mercoledì 24 novembre 2010

Stillicidio irresponsabile: la fiducia non basterà


A questo punto, la fiducia al governo serve a poco. A meno che non sia (e mi sembra di poterlo escludere) talmente va­sta e politicamente significativa da avviare un "secondo tempo" della legislatura. Ma continuare così, con questo stillicidio con­tinuo, con questo avvelenamento quoti­diano, non è più possibile. Non è soltanto la coalizione di centrodestra a logorarsi, ma la società italiana che sta scivolando verso il baratro.

Sono praticamente sette mesi che le isti­tuzioni rappresentative e lo stesso esecuti­vo non producono più nulla. La guerriglia intrapresa da Futuro e libertà sta progressivamente paralizzando ogni attività. Che poi i finiani giochino tutta la loro partita nel demolire l'avversario (alleato di ieri) è del tutto ininfluente ai loro scopi: la missione che si sono dati è creare i presupposti dell'ingovernabilità e dunque la distruzio­ne del centrodestra. Gli danno una mano, pur senza farli uscire dall'isolamento poli­tico nel quale si sono cacciati, le contraddi­zioni all'interno del PdL che esplodono con una frequenza impressionante: nes­suno sembra riuscire ad arginarle.

ARENA AZZURRA

Il partito berlusconiano non è un asilo, come è stato scritto, ma un'arena di gladia­tori nella quale si affollano odi ed idiosin­crasie, diffidenze e cattiverie, paure e risentimenti. Il "vizio d'origine" è noto, lo abbiamo descritto un'infinità di volte: il frettoloso ed approssimativo atto di fon­dazione. Ma a questo punto, è inutile pian­gere sul latte versato. Sarebbe però oltre­ modo suicida se si continuasse a far finta di niente, a nascondere la polvere sotto i tap­peti, a negare le evidenti difficoltà che im­pediscono, nelle condizioni attuali, il pro­sieguo dell'attività di governo.

Agli attacchi concentrici e preordinati Berlusconi ci è abituato. Per fronteggiarli, tuttavia, deve trascurare il governo, este­nuarsi in mille mediazioni, soccorrere i moribondi del suo partito, occuparsi delle paturnie di questo o quel coordinatore, del malessere di tanti parlamentari che bussa­no a Palazzo Grazioli per chiedere riconoscimenti e considerazione. Tra un vertice e l'altro deve pure farsi carico delle guerricciole intestine tra signore del PdL qualcu­na delle quali, con poco senso della grati­tudine e tanta ambizione da soddisfare, non trova niente di meglio che gettare ben­zina sul fuoco invece di impegnarsi per spegnerlo. La Campania sta morendo: non è colpa di Berlusconi, ovviamente. Sono vent'anni che agonizza. Ma l'estrema un­zione dovrebbe dargliela il Cavaliere. Stretta com'è tra camorra, politicanti, affa­risti la Regione non sembra in grado di ri­prendersi e l'affondo diventa più facile contro chi sulla sua rinascita aveva scom­messo tutto all'inizio della legislatura. C'è da chiedersi che cosa sia accaduto in poco più di due anni.

Anche i buoni risultati economici, non supportati da una politica fantasiosa, da investimenti necessari nei campo della ri­cerca, della cultura, dell'istruzione sono destinati a ridursi in polvere. E la lotta alla povertà, se non corroborata dallo smantel­lamento dei santuari dell'evasione fiscale, resterà un'utopia. Gli indiscutibili successi conseguiti nel contrasto alle mafie, segnati dalla cattura di pericolosissimi latitanti, sbiadiscono di fronte al cumulo di immondizie che sommerge Napoli e fa il giro del mondo. Come uscire da questo inferno nel quale le luci si spengono e si accedono ad intermittenza? Con la politica, natural­mente. Ma non la si può efficacemente e con continuità praticare se il Parlamento si trasforma in un Vietnam, se il respiro lun­go di cui il governo avrebbe bisogno diven­ta cortissimo, se le trame s'infittiscono non per mandare a casa Berlusconi, ma per rosolarlo a puntino e guadagnare tempo af­finché altre iperboliche proposte politiche abbiano il tempo di strutturarsi.

STACCARE LA SPINA

E meglio staccare la spina, allora. Si dice che le elezioni anticipate sarebbero una follia in questo momento. Perché, scusate, ciò che sta accadendo è meno folle e deva­stante per il Paese, gli italiani, le istituzioni repubblicane? Per resettare tutto non ba­stano tavoli sotto i quali si nascondono gli stiletti dei vili che tramano nell'ombra. Ol­tretutto non è dignitoso aggrapparsi alle il­lusioni per poi morire dissanguati: meglio anticipare il colpo e resettare tutto con un appello al popolo. Quindi, vada come deve andare. Ricordo che le democrazie muoiono anche per l'inerzia del potere che gene­ra anarchia. Nessuno, tantomeno chi ha ottenuto suffragi plebiscitari, può sottrarsi al giudizio popolare quando l'ingoverna­bilità viene certificata con il clamore di questi giorni. Le elezioni, a ben vedere, so­no il male minore. Me ne sono convinto dopo aver a lungo sperato in una ricomposizione del quadro politico. Ha vinto l'irre­sponsabilità: prendiamone atto.

(di Gennaro Malgieri)

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