Germania. Che uno dei due analisti sia di origine greca è solo uno di quegli scherzi del fato beffardo. Athanasios Vamvakidis è un rampante esperto di affari internazionali sotto contratto anche con il Fondo monetario internazionale e questo studio stilato (insieme al collega Woo) per la banca d’affari americana non sembra risentire dei guai che sta vivendo il Paese d’origine dell’analista. Anzi Vamvakidis suggerisce all’Italia quasi di farsi pagare dai tedeschi per restare nell’euro, ma i benefici maggiori il nostro Paese li avrebbe se prima si facesse aiutare e poi lasciasse tempestivamente la moneta unica. Spiega l’analisi che in Italia non ha avuto un grande risalto se non nei forum di discussione on line sull’ipotesi di uscita dall’euro: «I risultati della ricerca appaiono sorprendenti e rischiano di lasciare senza parole anche i lettori che non sono d’accordo con la nostra conclusione».
Premessa: l’Italia rappresenta nell’area euro la terza più grande economia, e potrebbe avere «maggiore probabilità di raggiungere un’uscita ordinata rispetto ad altri». Insomma, avremmo tutto da guadagnare in termini di maggiore competitività, in ripresa della crescita economica e miglioramenti dei bilanci.
Di contro la Germania viene comunemente (ma erroneamente secondo gli analisti di Merrill Lynch) considerato il Paese in grado di lasciare la zona euro più facilmente. Ma non è così: Berlino infatti si troverebbe ad affrontare una crescita molto più debole, gli oneri finanziari eventualmente spiccherebbero il volo e dovrebbe incassare un colpo pesante sui bilanci interni. Stessa musica per Austria, Finlandia e Belgio che già oggi hanno anche pochi buoni motivi per pensare soltanto ad uscire dall’euro, mentre la Spagna - Paese più direttamente colpito dalla crisi - farebbe fatica ad affrontare un percorso di crescita visti i sacrifici già affrontati per rimanervi.
L’analisi di scuola condotta dagli esperi della banca americana si basa sull’analisi dei costi-benefici e fa leva sulla teoria dei giochi. Mettendo in fila cosa succederebbe se i 17 Paesi abbandonassero l’euro salta fuori che l’Irlanda e l’Italia ha ricevuto un punteggio medio di 3,5, mentre la Grecia era a 5,3 e la Germania avrebbe il punteggio più alto a 8,5. In sostanza più basso è il numero, più ci sarebbe da guadagnare ad abbandonare la valuta europea.
Secondo la simulazione condotta da Woo e Vamvakidis la Germania dovrebbe addirittura «corrompere» l’Italia per convincerla a rimanere nel blocco ed evitare le conseguenze derivanti da una uscita, ma la capacità di persuasione di Berlino sarebbe alquanto limitata. Questo perché l’Italia ha più di qualche buona ragione per lasciare ora, mentre per la Grecia - che già si è impegnata pesantemente con i piani di ristrutturazione e rimborso dei debiti - diventare troppo costoso. Ora come ora gli italiani potrebbero non digerire le condizioni per la permanenza. E quindi la Germania potrebbe addolcire la pillola dei sacrifici per convincere Roma a rimanere. Secondo gli analisti il momento migliore per abbandonare sarebbe proprio a metà del percorso di convincimento (e incassati gli aiuti). In questo caso oltre alla crescita ed al miglioramento della bilancia dei pagamenti, l’Italia incasserebbe un dividendo aggiuntivo proprio dall’opera preventiva di “corruzione” attuata da Berlino
Si tratta di ipotesi teoriche. L’intervento di Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea («l’euro sarà salvato ad ogni costo», ha scandito), ieri è bastato per far esultare i mercati e riportare il nostro spread sotto i 480 punti (da oltre 520. Ma l’estate è, tradizionalmente, stagione di colpi di Stato, invasioni e grandi speculazioni finanziarie. E infatti i due analisti chiosa il report con un sibillino monito: «Se la nostra ipotesi dovesse essere corretta, questa potrebbe avere implicazioni negative per i mercati nei mesi a venire». Insomma, una cosa è la teoria, ben altra la pratica. E poi c’è un monito per tutta Europa: fino a quando l’euro resterà così forte (1,22 sul dollaro), la crisi resterà altrettanto potente. Insomma, per portare tranquillità nel Vecchio continente l’euro dovrebbe scendere intorno a quota 1,10, anche meno. Detto dalla più grande banca d’affari americana sembra più che un consiglio teorico un monito. Agosto è lungo, non resta che vedere se la teorizza dei giochi si trasformerà in pratica dell’uscita. Ordinata, ovviamente.
(di Antonio Castro)
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