Giorgio Almirante non avrebbe potuto immaginarlo neanche lontanamente. Altrimenti non avrebbe mai lasciato a chi considerava come figli un patrimonio oggi trasformatosi in un caso e in un motivo in più di dispute e ripicche fra ex tanto da finire in tribunale. Ma come accade anche nelle migliori famiglie i soldi diventano tutto. Patrimonio immenso, quello di An, che prima dello scioglimento del partito aveva come amministratoreunico Donato Lamorte, che gestiva le società Immobiliare Nuova Mancini srl e Italimmobili srl che si occupavano dei beni immobiliari. La storia poi si è evoluta in maniera diversa: quando il 21 e il 22 marzo 2009 si tenne il congresso di scioglimento di An, a una settimana dalla fondazione del Pdl, furono approvate delle determinazioni congressuali nelle quali si diceva che il patrimonio di An continuava a essere destinato agli scopi che An aveva perseguito come partito, ma con veste giuridica diversa, la fondazione appunto. Per questo furono creati due organi: un comitato di gestione e un comitato dei garanti, che avrebbero dovuto traghettare il passaggio da An partito ad An fondazione. Qualcosa però non andò per il verso giusto, e il patrimonio di An, dopo il dito alzato di Fini e la rottura definitiva con il Pdl, è diventato motivo di scontro violento.
Alcuni, poi confluiti in Fli nel 2010, hanno cominciato ad interpretare queste determinazioni congressuali obiettando che le persone che in quel momento facevano parte del comitato di gestione e del comitato di garanti non potevano amministrare liberamente il patrimonio ma si dovevano comportare come liquidatori di un'associazione che era il partito (interpretazione confermata dall’On. Buonfiglio, uno dei protagonisti insieme all’On. Raisi del ricorso al Tar). Si sono quindi rivolti al Presidente del Tribunale di Roma che il 7 febbraio scorso ha nominato due commissari liquidatori, un commercialista e un avvocato. Ma prima che il Presidente rendesse effettivo il loro insediamento, il precedente comitato di gestione ha disposto la costituzione di una fondazione eseguendo una serie di trasferimenti patrimoniali.
Intanto il Tar del Lazio questa settimana ha sospeso il riconoscimento giuridico della validità della Fondazione. Ovvio che la questione del patrimonio di An tocchi nervi oramai scoperti da un bel po’ di tempo, ma come ribadisce al Foglio.it l’onorevole Buonfiglio (che ora non è più in Fli) “indipendentemente dal partito in cui siamo adesso, noi abbiamo posto sin dall’inizio che durante la liquidazione non si possono disporre atti dispositivi e dunque non si potevano finanziare campagne elettorali. Un conto è trasferire tutti i beni che facevano già parte del patrimonio di An – prosegue Buonfiglio – altro conto è trasferire l’intera somma che deriva dai rimborsi elettorali. In questa fondazione sono finiti anche 55 milioni di euro che derivano dalla legge sui rimborsi elettorali dei partiti”.
Forse anche l’affaire Montecarlo ha inasprito i rapporti, e sicuramente una questione che poteva dirimersi con il codice civile dovrà ora risolversi in Tribunale. Quando gli si chiede quale ruolo abbia avuto l’ex Presidente di An in questa storia del patrimonio, il commento di Buonfiglio è laconico: “E’ stato altalenante: all’inizio il primo ricorso era stato fatto insieme, poi abbiamo preso strade diverse probabilmente dettate dalle diverse concezioni che avevamo su questa storia. Fini avrebbe potuto fare il bello e il cattivo tempo in Alleanza Nazionale: una volta chiusa quell’esperienza l’ha consegnata con questo patrimonio compresa la casa di Montecarlo in bilancio”.
