venerdì 1 ottobre 2010

Cappellacci azzera la sua giunta: ipotesi dimissioni per il Governatore

L'ultimo scontro politico con gli alleati (e fra gli alleati) ha generato una decisione clamorosa, che ha colto impreparato il mondo politico isolano. Nessuno degli assessori prevedeva questa conclusione, al momento della chiamata serale per un veloce ritorno in sala giunta. Ma la constatata impossibilità a chiudere questa verifica politica ha convinto Cappellacci a condividere con tutta la maggioranza questo momento di grande difficoltà: sardisti e riformatori non si sono presentati all'incontro di ieri, rompendo quel traballante accordo con l'Udc e facendo a pezzi l'alleanza di governo.

COSA È SUCCESSO Giornata convulsa. La seduta di giunta della mattina si chiude in un clima particolare, perché poteva essere l'ultima con quell'organico. Nel pomeriggio, il primo strappo: il Partito sardo e i Riformatori si chiamano fuori, consegnando al presidente un documento con otto punti programmatici e sottolineando che «il presidente della Regione ha da tempo acquisito ogni informazione utile alla composizione della giunta migliore possibile, cosa che rende superfluo ogni ulteriore confronto in merito». Cappellacci si ritrova con l'Udc (Giorgio Oppi e Sergio Milia), l'Uds (Mario Floris) e l'Mpa (Franco Cuccureddu). Il Pdl non era convocato, l'assenza di Mariano Delogu (in Senato per il voto di fiducia) è ininfluente. Il confronto si chiude senza decisioni, ma con un mandato per il presidente a risolvere in fretta questa situazione.
La fumata nera rende Cappellacci più determinato, il governatore realizza che le condizioni per arrivare a un accordo non esistono. La sua proposta (cinque assessori al Pdl, due tecnici e cinque poltrone per gli alleati) non cambia e non cambierà e la frattura fra sardisti e Udc (consumata di fronte all'ascensore del Consiglio) gli fa prendere una decisione delicata. Richiama gli assessori a Villa Devoto - da ieri tornata a essere una sede istituzionale - e di fronte ai pochi presenti (alcuni assessori erano già ripartiti verso casa) comunica in pochi minuti che oggi ritirerà le deleghe a tutti. Si chiude una fase, se ne apre un'altra, una crisi dove le uscite non sono visibili.

I RETROSCENA Cappellacci poteva ricostruire la giunta con i partiti che lo sostengono e confermando i tecnici di sardisti e Riformatori, evitando di aprire la crisi. Oppure alzare il tiro e sottolineando l'impossibilità di trovare un accordo. Ha scelto la seconda strada e sarà un incontro delle forze di maggioranza - la convocazione dovrebbe arrivare oggi - a cercare di ricostruire i pezzi dell'alleanza. Fra Udc e sardisti è alta tensione, dopo lo scontro verbale fra Oppi e Paolo Maninchedda. I Riformatori tengono duro, un possibile accordo sulle elezioni a Cagliari sarebbe un salvagente per riportarli “dentro”. Da ieri, un piede nella giunta ce l'ha l'ex presidente Floris, al quale andrebbe la quinta poltrona alleata . Il confronto si gioca anche e soprattutto su incarichi di sottogoverno, direzioni generali sbattute sul tavolo del confronto, nomi di peso che i partiti spingono in abbinata col proprio assessore.
Tutto questo, ha convinto Cappellacci a dire «basta». Ma i problemi emersi in queste ultime settimane saranno gli stessi con cui dovrà confrontarsi da oggi.

LA FRATTURA Nel documento consegnato al presidente, sardisti e riformatori rilevano come «i tempi della maggioranza nel rafforzare la giunta siano sempre meno compatibili con la drammatica situazione economica della Sardegna». Una situazione di «scollamento» dalla vita politica che metterebbe a rischio «gli stessi presupposti della convivenza civile in Sardegna». Inutili le consultazioni e le verifiche, scrivono, perché «riteniamo che il presidente della Regione abbia da tempo acquisito ogni informazione utile alla composizione della miglior giunta possibile». Quindi, gli otto punti da condividere nella maggioranza: «Riforma strutturale della spesa nella finanziaria 2011 per liberare risorse allo sviluppo; riduzione del numero dei consiglieri regionali; riforma del sistema sanitario; sblocco dei trasferimenti ai Comuni e agli enti locali; abolizione delle province e dei consorzi industriali; riforma della burocrazia regionale; nuove leggi su sviluppo e occupazione; riforma dell'istruzione».

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