venerdì 23 aprile 2010

Una destra che cerca approvazione a sinistra


Marco Tarchi, oggi professore ordinario presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze, ieri ispiratore della nuova destra. Il tentativo della nuova destra di sottoporre la destra almirantiana a un bagno di innovazione venne fermato inventando Gianfranco Fini. L’Opinione analizza oggi con Tarchi gli ultimi colpi di coda finiani.

Il contenzioso aperto da Fini serba per molti delle verità pelose: come può l’ex patrigno di An criticare il leaderismo berlusconiano se in nome del “finismo” sono stati soppressi (dal ’90 ad oggi) tutti i pensieri diversi che affioravano nel contenitore Msi-An?

In effetti, quando Bocchino afferma che “un partito che non ammette le correnti non è pienamente democratico”, fa un’involontaria autocritica, perché è stato Fini, nel 2002, a definire le tendenze organizzate interne ad An una metastasi, è stato lui a censurare ogni forma di dissenso nel partito in cui regnava da sovrano assoluto – atteggiamento ereditato da Almirante, cui deve la carriera – è stato lui che, in spregio dei dettami statutari, ha fatto passare sette anni dal 1995 per tenere il secondo congresso di An nel 2002 e altri otto per celebrare quello di chiusura nel 2008. È evidente che la democraticità non c’entra con i veri motivi del contendere; è solo un pretesto polemico.

In molti ricordiamo Gianfranco Fini silenzioso e nell’angolo, lontano dall’immaginare l’autorevole terza carica dello Stato. Il Fini di oggi le sembra un gigante con gambe d’argilla? O meglio il volto della destra che piace alle sinistre, cioè quello d’una destra che non becca voti?

Fini non è mai stato un gran stratega. Ha viaggiato, bene, sulle ali della tattica e della capacità di cogliere le opportunità che gli si presentavano, dote in cui hanno avuto peso la spregiudicatezza e il cinismo di cui è ampiamente provvisto. Ma per riuscire aveva ed avrebbe bisogno di essere il solo gallo nel pollaio. In An era così, adesso no.

Pare che Fini abbia detto ai suoi ex colonnelli “venite, seguitemi, rifaccio An”: di rimando gli è giunta risposta “stiamo bene con Berlusconi, tornaci tu in An”. E’ stato un dialogo tra sordi o s’è finalmente detto basta ad un equivoco politico?

L’opportunismo è stato alla radice dell’esperienza di Alleanza nazionale, nata sulla scia della non prevista apertura di Berlusconi nel bel mezzo del crollo dei partiti storici dell’Italia repubblicana. La classe dirigente di An ha accettato pressoché in blocco una serie di svolte perché convenivano in termini elettorali e di legittimazione a governare, non per convinzione profonda. Che oggi continui a ragionare secondo la logica del maggiore vantaggio conseguibile non mi sembra una sorpresa.

Berlusconi viene accusato di populismo da un Fini che ci sorprende con aperture a sinistra, inviti alla lettura dei discorsi di Nenni e Berlinguer, voto agli immigrati, elogio dell’autore di Gomorra… Non le sembra che il salotto buono dell’economia abbia conquistato il presidente della Camera?

Quando si hanno grandi ambizioni, in politica, bisogna avere gruppi di interesse o blocchi sociali corposi per portarle a buon fine. È evidente che Fini, non potendo al momento puntare sui secondi, cerca di appoggiarsi ai primi, pronunciando parole che vadano nel senso delle loro aspettative o richieste. E, sapendo di non poter suscitare grandi simpatie nell’elettorato di destra, con le sue attuali posizioni, cerca di legittimarsi come leader governativo di compromesso presso i suoi supposti avversari.

La Lega ormai impazza anche in Toscana ed Emilia. Il popolo di destra vota Carroccio e boccia Fini. Per certi versi la Lega ha qualcosa di quella terza via che s’auspicava?

Non dispiace a un certo numero di elettori di sinistra per le sue aperture sociali, che la staccano dal cliché dei partiti borghesi, e a destra attrae per le chiusure all’immigrazione, i discorsi “legge e ordine” e l’immagine di “partito del fare”. Il mix, per ora, funziona.

Ha visto la foto di Fini a fianco di Montezemolo? Lo sa che qualcuno già parla di quadrunvirato Fini-Casini-Montezemolo-Rutelli?

Sì, ma in un pollaio con troppi galli le baruffe sono certe.

Non le sembra che oggi Berlusconi risponda meglio di Fini al percorso che si sperava un tempo per la destra?

Direi piuttosto che, meglio di Fini, parla il linguaggio di certa destra, conservatrice e liberale, ma vicina, nel suo stile, alla mentalità e alle aspettative di quell“uomo qualunque” che in politica continua a contare nel momento in cui si aprono le urne elettorali.

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