“Ah! Lei è argentina! Lo sa che il vostro grande presidente Juan Domingo Perón era nato proprio qui!”. “A
Mamoiada! E com’è che noi argentini non ne sappiamo niente?”. “Be’,
perché sono stati i vostri servizi segreti a nasconderlo!”. Scrittrice
di Buenos Aires finita in Barbagia per una ricerca sul Carnevale sardo,
Luisa Valenzuela forse esagera volutamente nel riferire della sua
assoluta sorpresa. Ripetuta dai giornali sardi fin dal 1951, la storia, o
leggenda, era stata in effetti oggetto di un libro del 2000 del sardo
Peppino Caneddu di cui la stampa argentina aveva parlato ampiamente,
discutendo delle prove in pro e in contro. Tra queste, però, non c’era
quella da cui Luisa Valenzuela ha tratto l’improvvisa intuizione proprio
grazie allo studio che stava facendo. Fateci caso anche voi: la
maschera lignea di un Mahmutone, non è forse identica al volto del
generale dei descamisados? E di che è fatta poi, se non di legno di
pero selvatico? Pero, Perón. Ma chi raffigurano poi i Mahmutones se non
Bacco-Dioniso, antica divinità pagana delle forze della natura? E cos’è
il populismo peronista, se non un’irruzione del dionisiaco in politica?
La folla in perpetuo delirio, la redistribuzione delle risorse
trasfigurata in consumo e spreco orgiastico, e perfino quella
meravigliosa Arianna abbandonata e poi incoronata dal Presidente a santa
degli oppressi, corrispondente al nome di Evita.
Ovviamente, non sono “prove” da saggio storico. Ma
da romanzo sì: e “La máscara sarda” è appunto il titolo del romanzo
storico che è uscito ad agosto per Seix Barral (248 pagine, 99 pesos).
Era stato lo stesso Perón a spiegare che il suo cognome era in realtà
una deformazione dell'italiano “Pieroni”. Il suo bisnonno sarebbe stato
un medico “di un Paese vicino a Sassari” emigrato a Buenos Aires nel
1860. Ma quando lui era giovane le leggi impedivano agli immigrati di
entrare all’Accademia Militare. Nato a Mamoiada nel 1892, emigrato a 17
anni in Argentina e sposatosi con la figlia del facoltoso possidente di
origine italiana presso la cui impresa si era impiegato, Giovanni Piras
sarebbe stato dunque aiutato a studiare da ufficiale dal suocero,
impressionato per la sua brillante intelligenza. Ma prima avrebbe dovuto
occultare la sua origine, cambiando il nome. Va ricordato che questo
Giovanni Piras nato a Mamoiada nel 1892 è esistito davvero, e le foto lo
mostrano somigliante al generale in modo impressionante. Emigrò nel
Chubut, la regione in cui Perón trascorse la sua infanzia; ma dopo il
matrimonio non diede più notizie di sé. Davvero era diventato Perón? O
semplicemente aveva interrotto i rapporti con la famiglia perché non
informato della morte della madre.
Luisa Valenzuela ci ha poi mescolato l’altra leggenda di Juancito Sosa:
figlio illegittimo di una teuhelche, che avrebbe cambiato nome perché
in Accademia avevano problemi anche bastardi e meticci. Immagina dunque
Piras che si fa adottare dalla madre dell’indio, morto a 17 anni. E poi
sostituisce una terza identità alla seconda che ha già sostituito la
prima: una delle pagine più suggestive mostra Perón davanti alla tomba
dove è scritto il nome di Giovanni Piras, e dove è invece seppellito
Juan Sosa. “Lei è trino mio generale”, gli dice poco prima della morte
José López Rega: il Rasputin che lo tiene in pugno proprio perché
conosce l’intricato mistero delle sue origini. “Lei è Juancito Sosa ed è
Juan Perón, naturalmente, ma non dobbiamo dimenticare che prima di
tutto lei è Juanne di Mamoiada, quello che chiamavano anche Juvanneddu o
Jovennu. Lei è la reincarnazione di Dioniso, colui dai molteplici
nomi”.
(di Maurizio Stefanini)
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