Il 26 febbraio 2009 Franco Pontone, tesoriere del partito fino al 6 ottobre 2010, scriveva che il rendiconto di gestione al 31 dicembre 2008 evidenzia un soddisfacente risultato di avanzo di gestione pari a 10 milioni 335 mila 573 euro e una situazione di liquidità disponibile di 30 milioni 685 mila 260 euro. Risultati che confermano la solidità della situazione patrimoniale di An. Solidità perduta nel tempo, solidità che alla fine è come se avesse seguito le sorti del suo partito e del suo Presidente. In effetti è quasi inutile avere tutte queste case se il padrone di casa non ha nemmeno le chiavi, e nemmeno avere un giornale serve più se si ha poco da dire. Poi ognuno pone la questione su un “ è affare di principio” ma questo principio è costituito da 70 milioni di euro in contanti più 600 milioni di immobili. Il Tar ha congelato An come fondazione, per il partito ci hanno pensato tutti gli altri.
Alcuni, poi confluiti in Fli nel 2010, hanno cominciato ad interpretare queste determinazioni congressuali obiettando che le persone che in quel momento facevano parte del comitato di gestione e del comitato di garanti non potevano amministrare liberamente il patrimonio ma si dovevano comportare come liquidatori di un'associazione che era il partito (interpretazione confermata dall’On. Buonfiglio, uno dei protagonisti insieme all’On. Raisi del ricorso al Tar). Si sono quindi rivolti al Presidente del Tribunale di Roma che il 7 febbraio scorso ha nominato due commissari liquidatori, un commercialista e un avvocato. Ma prima che il Presidente rendesse effettivo il loro insediamento, il precedente comitato di gestione ha disposto la costituzione di una fondazione eseguendo una serie di trasferimenti patrimoniali.
Intanto il Tar del Lazio questa settimana ha sospeso il riconoscimento giuridico della validità della Fondazione. Ovvio che la questione del patrimonio di An tocchi nervi oramai scoperti da un bel po’ di tempo, ma come ribadisce al Foglio.it l’onorevole Buonfiglio (che ora non è più in Fli) “indipendentemente dal partito in cui siamo adesso, noi abbiamo posto sin dall’inizio che durante la liquidazione non si possono disporre atti dispositivi e dunque non si potevano finanziare campagne elettorali. Un conto è trasferire tutti i beni che facevano già parte del patrimonio di An – prosegue Buonfiglio – altro conto è trasferire l’intera somma che deriva dai rimborsi elettorali. In questa fondazione sono finiti anche 55 milioni di euro che derivano dalla legge sui rimborsi elettorali dei partiti”.
Forse anche l’affaire Montecarlo ha inasprito i rapporti, e sicuramente una questione che poteva dirimersi con il codice civile dovrà ora risolversi in Tribunale. Quando gli si chiede quale ruolo abbia avuto l’ex Presidente di An in questa storia del patrimonio, il commento di Buonfiglio è laconico: “E’ stato altalenante: all’inizio il primo ricorso era stato fatto insieme, poi abbiamo preso strade diverse probabilmente dettate dalle diverse concezioni che avevamo su questa storia. Fini avrebbe potuto fare il bello e il cattivo tempo in Alleanza Nazionale: una volta chiusa quell’esperienza l’ha consegnata con questo patrimonio compresa la casa di Montecarlo in bilancio”.
Il 26 febbraio 2009 Franco Pontone, tesoriere del partito fino al 6 ottobre 2010, scriveva che il rendiconto di gestione al 31 dicembre 2008 evidenzia un soddisfacente risultato di avanzo di gestione pari a 10 milioni 335 mila 573 euro e una situazione di liquidità disponibile di 30 milioni 685 mila 260 euro. Risultati che confermano la solidità della situazione patrimoniale di An. Solidità perduta nel tempo, solidità che alla fine è come se avesse seguito le sorti del suo partito e del suo Presidente. In effetti è quasi inutile avere tutte queste case se il padrone di casa non ha nemmeno le chiavi, e nemmeno avere un giornale serve più se si ha poco da dire. Poi ognuno pone la questione su un “ è affare di principio” ma questo principio è costituito da 70 milioni di euro in contanti più 600 milioni di immobili. Il Tar ha congelato An come fondazione, per il partito ci hanno pensato tutti gli altri.
(di Graziella Balestrieri)
Nessun commento:
Posta un commento