mercoledì 28 dicembre 2011

Presepe gay, Blondet: l’attacco ai valori cristiani prolungherà la crisi


Anche il centro sociale Paci Paciana, tra i più noti di Bergamo, per Natale ha realizzato, come da tradizione, il classico Presepe. Il bue, l’asinello, Gesù Bambino, San Giuseppe e un altro San Giuseppe. In effetti, di classico, non ha niente. Ma, convinti che i cattolici e la Chiesa debbano adeguarsi ai tempi, han pensato bene di adeguarvi, nel frattempo, la Sacra Famiglia. E hanno realizzato un presepe gay.

«Mi pare un bersaglio molto facile. E’ semplice e un po’ meschino colpire in questo modo elementi del cristianesimo, ritenuti, da chi pratica queste iniziative, semplici credenze, come la verginità di Maria», commenta, raggiunto da ilSussidiario.net, Maurizio Blondet. Sta di fatto che la messa in scena farà parecchio discutere. Quanto meno per il fatto che, avvalendosi di un facile paravento come la lotta alla discriminazione sessuale, si è offeso il sentimento religioso di molti senza che ce ne fosse alcun motivo.

Secondo Blondet, «chi mette in atto simili aggressioni culturali non si rende conto che sta segando l’albero in cima al quale si trova. Queste “credenze” che durano da 2000 anni hanno determinato gran parte di quanto nella società vi è di buono». Qualche esempio chiarisce meglio il ragionamento: «un tempo, anche nelle famiglie che si professavano non cristiane, atee, o comuniste, si viveva, più o meno consapevolmente, secondo valori e virtù originate dal cristianesimo: lo spirito di sacrificio, l’idea di lavorare per i propri figli e non per sé stessi o la consapevolezza che l’egoismo fosse una colpa. Tutto ciò, oggi, sta scomparendo».

Il fenomeno appare ancora più controverso, se lo si legge alla luce della crisi che le famiglie stanno vivendo; e considerando il fatto che ne è l’origine: «La finanza speculativa –dice Blondet -, se questo orizzonte valoriale non si stesse sempre più riducendo, non potrebbe neanche esistere. La finanza, infatti, oggi, è una pratica a bilancio zero: se qualcuno guadagna, è perché qualcun altro ha perso. Si è dissolto il concetto in virtù del quale la natura buona dell’arricchirsi consiste nel generare ricchezza anche per gli altri. Un tempo, del resto, il ricco ci teneva a far sapere che era diventato tale con il sudore della sua fronte».

Oggi, invece, sembra quasi che «la massima di Gordon Gekko, nel film Wall Street, secondo cui l’avidità è bene, sia stata assunta anche nella realtà. Un modo di pensare che fino a pochi anni fa sarebbe stato ritenuto semplicemente vergognoso». Resta una nota positiva: «In questo Natale, un po’ più povero per tutti, il tepore delle famiglie che, per un giorno, tornano insieme, ha rappresentato, come in tutti i Natali, il segno che alcune consapevolezze non sono venute ancora meno del tutto, anche tra i non credenti».

(fonte: www.ilsussidiario.net)

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