Il professor Franco Cardini, illustre medievista e studioso delle religioni, sta rientrando in Italia da Parigi. «Anche qui c'è grande trepidazione, grande smarrimento», risponde al Giornale. «Le Point e l'Express hanno dedicato la storia di copertina al gesto del Papa».
Cominciamo da qui: come chiamarlo?
«Il successore di Pietro è il Sommo Pontefice. Un sovrano assoluto, e come tale non si dimette, ma abdica. Alcuni, in punta di diritto canonico, parlano di rinuncia. Sicuramente, non userei il termine dimissioni, più adatto ad una carica politica».
Lei professore ha superato lo smarrimento?
«Sì, l'ho superato. In un primo momento ci siamo tutti chiesti che cosa stesse accadendo. Si è parlato di una grave malattia. Ma in quel caso risulterebbe strano un annuncio alla fine del Concistoro. Tanto più che nessuno sapeva nulla tranne, a quanto sembra, il fratello Georg e il segretario personale, monsignor Georg Gänswein. Non era l'annuncio di persona malata».
Qual è la sua ipotesi?
«Se durante il Concistoro Benedetto XVI ha toccato con mano le divisioni tra i cardinali, questo può aver accelerato una sua predisposizione».
Un'accelerazione repentina?
«Una decisione più ponderata non sarebbe stata annunziata in chiusura di un'assemblea riunita per una ragione diversa. Se la rinuncia fosse stata decisa da tempo ci sarebbe stata una convocazione specifica dei collaboratori più stretti e dei mezzi di comunicazione. Invece, tutti sono stati colti di sorpresa».
La decisione di Ratzinger colpisce perché appare diametralmente opposta a quella di Giovanni Paolo II di fronte al suo decadimento.
«Non so se si può dire diametralmente opposta. Giovanni Paolo II ha accettato di soffrire fino in fondo. Ratzinger, che è un eccelso teologo, ha scelto un altro modello. Perfino Gesù di fronte alla passione chiese di essere esentato».
È stata l'espressione di una fede realista.
«Giovanni Paolo II, che è il mio Papa prediletto, ha regnato ma non governato. Si è dedicato alla sua missione viaggiando in tutto il mondo. Ma l'esercizio concreto del potere l'ha lasciato a Ratzinger, il suo uomo di fiducia in Vaticano. Tanto che non l'ha mai lasciato tornare in Germania per dedicarsi solo agli studi».
Quanto ci vorrà, secondo lei, per metabolizzare un fatto come questo?
«È difficile a dirsi. Questo ritiro ha l'aria di avere una regia molto chiara. Molto dipenderà dal prossimo Conclave. Intanto, Benedetto XVI ha stabilito nuove regole per la sua successione. Dopo il Motu proprio del 2007, per eleggere il nuovo Papa è necessaria la maggioranza dei due terzi, senza poter arrivare al ballottaggio a maggioranza semplice».
Che cosa significa?
«C'è la preoccupazione di avere una guida forte, suffragata da un'unità profonda nel Conclave. Credo che Benedetto XVI abbia voluto accelerare l'inizio di una nuova stagione nella Chiesa. Una stagione che, sulla soglia dei novant'anni e dopo tanti problemi di salute, non è in grado di condurre. Non si tratta solo di ricomporre le due anime della Chiesa, una che attacca il Concilio Vaticano II e l'altra che lo difende. Se non si è riusciti ad attuarlo in questi cinquant'anni è improbabile che, d'improvviso, si ritrovi la concordia per farlo».
Il vero motivo dell'abdicazione del Pontefice è la divisione nella Chiesa?
«Non è un parere personale. In passato il Papa aveva citato Paolo VI e il fumo di Satana infiltrato nella Chiesa. Qualche giorno fa ha parlato di divisioni che deturpano. È più che mai urgente superarle per indire un nuovo Concilio e mettere la Chiesa nella condizione di testimoniare la fede in Cristo in un momento di profonda crisi mondiale».
Perché gli osservatori laici sono più catastrofisti di quelli credenti?
«Perché non hanno la fede. Non credono nell'infinita capacità della Chiesa di superare le crisi. C'è una novella del fiorentino Franco Sacchetti molto significativa in proposito. Narra di un ebreo spagnolo che nel 1300 si reca a Roma e quando torna in Spagna si converte. I suoi correligionari lo interrogano e accusano. Che ti è successo a Roma che ti ha portato a rinunciare alla tua religione? Ho visto la corruzione dei preti, l'arbitrio, la discordia che affligge la Chiesa. E ho pensato che, se con questo carico di vizi e peccati la Chiesa sopravvive, significa che è toccata da una grazia particolare».
(fonte: www.ilgiornale.it)
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