Immerso
nella fogna del presente, avvilito da storie miserabili, desideravo
storie gloriose, cielo e aria pura. E qualcuno mi ha ricordato che come
oggi, il 23 settembre del ’43, si sacrificò Salvo d’Acquisto, il
carabiniere che a Palidoro, nel Lazio, offrì la sua vita ai tedeschi
evitando l’eccidio per rappresaglia di 22 italiani.
Me lo ha ricordato Monsignor Gabriele Teti che ha avviato, in veste
di postulatore, la causa di beatificazione del giovane milite. Mi ha
mandato copiosi documenti su d’Acquisto che si autoaccusò
dell’attentato contro i tedeschi, facendo così liberare gli altri
ventidue ostaggi che stavano già scavandosi la fossa sotto lo sguardo
armato delle SS. Loro rimasero attoniti, ridevano e piangevano mentre
venivano liberati e lui veniva ucciso, in camicia bianca e pantaloni di
carabiniere.
D’Acquisto era napoletano, aveva combattuto in Africa. Ricordo che
negli infuocati diverbi tra neofascisti, antifascisti e afascisti, era
l’unica figura che metteva d’accordo tutti. Salvo morì a occhi aperti,
guardando il mare e il cielo, nel nome della fede e dell’amor patrio.
Ebbe la medaglia d’oro al valor militare, ma forse il suo valore fu più
civile e cristiano.
Non so se possa considerarsi più un eroe o più un santo, come pensano
Monsignor Teti e l’Arcivescovo Vincenzo Pelvi dell’Ordinariato
Militare: sì, forse gli eroi muoiono combattendo, lui invece si
sacrificò disarmato, come i martiri. Salvo - un nome un destino - se lo
contendono i cieli. Tra tanti processi infami, finalmente uno di
beatificazione.
(di Marcello Veneziani)
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