Le vicende degli ultimi anni e le
drammatiche notizie che oggi arrivano da Siria, Nigeria e altri Paesi
musulmani, appiattiscono l'Islam, agli occhi di molti occidentali, sulla
minaccia tirannica e bellica.
Ma c'è un abisso fra un militante di
Al-Qaeda e un mistico sufi, fra uno sceicco arabo e un giovane imam di
periferia europea. Un abisso nell'interpretare il Corano, nelle scelte
di vita, nel rifiutare o meno la violenza, nel rispettare le altre
confessioni. La religione fondata da Maometto è complessa e
contraddittoria, quanto l'universo cristiano, forse ancora di più.
Dell'Islam quasi tutti sappiamo il minimo indispensabile, ovvero la
divisione in due tronconi: Sciiti e Sunniti. Qualcuno sa che Osama bin
Laden seguiva, come la famiglia reale saudita, la corrente del
Wahhabismo, estrema e letterale applicazione della legge coranica e odio
sistematico verso i non musulmani. Molti però ignorano che la
tradizione sciita contiene un mondo intero, decisamente meno inquietante
e con altre profonde differenze sul piano teologico, mistico e spesso
politico. La posizione dell'Italia, al centro del Mediterraneo, come
ponte fra Oriente e Occidente, ci deve stimolare a conoscere l'altro
monoteismo universale. Ne abbiamo bisogno per combattere chi fa davvero
del male e dialogare con chi è interessato alla convivenza pacifica.
Non sarà forse un caso che il nostro Paese abbia avuto l'onore di
ospitare la vita terrena e la carriera saggistica del conte Pio
Flippani-Ronconi. L'orientalista scomparso nel 2010, infatti, scrisse
parecchio su buddismo e pensiero cinese, ma anche di Islam, in
particolare delle sue manifestazioni più eretiche. Proprio Un altro
Islam. Mistica, metafisica e cosmologia, si intitola la sua raccolta
postuma di scritti in libreria dal 26 settembre (ed. Irradiazioni, pagg.
200, euro 16), curata dal professor Angelo Iacovella. È il primo volume
(arricchito dalla prefazione dell'islamologo di fama mondiale Seyyed
Hossein Nasr, persiano di nascita ma esule negli Usa) dell'edizione
critica di articoli e contributi inediti dedicati al mondo musulmano
medioevale (il secondo tomo, Regalità iranica e gnosi ismaelita, è
previsto per il 2013). Una delle prime cose che ci insegna
Flippani-Ronconi è che fu proprio l'imporsi della rigidezza giuridica da
parte dei Sunniti che permise, per reazione, l'esplosione
dell'esoterismo e del misticismo incarnato da Sciiti, Ismaeliti e
confraternite sufi. Spesso la differenza, le tensioni e le lotte erano
anche di natura etnica: gli Arabi, musulmani originari che conquistarono
e convertirono l'intero Medio Oriente, riducevano la religione al
rispetto della Legge, gli eterodossi, quasi sempre combattuti e
perseguitati, popolavano invece Persia e Asia minore. Lì le tradizioni
religiose pre-islamiche erano ancora vive e contaminarono la purezza
coranica, con influssi zarathustriani, cristiani, greci, addirittura
induisti. Non mancarono sette gnostiche, come quella degli Ismaeliti,
guidata dal «Vecchio della Montagna» citato anche nel Milione di Marco
Polo, che infrangevano le prescrizioni del libro sacro.
I mistici estremisti consideravano abrogate tutte le religioni, Islam
compreso, superate da un culto più interiore e spirituale. Proprio
l'atteggiamento opposto dei wahhabiti, dei fanatici che vorrebbero
sgozzare ogni infedele. Nell'introduzione al volume Iacovella ricorda
che l'attenzione del conte «per la religione in generale, e l'Islam in
particolare, non si esauriva nella sola prospettiva accademica, ma
coinvolgeva anche quella personale ed esistenziale». Filippani-Ronconi
era «sensibile, in modo straordinariamente profondo, alla grazia, o
barakah, della spiritualità islamica e alle sacre atmosfere evocate da
quell'arte e da quell'architettura». Insomma, coglieva ciò che può
funzionare da antidoto alle semplificazioni occidentali fondate
sull'ignoranza, sulla malafede e sulla disinformazione e al
fondamentalismo.
Gli islamici si accorsero presto del lavoro pionieristico svolto dal
professore italiano. Fu lui, molto probabilmente, l'unico studioso di
casa nostra a venire insignito del titolo di dottore honoris causa in
«Teologia e Scienze dell'Islam» dall'Università di Teheran. Quella
stessa università e quella stessa città che lo avevano accolto nei primi
anni '50 grazie a una borsa di studio conferitagli dal governo iranico.
In patria seminò molto fra i suoi allievi dell'Istituto Orientale di
Napoli, dove insegnò per molti anni e godette della stima di sommi
orientalisti come Giuseppe Tucci e Alessandro Bausani. Ma una buona
parte dell'accademia italiana si dimostrò meno prodiga di lodi. Non si
vedeva di buon occhio un'identificazione stretta con la materia
d'insegnamento, ancora meno la lontananza dalle mode ideologiche e dal
conformismo storicistico che dominavano negli atenei. È però probabile
che Filppani-Ronconi poco si preoccupasse dei pregiudizi dei colleghi.
Forse reagiva alle critiche con seraficità sufica, o al massimo
facendosi scappare qualche espressione in antico avestico o in
sanscrito.
(di Luca Negri)
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