giovedì 22 novembre 2012

Marco Tarchi: diffidano della base, conta il capo


Marco Tarchi, politologo, il centrodestra italiano ha molti problemi con la successione post-berlusconiana. Ma anche in Francia, come dimostra l’Ump, le cose non vanno bene. Come mai tutta questa allergia alle primarie?

"Dipende da due caratteristiche psicologiche (verrebbe da dire antropologiche) degli ambienti di destra. Da un lato c’è la considerazione che gli elettori dei partiti di questa area hanno della politica: la ritengono un male inevitabile, un settore delicato in cui devono mettere bocca solo i competenti e gli addetti ai lavori, quindi non se ne vogliono occupare troppo. Rifuggono dal militantismo, hanno interessi maggiori nella vita. Dall’altro lato c’è la tendenza ad affidarsi alle qualità umane (e politiche) di singoli soggetti – i “capi” – più che a quelle di un’indistinta base. Diffidano del collettivo, delle assemblee. Vogliono guide certe e univoche".

Le primarie stanno facendo bene al Pd, si vede dai sondaggi. Ma quale effetto potrebbero avere sul Pdl, con una tale frammentazione di candidature?

"Prima di parlare dei benefici effetti delle primarie sul Pd aspettiamo i risultati. Sulle reazioni dei delusi è meglio non azzardare pronostici. Per i motivi che ho ricordato, molti elettori del centrodestra (riguardo agli iscritti e soprattutto ai militanti e ai dirigenti, il discorso da fare sarebbe tutt’altro) non gradirebbero scontri fratricidi e toni pesanti: ne hanno visti e sentiti fin troppi negli ultimi anni, e lo hanno dimostrato con esodi e disaffezioni. Preferirebbero una designazione univoca e, almeno formalmente, corale".

Il paradosso del Pdl sembra essere questo: da partito a guida carismatica a partito a guida incerta. È la sua nemesi?

"Sicuramente, perché quando ci si affida a un “uomo provvidenziale”, si finisce per fare a meno di dirigenze stabili e articolate, scelte sulla base di precise capacità e competenze. Si ascende nelle gerarchie solo per effetto della benevolenza del capo, o tutt’al più – se si è in presenza di un partito-coalizione qual è il Pdl, in virtù di accordi (sempre soggetti a contestazioni) fra le componenti.
Non sono stati pochi gli studiosi che, di fronte al perdurare dell’onnipotenza berlusconiana, con i suoi corollari di scarsissima collegialità direttiva, hanno ipotizzato un tracollo al momento della successione. Pare non avessero torto".

Quale futuro per la componente più vicina agli ex An?

"Più che dalla loro volontà, dipenderà dalle mosse degli altri settori – ormai molto frastagliati – presenti nel partito. Potrebbero aprirsi spiragli di opportunità all’interno di un nuovo gruppo dirigente unificato, oppure potrebbe rendersi necessario, per contare, staccarsi e puntare su una lista federata a una sorta di replica di Forza Italia ma più caratterizzata a destra. Non sono certo che gli ex-An resteranno uniti in questa fase turbolenta: alcuni loro esponenti si sono avvicinati ai berlusconiani “storici” e non vedrebbero di buon occhio un ricongiungimento con La Destra di Storace, necessario al progetto di cui ho fatto cenno".

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