lunedì 26 settembre 2011

L’occidente indebolito di Kreeft e l’esempio della forza islamica


Ex calvinista di origine olandese, folgorato da sant’Agostino mentre studiava filosofia a Yale, il settantaquattrenne filosofo Peter Kreeft è un importante apologeta cattolico americano, autore di libri di successo come “Venti argomenti sull’esistenza di Dio”, “Socrate incontra Kant” e “Tra Allah e Gesù”. Intervistato martedì scorso da Avvenire, Kreeft ha riproposto la tesi dell’occidente nemico di se stesso, che sbaglia a temere l’islam perché la sua fine può arrivare solo dall’“edonismo mondano e socialmente rispettabile” che ha preso il posto della fede e si è fatto religione. Dovrebbero invece imparare, le società secolarizzate, ad apprezzare la “forza spirituale, robustezza, volontà di combattere soffrire e sperare” dei musulmani, come pure la loro capacità di praticare “molte delle virtù cristiane meglio dei cristiani, in particolare l’amore per le famiglie numerose”. Kreeft è convinto che tra cristianesimo e islam possa esserci alleanza contro il relativismo, e a convincerlo, ha scritto, c’è anche l’esperienza del padre, “appartenente alla chiesa riformata olandese, che divenne una sorta di missionario laico tra i musulmani del suo quartiere. Non ha convertito nessuno ma si è fatto molti buoni amici, nel più profondo e reciproco rispetto. Teneva il Corano in casa, sempre attento a non metterlo né sotto la Bibbia (sarebbe stata una bestemmia per i musulmani) né sopra (sarebbe stato tradire la Bibbia)”.

Il richiamo del filosofo americano è convincente, ci dice il rappresentante dell’Osce per la lotta all’intolleranza e alle discriminazioni contro i cristiani, Massimo Introvigne. Con riserva: “Kreeft ha in mente l’islam americano, che partecipa alle marce per la vita e contro i matrimoni gay con i cattolici. Lo stesso ‘sguardo deficitario sulle donne’ che Kreeft attribuisce alla cultura islamica, e che vede compensato da un’attenzione alla trascendenza da noi appannata, negli Stati Uniti è semplice folclore. Nell’islam americano sono marginali certe dinamiche intolleranti e violente che invece agiscono nei paesi musulmani e anche nell’islam europeo”. Kreeft, aggiunge Introvigne, “dovrebbe ricordare Benedetto XVI a Ratisbona. Il cristianesimo ha certamente un nemico nel laicismo che innalza muraglie insormontabili tra religione e politica e che abbiamo visto all’opera in questi giorni, in Germania, tra i contestatori del Papa. Ma la chiesa cattolica ha sempre condannato la confusione tra religione e politica. In Arabia Saudita, se non vai in moschea per tre volte, arriva la polizia religiosa e ti ci porta per forza. Nell’occidente cristiano, nemmeno ai tempi di Carlo Magno e di san Luigi c’era la polizia religiosa che ti portava a messa”. Ma Kreeft ha ragione, continua Introvigne, “quando dice che nel vuoto della fede si annida il disfacimento. E’ vero quello che scrive il sociologo Andreas Püttmann in ‘Società senza Dio. Rischi ed effetti collaterali della scristianizzazione della Germania’: coloro che apprezzano il Papa quando, come a Ratisbona, critica i musulmani, sono gli stessi che appena la chiesa chiede un minimo di rilevanza pubblica, la attaccano”.

Anche padre Bernardo Cervellera, direttore di Asianews, si dice d’accordo con le premesse della tesi di Peter Kreeft: “E’ vero che il problema dell’occidente è interno. Se morirà, accadrà perché si sarà inaridito internamente e avrà perso identità, sopraffatto dai tecnicismi e dall’economia. Abbiamo sentito la Merkel dire che, se finisce l’euro, finisce l’Europa, come se l’Europa non fosse qualcosa di più grande. E’ un esempio di quanto sia sia atrofizzata la coscienza europea, e di quanto sarebbe stato importante rinsaldare le radici cristiane, piuttosto che affidarsi a parametri di tipo materialistico, di individualismo estremo. Qui c’è la vera fragilità dell’Europa e dell’occidente, ha ragione Kreeft. Quanto a imparare dall’islam, un cristiano può imparare da tutti. I musulmani hanno per esempio il coraggio di pregare in pubblico, cosa che i cristiani sono a volte restii a fare”. Kreeft sottolinea che i musulmani amano le famiglie numerose: “Non si impara dai musulmani a fare i figli, è dalla speranza che si impara a fare i figli. Se oggi l’occidente non fa figli è perché va perdendo la speranza. Ma come dimenticare che dell’islam fa parte la sottomissione totale della religione al potere, e della fede dell’individuo alla massa? Il cristianesimo ha scoperto la persona, l’individuo come la base della decisione e della libertà”.

Quanto alle alleanze possibili, Cervellera ricorda che “nel dialogo culturale questo avviene già da tempo. Penso alla Conferenza Onu del Cairo sulle donne, nel 1994, quando c’è stata unità d’azione tra Vaticano e paesi musulmani contro le dichiarazioni sui ‘diritti riproduttivi’. Ma se in occidente siamo segnati dall’individualismo, il mondo musulmano lo è dai clan, e oggi è sul concetto di individuo che si gioca anche la crisi dell’islam. Kreeft sbaglia a credere, a partire dai dati della demografia, che l’islam sia in grande fioritura. L’islam è culturalmente in gravissima crisi. I sommovimenti ai quali assistiamo sono effetto della frustrazione degli individui per non riuscire a trovare posto in un mondo che si sta secolarizzando troppo velocemente. Tocca a noi cristiani aiutare l’islam. A noi che ci siamo trovati di fronte all’inimicizia radicale verso Dio e all’ateismo assoluto, senza mai pensare che la reazione dovesse essere la distruzione dell’ateo”.

La storica Lucetta Scaraffia è d’accordo con Kreeft, “quando denuncia la perdita di contatto dell’occidente cristiano con le proprie origini. Mi hanno colpito certe interviste fatte in occasione del Ramadan ad alcuni italiani diventati musulmani. Dicevano cose perfettamente riconducibili a una vita devozionale cristiana, che però loro avevano per la prima volta scoperto nell’islam, credendole peculiari di quella religione. Significa, come dice Kreeft, che c’è stata un’interruzione nella trasmissione della tradizione cristiana. Colpa della secolarizzazione selvaggia che ha considerato la tradizione cristiana (e quella cattolica in particolare) come una sottocultura fatta di superstizioni, di cui liberarsi. E la chiesa, a differenza dell’islam, non ha trovato modi appassionanti di trasmetterla”.

(di Nicoletta Tiliacos)

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