lunedì 2 agosto 2010

Bugiardo e illiberale, ecco il vero Fini


Dottor Pino Rauti, la rottura definitiva tra Berlusconi e Fini è arrivata. Era più sincero il Fini del «siamo alle comiche finali» o quello del congresso fondativo del Pdl?

«Fini non è mai sincero. Lo conosco da una vita e una delle sue caratteristiche è non dire mai sinceramente quello che pensa».

Addirittura?

«Ma certo. A Roma c’è un termine che chiarisce bene il concetto: “mortarolo”».

Tradotto?

«Fini è un liquidatore. Ha liquidato il Msi prima, ha liquidato An nel Pdl e adesso vorrebbe liquidare il Pdl».

Più «pars destruens» che «pars costruens»?

«Nella sua lunga carriera politica non c’è mai stata una fase costruttiva. Dopo 30 anni di attività politica... Bilancio inquietante».

Glielo riconosca: a fare il controcanto è bravissimo.

«Un maestro. Peccato che con i problemi che ha il Paese... E poi quando si sta in una stessa formazione politica si ha il dovere morale di trovare le cose su cui andare d’accordo».

Ma Fini lamenta la monarchia di Berlusconi. Gli dà del despota, dell’illiberale.

«Ah ah ah... Ma Fini nel suo partito quando mai è stato liberale? Ha sempre comandato a spada tratta. Ha sciabolato quando e come ha voluto e non s’è mai sottoposto a congressi degni di questo nome. Non è lui che può fare un’accusa di questo genere a Berlusconi».

Pensa alla gaffe della caffetteria e alla successiva decapitazione dei colonnelli?

«Certo ma non solo. È sempre stato così. Dovrei scrivere un libro per ricostruire molte pagine della storia del Msi».

Molti elettori del Pdl oggi chiamano Fini «compagno». Ha sfondato a sinistra. Cos’è, diventato rautiano?

«Quando dissi quella famose frase, “sfondamento a sinistra”, che fu al centro di un’accanita campagna d’attacco da parte di Fini, non intendevo sfondare a sinistra nel senso di diventare di sinistra».

Ma?

«Intendevo far sì che il Msi si facesse interprete di istanze sociali molto approfondite».

E Fini non lo sta facendo?

«Macché. Io avevo un progetto politico, quello di Fini qual è? Lui si compiace soltanto dell’applauso della sinistra che adesso lo apprezza soltanto per il suo antiberlusconismo».

Invece il rautismo sarebbe attuale?

«Proprio in questo periodo è uscito un libro sui super ricchi: un volume sul capitalismo che si interroga su se stesso. Una miniera di spunti interessanti per noi che eravamo anticapitalisti per storia e cultura. Ma non vedo discussioni su questo».

È vero che Berlusconi l’ha chiamata?

«No. Ma voglio incontrare Berlusconi a settembre per parlargli a lungo di Fini e delle sue vicende di allora: nell’Msi prima e in An poi. E poi vorrei stabilire un accordo con Berlusconi, in caso di elezioni».

Che fa? Scende in campo?

«Noi abbiamo una formazione politica che in qualche zona nel centrosud ha un peso e un ruolo».

Fini innalza la bandiera della legalità: in questo la convince?

«Poco. La vostra inchiesta sulla casa di Montecarlo è un’ombra pesante su Fini».

Ma lui dice: nel Pdl ci sono troppe mele marce.

«Quando si sta lealmente in un partito si collabora per buttar via le mele marce ma non si dà l’impressione, in ogni occasione, che nel partito tutto sia marcio».

Insomma, non la convince neppure su questo?

«Vede, quando si sta in un partito uno ci deve stare con un certo stile, con una certa educazione. E questo Fini non lo fa».

Perché lo zoccolo duro delle truppe finiane è composto da ex rautiani?

«Questo continua a sorprendermi. Li ricordo tutti, giovani, accanitamente rautiani e antifiniani. Viespoli, per esempio...».

Pasquale Viespoli?

«Lo ricordo ai campi Hobbit e quando prese a schiaffi Fini. Vederli adesso accanto a lui, nel momento in cui Fini non sostiene tesi neanche genericamente di destra beh... Questo mi sorprende molto».

Forse hanno debiti di riconoscenza.

«Beh, sì. In un certo senso sono usciti dall’isolamento ma soltanto perché Fini è capitato nella fase positiva dell’uscita dal ghetto, inserendosi tra le picconate di Cossiga e le manette di Di Pietro. E poi... Le posizioni di potere».

Altra rautianissima: Flavia Perina.

«L’ho vista crescere. Passavamo tutte le feste a casa Perina, alla Camilluccia. Flavia la tenevo sulle ginocchia. Com’era irrequieta... Ma con me stava buona perché la facevo giocare».

Fabio Granata?

«Pure lui rautiano accanito».

Silvano Moffa?

«Ora ha il ruolo del moderato ma non sempre nelle vecchie vicende lo fu. Ricordo quando lo mandai a sostituire come commissario Teodoro Buontempo che si era accordato con Fini sebbene eletto come rautiano al congresso provinciale di Roma. Moffa fece “accompagnare” Teodoro fuori dalla federazione con la sedia sotto il sedere».

Con Fini oggi stanno in 33.

«Ma deve solo temere di perdere qualche elemento. Difficilmente può sperare di guadagnarne».

L’elettore di centrodestra sostiene che Fini non è più lo stesso. Se n’è fatto una ragione?

«Forse s’è montato la testa. Può succedere in politica, specie quando si ricopre una carica importante. Sa, il potere inebria».

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