Lunedì, 17 settembre, uscirà Carta da visita di Ezra Pound, a cura di Luca Gallesi (Bietti, pagg. 106, euro 14). l libro fu scritto nel 1942 dall'autore
direttamente in italiano, ed ebbe una seconda edizione (in sole in mille
copie) per Scheiwiller nel 1974. Pubblichiamo parte dell'introduzione
di Gallesi e alcuni brani di Pound.
«Socrate fu accusato di empietà e di
voler sovvertire le leggi del suo paese; eppure non era né empio né
sovversivo, e la storia successiva lo ha dimostrato. Io sono accusato di
tradire il mio paese, che amo tanto quanto voi italiani amate il
vostro. Ma chi, come me, agisce alla luce di una verità percepita e
prevista interiormente, anticipa nel presente una realtà futura molto
certa». In queste parole, tratte da un’intervista del 1955, quando era
ancora detenuto con l’accusa di tradimento a Washington, nel manicomio
criminale di St. Elizabeths, c’è tutta la tragica grandezza di Ezra
Pound, poeta, profeta e, soprattutto, patriota americano.
Pound si è sempre considerato, infatti, un leale cittadino
statunitense, fedele ai principi della Costituzione americana, che i
suoi governanti avevano, invece, manipolato e sovvertito. Come era già
accaduto in occasione del primo conflitto mondiale, anche nella Seconda
guerra mondiale gli Usa erano stati trascinati in un conflitto non
voluto, che avrebbe arricchito pochi speculatori sulla pelle di milioni
di vittime.
Proprio l’inutile strage della Grande guerra, che aveva mietuto le
vite di molti suoi amici artisti, spinge Ezra Pound ad abbandonare il
ruolo di esteta distaccato che aveva ricoperto fino ad allora per
dedicarsi allo studio delle cause delle guerre, che sono spesso legate
alla speculazione: «si fanno le guerre - scriveva ancora nel 1944- per
creare debiti». Così, accanto alla sua infaticabile attività di talent
scout, che favorì, tra gli altri, Eliot, Joyce ed Hemingway, e mentre
cerca di dare con i Cantos un poema epico nazionale all’America, Pound
denuncia la «guerra perenne» tra oro e lavoro, tra chi specula e chi
fatica, tra gli usurai e gli uomini liberi, e decide di schierarsi a
fianco di questi ultimi, scelta mai rinnegata e di cui pagherà
dignitosamente tutte le conseguenze fino alla «gabbia per gorilla» in
cui fu rinchiuso nel carcere militare statunitense allestito vicino a
Pisa.
Prima di giudicare qualcuno, come il poeta stesso amava ripetere,
bisogna esaminare le sue idee una alla volta, e quindi è necessario
avvicinarsi alle sue opere senza pregiudizi, collocandole nel contesto
storico generale e in quello biografico particolare. Riproporre, oggi,
la sua Cartadavisita, che Pound scrisse direttamente in italiano, è
dunque, innanzitutto, un’occasione per conoscere direttamente il
pensiero di Ezra Pound, e confermarne, eventualmente, la profetica
attualità.
Nel 1942, quando Carta da visita viene pubblicato la prima volta, il
mondo è dilaniato dalla più spaventosa guerra mai combattuta, una
tragedia che Pound aveva ingenuamente cercato di evitare con tutti i
mezzi, incluso un viaggio intercontinentale per incontrare il presidente
Roosevelt e convincerlo dell’importanza della pace.
Oggi, l’Europa non è in guerra, ma la situazione generale non è meno
drammatica; il colonialismo si è trasformato in «delocalizzazione», i
signori dell’oro sono diventati operatori di Borsa, e i popoli sono
sull’orlo di un tracollo economico disastroso, esattamente come Pound
aveva immaginato: «Il nemico è Das Leihkapital - tuonava il 15 marzo
1942 dai microfoni di Radio Roma - . Il vostro nemico è Das Leihkapital,
il Capitale preso a prestito, il capitale errante internazionale. [...]
E sarebbe meglio per voi essere infettati dal tifo e dalla dissenteria e
dalla nefrite, piuttosto che essere infettati da questa cecità che vi
impedisce di capire quanto siate compromessi, quanto siate rovinati ».
Sicuramente, in quegli anni, quando molti intellettuali impegnati si
baloccavano con il mito della lotta di classe, Pound doveva risultare
quantomeno eccentrico, con il suo insistere nella guerra contro la
speculazione finanziaria, ricordando che «una nazione che non vuole
indebitarsi fa rabbia agli usurai». Oggi, invece, il suo avvertimento
contro «la banca che trae beneficio dall’interesse su tutta la moneta
che crea dal nulla», come recita il Canto 46, risulta ben più efficace
del rimedio allora auspicato da molti, e cioè la «dittatura del
proletariato».
I brani - La Nazione non deve pagare l'affitto sul proprio credito
Risparmio. Abbiamo bisogno d’un mezzo di risparmio e d’un mezzo di scambio, ma non è legge eterna che ci dobbiamo servire dello stesso mezzo per queste due funzioni diverse. La moneta affrancabile (ovvero prescrittibile) si adoprerebbe come moneta ausiliaria, mai come moneta unica. La proporzione fra la moneta consueta, e l’affrancabile, se calcolata con perizia e saggezza, potrebbe mantenere un rapporto equo e quasi invariabile fra la quantità delle merci disponibili e desiderate, e la quantità della moneta della nazione, o almeno raggiungere una stabilità di rapporti sino al grado conciliabile. Bacon ha scritto: «moneta come concime, utile solamente quando sparsa». Jackson: «il luogo più sicuro di deposito: le braghe del popolo».
Sociale. Il credito è fenomeno sociale. Il credito
della nazione appartiene alla nazione, e la nazione non ha necessità di
pagare un affitto sul proprio credito. Non ha bisogno di prenderlo in
affitto da privati. [...] La moneta è titolo e misura. Quando è
metallica, viene saggiata affinché il metallo sia di finezza
determinata, nonché di peso determinato. Adoprando una tale moneta siamo
ancora nel dominio del baratto. Quando la moneta viene capita come
titolo, sparisce il desiderio di barattare. Quando lo stato capisce il
suo dovere e potere, non lascia la sua sovranità in balìa di privati
irresponsabili (o che assumono responsabilità non giustificate). È
giusto dire che «la moneta lavoro» è «simbolo del lavoro». E ancor più è
simbolo della collaborazione fra natura, stati e popolo che lavora. La
bellezza delle immagini sulle monete antiche simboleggia, a ragione, la
dignità della sovranità inerente nella responsabilità reale o imperiale.
Collo sparire della bellezza numismatica coincide la corruzione dei
governi.
Dichten=Condensare. La parola tedesca Dichtung
significa poesia. Il verbo dichten = condensare. Per la vita, o se
preferite per «la battaglia», intellettuale, abbiamo bisogno di fatti
che lampeggino, e di autori che mettano gli oggetti in luce serena.
L’amico Hulme ben disse: «Quello che un uomo ha veramente pensato (per
sé) si scrive su un mezzo foglio. Il resto è spiegazione, dimostrazione,
sviluppo». Chi non ha forti gusti non ama, e quindi non esiste.
(fonte: www.ilgiornale.it)
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