mercoledì 16 giugno 2010

Francesco Cecchin, 31 anni dopo si chiede ancora giustizia “perchè i nostri figli non conoscano quei torti”

Oggi è una di quelle giornate che difficilmente le persone, che hanno fatto politica e la fanno tutt’ora in uno schieramento, possono dimenticare. I ricordi, le sensazioni, gli umori ma anche i colori e gli odori di un tempo riaffiorano nella mente e nella memoria. Come fossero ieri. Eppure sono passati 31 anni dalla morte di Francesco Cecchin. Un ragazzo di 16 anni assassinato solo perché per alcuni, era dalla parte sbagliata. E non si può morire così, “con le chiavi strette in mano, strano modo per morire…”.
Francesco era un ragazzo come tanti che in quegli anni dal sapore del sangue e dal colore della morte, avevano fatto una scelta di vita. Aveva deciso di impegnarsi in prima persona in anni , era il 1979, dove in molti reputarono meglio rimanere chiusi in casa ad osservare dalle finestre. A vivere passivamente la propria esistenza.
Francesco non era così. La sua, come quella di tanti altri ragazzi, fu la scelta non facile di una generazione. Una scelta fatta di stile, di modo di vita, di coerenza, di gioia e dolore, di sincerità e di impegno per il proprio quartiere, per la sua gente.
Sono passati 31 anni. Tanti, eppure il ricordo è vivo e vegeto ed è servito a molti per andare avanti, per crescere, per dimostrare a tutti, anche agli avversari, di che pasta siamo fatti. Gente che non molla mai, gente disposta a morire per la libertà e per un modo di essere. Uno stile di vita. Per valori che hanno attraversato imperituri la storia, i millenni.
No non è un giorno come altri questo 16 giugno 2010. Tanti anni sono passati, tante cose sono cambiate. Tanti ghetti sono stati chiusi. Anche grazie a Francesco. Anche grazie al suo sacrificio che non è stato di certo vano.
E forse, proprio perché il suo sacrificio non è stato vano, sarebbe giusto che dopo tanti anni i suoi assassini, come quelli di Paolo, come quelli di franco, francesco e di tanti altri ancora, venissero assicurati alla giustizia. Nomi noti a tutti, a noi come alla magistratura,come alle Forze dell’ordine.
Non chiediamo vendetta, chiediamo giustizia che è cosa ben diversa. Una giustizia, nel rispetto delle regole. Così come si conviene in una democrazia degna di questo nome. Perché, come dice una vecchia canzone, “…i nostri figli non conoscano quei torti”.
(di Stefano Schiavi)

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