martedì 8 marzo 2011

La cultura "destrista" è viva e ci sarà anche dopo Berlusconi

Prima o poi se ne doveva parlare. Della diaspora della destra, naturalmente. Come non accorgersene dopo tutto quello che è successo? Ormai, chi ha militato nel Msi e in An, si ritrova un po` dappertutto, tranne che a sinistra. Il capolavoro di Fini, dunque, è riuscito.

Per quanto il grosso delle truppe sia saldamente attestato nel PdL, non mancano gruppi e gruppuscoli nel cui ambito si ritrovino simpatizzati vecchi e nuovi di destra per niente disposti a cedere sul piano dei valori e delle idee. Probabilmente è proprio in Futuro e libertà che è più sbiadita la matrice "destrista" anche se il leader dell'improvvisato (e già agonizzante) partitino sta correndo ai ripari per accreditare comunque una destra dai contorni indecifrabili, dopo aver sperimentato il tormento dell'abbandono da parte dei suoi. Paradossalmente, però, come testimonia il discorso tenuto davanti a pochi intimi domenica scorsa, si ritrova in un indistinto Centro nel quale conta poco o niente.

LA DIASPORA

Della diaspora, comunque, se n'è accorto Mattia Feltri che in un brillante reportage sulla Stampa sottolinea come la seconda Repubblica abbia portato la destra al governo ma distruggendone l'identità. Le cose non stanno proprio così anche se tutto congiura perché in questo modo vengano percepite.

Il big bang finiano è stato il punto d'arrivo di un malessere che proprio l'ex-leader di An aveva fatto crescere fino al punto di non controllarlo più, tanto che improvvisamente, nel febbraio 2008, solitariamente, decise di intrupparsi nel partitone berlusconiano senza aver minimamente tentato di promuovere una discussione almeno tra i dirigenti sui limiti ed i possibili rischi dell'adesione al Pdl. Nonostante tutto, però, e soprattutto malgrado le fughe in avanti di Fini su tematiche di grande rilievo per la destra, dal laicismo al sostanziale ripudio della riforma dello Stato in senso presidenzialista, la destra come tale, e cioè diffusa e comunque operante laddove i suoi elementi si situavano, non ha mai perduto la propria identità, mantenendo intatta la sua cultura di riferimento come dimostra anche l`attivismo dei suoi ministri e sottosegretari, oltre che dei parlamentari stessi ai quali tutto si può rimproverare tranne di non aver svolto il loro compito coerentemente con i principi di una destra dialogante e collaborativa con altre anime del centrodestra.

Dov'è allora il problema che Mattia Feltri giustamente segnala? E nella endiadi, dissoltasi da tempo, tra neofascismo e destra stessa. «Il fascismo fu archiviato con tutto il Novecento - scrive - in sbrigativi congressi o addirittura in isolate e apodittiche sentenze ma, quando sarà conclusa la galoppata di Silvio Berlusconi, è la destra che rischia di svaporare senza un lamento».

LENTA ARCHIVIAZIONE

L'archiviazione del fascismo è stata lenta, progressiva, meditata ed ha preso le mosse proprio da Almirante ben prima che l'astro di Fini si manifestasse. E addirittura, nel 1948 fu Augusto De Marsanich, che i futuristi neppure ricordano, che lanciò un proclama destinato a diventare storico: «Non rinnegare e non restaurare», riferito al movimento dei "vinti" che muovevano i primi passi.

L'esito del lungo lavorio è stato l`uscita dalla "casa del padre", come si disse a Fiuggi, per costruire un soggetto più adatto ad attirare consensi e interpretare nuove istanze nell'Italia bipolare attraverso il quale la destra, più con le idee che con gli apparati, potesse farsi sentire. E presto per dire se la contaminazione sia riuscita. Quel che appare inoppugnabile, provato dal fatto che ne stiamo discutendo, è che essa resisterà anche al dopo-Berlusconi, incarnandosi magari in altre forme e prendendo contezza che i temi con i quali si deve confrontare sono già iscritti nel suo codice genetico: la sacralità della vita e la centralità della persona, il sovranismo negato ma che si fa strada anche tragicamente, la modernizzazione delle istituzioni incentrata sull'elezione diretta del capo dello Stato, la coesione sociale e la sussidiarietà, una certa idea dell`Europa delle patrie e dei popoli unitamente alla difesa dell'identità culturale della nazione italiana non meno che di quelle continentali. A questa destra si può opporre lo scetticismo di tanti intellettuali, ma anche di alcuni politici, che vorrebbero vederla maggiormente protagonista. Ma da qui a concludere che essa non esista, è totalmente ingiustificato. E il caso, invece, che emerga meglio e con maggiore sostanza politico-culturale, non certo per invocare impossibili ritorni al passato, ma per inverarsi in nuove forme salvaguardando la sostanza dei valori ispiratori.

Non so, naturalmente, se tutto questo basti. So solo che le idee sono inestinguibili, magari si trasformano, ma non muoiono quando sono radicate. Perciò se ci si guarda intorno, non mi sembra che alla destra sia stato celebrato un funerale. Qualcuno ci ha provato, ma senza riuscirci: mancava la salma.

(di Gennaro Malgieri)

Nessun commento:

Posta un commento