lunedì 7 settembre 2009

Piazza Venezia per sempre

L'idea, da qualcuno ventilata di cambiar alla storica Piazza di Venezia il suo nome plurisecolare, per mutarlo in Piazza dell'Unità d'Italia o qualcosa del genere, non è soltanto kitsch, bolsa, impresentabile, infame e antistorica. È tutto ciò, senza dubbio: ma è ancora peggio. È cretina. Che qualche autorevole politico l'abbia presa sul serio fingendo perfino di apprezzarla appartiene alle furbizie quotidiane di cui la politica appunto è tessuta. Piccoli intrallazzi, ideuzze conformiste travestite da coraggiose trovate rivoluzionarie, ipocriti cedimenti alle false necessità dell'oggi che dimenticano non solo ieri, il passato (il che è grave), ma soprattutto si rifiutano di guardare al futuro (il che è gravissimo).

Per respingere l'ideuzza trattandola per quel che è, una trovata ridicola, esistono tre ordini di ragioni: attualistica, politica e storica. Vediamole. Ragione attualistica. Stiamo preparando le solennità per il 150° dell'Unità d'Italia. Ma siamo dinanzi a un paradosso: un'importante forza politica, una forza di governo che sostiene (e condiziona) la maggioranza, nega che il processo d'unificazione nazionale così come si è presentato, con tutte le sue conseguenze, sia stato positivo. In questa posizione c'è molto di demagogico e molto di insostenibile: ma essa ha anche ragioni storiche obiettive, che dovrebbero invitare alla prudenza. L'Italia unitaria e centralistica, sabauda ma anche "neogiacobina", avrebbe potuto essere diversa: non secondo i modelli di Cavour e di Mazzini, ma secondo quelli di Gioberti o di Cattaneo.


Che, alla lunga, hanno vinto: difatti, la "seconda repubblica" è federalistica. Vogliamo prenderne atto, o vogliamo continuar a far la politica dello struzzo? Visto questo contesto, non "celebriamo" l'unità d'Italia. Discutiamone. Non facciamo retorica: esercitiamo la critica. Intitolare una piazza a qualcosa che il nostro recente assetto istituzionale in parte contesta di fatto, è una pessima idea. Ragione politica. Diciamo le cose come stanno. Si vuol cambiar nome a Piazza Venezia perché essa è indissolubilmente collegata al fascismo, alla figura di Mussolini, al famoso balcone. Ma che, non lo sapete che ancora oggi è tra le cose più fotografate della Città Eterna, che i turisti ci vanno ancora sotto e non c'è guida che non lo indichi? Il fatto è che, piaccia o no, il fascismo è stato parte integrante della storia di Roma e d'Italia, nel bene e nel male, e che nella storia remota e recente i tentativi di damnatio memoriae, le cancellazioni dei nomi e dei simboli, sono sempre caduti nell'inutilità o nel grottesco.

La storia va conosciuta, e per conoscerla bisogna anzitutto salvaguardarla. Sempre. Altro che cancellarla. I toponimi storici non andrebbero mai toccati. Vogliamo proprio dedicare una piazza all'Unità d'Italia, visto che Roma ne pare priva? La città è piena di belle e grandi piazze, anche centrali, con nomi banali o contestabili.
Ragione storica. Piazza Venezia si chiama così da quando il cardinale Pietro Barbo, che nel 1464 sarebbe divenuto papa col nome di Paolo II, fece edificare lo splendido palazzo che le dà il nome per farne la sua residenza cardinalizia. All'epoca, tutte le grandi potenze della Cristianità pretendevano che la Santa Sede concedesse a un loro rappresentante un seggio nel Sacro Collegio: in tal modo, esso era un parlamento dell'Europa cristiana.

Barbo, veneziano purissimo, era pertanto un "ambasciatore ufficioso" della Serenissima: e la piazza che egli occupò venne segnata da quella scelta. Non a caso vi sorge la chiesa di San Marco, patrono di Venezia. Quell'impianto storico-urbanistico fu rispettato nei secoli: al punto che il palazzo ottocentesco che sta di rimpetto a Palazzo Venezia, uno dei nuovi monumenti della Roma capitale, ne ripete le forme. Alla Piazza e al Palazzo Venezia i romani sono affezionati: anche quelli che non sanno la storia, anche gli antifascisti. Insomma, gli autori della proposta hanno perduto un'ottima occasione per stare zitti. Non se ne lascino scappare altre.

(di Franco Cardini)

Leggi anche l'opinione dell'On. Alessandra Mussolini

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