domenica 23 settembre 2012

Qualcuno prenda il timone di questo Paese


Consiglieri regionali. Abbiamo visto Er Batman-Fiorito difendere i suoi magheggi bancari con forza leonina in tv, poi De Romanis, l’altolocato de noantri, rivendicare l’innocenza bambocciona della sua festa suina. E la Polverini chiedere al consiglio regionale del Lazio una piega qua e un bigodino là; e la Guardia di Finanza fare toc toc alla porta del consiglio regionale della Campania, si salvi chi può, siamo alla sagra del pecorino marcio. Nel frattempo il mondo va avanti e l’Italia, come nel 1992, sta perdendo il treno delle riforme.

Anche allora un governo tecnico ci mise la toppa, ma solo quella. Andava fatto ben altro per non ritrovarsi vent’anni dopo in uno scenario postbellico. I tecnici di allora cercarono di salvare la lira sotto attacco, controllare (si fa per dire) la spesa e avviare un piano di dismissioni delle Partecipazioni Statali che non è servito a niente. I tecnici di oggi sono ancor più nei guai e senza grandi idee: il sistema politico è alla deriva, gli scandali hanno nauseato l’opinione pubblica a tal punto che due italiani su tre sarebbero tentati dal voto di protesta o dall’astensione, la crisi dell’economia reale galoppa, le stime del Pil sono al ribasso e tutto questo costituisce un formidabile carburante per avventurieri, salvatori della Patria in maschera e ciarlatani che vendono pozioni magiche. In questa fiera carnevalesca, Mario Monti ha fatto pesare il suo indiscutibile prestigio internazionale e la sua capacità di relazione con l’establishment. Ma ha sbagliato a non pungolare il suo ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, (il quale ieri s’è beccato la giusta critica di Sergio Marchionne) e ha sottovalutato la spirale recessiva e le difficoltà della miriade di imprese italiane non orientate all’export.

È un esponente della tecnocrazia e non è di certo uno che ha gran fiducia nel popolo. Ma ditemi: che c’è di meglio in campo? Niente. L’Italia ha un bisogno disperato di cambiare passo. Ci provò negli anni ’80 Bettino Craxi a lanciare la Grande Riforma, ma i suoi propositi s’infransero sul muro eretto dai due titani che co-governavano l’Italia: la Dc e il Pci.

Quelli che prendono in esame il ventennio berlusconiano (e anti) commettono un errore, perché l’immobilismo ha una storia più che trentennale e la cosa surreale è che la riforma più significativa approvata in questo lungo intervallo di tempo, è quella del Titolo V della Costituzione, votata dal solo centrosinistra nel 2001, che ha dato più poteri alle Regioni, cioè a quegli enti che sono tra i principali responsabili dello sfibramento dello Stato e della progressione del debito pubblico. Più poteri a Er Batman... pazzesco. La realtà è che le Regioni sono da abolire e l’Italia è dei Comuni. Tra un baccanale e l’altro è ora che qualcuno prenda il timone di questo Paese e lo riporti sulla terra.

(di Mario Sechi - fonte: www.iltempo.it)

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