sabato 18 giugno 2011

Rifondare la destra: / 2 Ripartiamo dai doveri


La destra ha un futuro, in questo crepuscolo del berlusconismo? Alessandro Campi, studioso di politica e consigliere di Gianfranco Fini al momento della fondazione di Futuro e Libertà (alla storia il compito di dirci se la colpa (è stata più del consigliere o del consigliato), afferma che non ce l’ha. Sarebbe facile rispondere che l’avvenire più in bilico è proprio quello del Fli (perfino Campi se n’è accorto, dissociandosi recentemente), ma vorrei prenderla un po’ più alta.

Anche perché la domanda sulle sorti della destra non è una domanda da poco, non preoccupa solo finiani ed ex-finiani, ma angoscia tanti amici, tanti lettori avviliti dalle ripetute batoste subite dal governo. Io però non sono preoccupato più di tanto e provo a spiegare i motivi. Innanzitutto perché nel Berlusconi IV tutta questa destra non ce la vedo. Non bisogna fermarsi alle apparenze, alle dichiarazioni. Mi piace quello che dice Daniela Santanché, donna di destra dura e pura, però non mi sembra che il suo tardivo ingresso come sottosegretaria a-non-ho-capito-bene-che-cosa abbia spostato di un millimetro l’azione (o l’inazione) del governo. Mi sono quasi commosso quando Tremonti evocò con riverenza la triade Dio-Patria-Famiglia, ma, a parte che sono passati tre anni (non è che nel frattempo ha cambiato idea?), il sistema fiscale continua a punire i genitori con prole e a far pagare due volte (con le tasse e con le rette) chi manda i figli nelle scuole cattoliche, le uniche capaci di insegnare ai pargoli non dico a vivere ma almeno a farsi il segno della croce.

Ignazio La Russa ha indubbiamente la faccia feroce e in questo mondo di ladri è uno dei pochi sinceri amici delle guardie, e in generale degli uomini in divisa, purtroppo il suo entusiasmo per l’insensata guerra di Libia ci ha regalato sbarchi che contribuiscono alla islamizzazione d’Italia. Potrei continuare a lungo questo elenco di parole senza fatti, o con fatti di segno contrario. Potrei anche completarlo citando alcuni personaggi (soprattutto personagge, e passatemi la licenza poetica) che nel governo di centro-destra fin dall’inizio si sono comportate da quinte colonne, da infiltrate. Penso a Mara Carfagna che propugna una legge contro l’omofobia, ovvero contro la libertà di espressione e di giudizio, una legge che mette una spada di Damocle sopra l’intero cristianesimo dalle prediche domenicali alla Bibbia, libro che i sodomiti li seppellisce sotto una pioggia di fuoco. Penso a Stefania Prestigiacomo che alle Pari Opportunità ha dato il suo zelante contributo alla distruzione della figura paterna e da quando governa l’Ambiente non ha fatto nulla per smontare i miti sinistri del surriscaldamento globale, dell’effetto serra, delle energie rinnovabili, anzi li ha fatti propri.

Penso alla ministra Brambilla e alla sottosegretaria Martini, instancabili combattenti del più fanatico animalismo, incrocio fra paganesimo e buddismo che mira a distruggere tradizioni antichissime e meravigliose come la caccia, il Palio di Siena, la pastissada de caval. Ecco perché non sono preoccupato oltremisura: di destra ne perdiamo davvero poca con la caduta prossima o lontana del governo Berlusconi. E che dire del centro-destra non governativo bensì amministrativo? Me la sa spiegare Campi la differenza tra una Polverini ansiosa di applaudire Lady Gaga e un Pisapia che appena insediatosi a Palazzo Marino ha pensato che per risolvere i problemi di Milano la cosa più essenziale fosse patrocinare l’Europride? Per non parlare di Alemanno, ambiguo come si pensava potessero essere solo certi democristiani, che forse non l’ha capito nemmeno lui se voleva sostenere il sabba omosessualista oppure no. Sono d’accordo, una destra simile non ha alcun futuro, se non altro perché nemmeno l’elettore meglio disposto riesce ormai a identificarla, a distinguerla dalla sinistra. Ripeto però che su questa faccenda non ci sto perdendo il sonno perché l’habitat naturale della destra è sempre stato prepolitico, extrapolitico, metapolitico, incrociando solo occasionalmente i riti superstiziosi della democrazia (compresa la superstizione più primitiva di tutte rappresentata dai referendum, istituto reso ostaggio delle plebi dalla sua natura brutalmente meccanica e numerica).

La destra, la vera destra, è divina, come scrisse Pasolini nella poesia in cui pochi giorni prima di morire si dimetteva da cattocomunista. Racchiuse un grande programma in un solo verso: «Difendere, conservare, pregare». Secondo me oggi la destra ha un futuro se ricorda di avere una funzione, e una funzione ce l’ha eccome: in questo momento soltanto lei può difendere l’idea antinichilista che una società sussiste solo basandosi sui doveri (verso i propri figli, i propri padri, la propria terra...), non sui diritti.

Profetizzo quindi una stagione di battaglie ideali, durissime e bellissime. Di minoranza o di maggioranza? Non conta, perché «la maggioranza non può essere il principio ultimo, ci sono valori che nessuna maggioranza ha il diritto di abrogare». (Joseph Ratzinger, Europa. I suoi fondamenti oggi e domani, 2004).

(di Camillo Langone)

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