venerdì 30 luglio 2010

È finito?


Gianfranco Fini è davanti a un bivio. L’ennesimo della sua carriera politica. Ha alzato il livello dello scontro con Silvio Berlusconi a livelli finora sconosciuti e, ora, è costretto ad affrontare le conseguenze. Cosa succederà? Il «delfino» di Giorgio Almirante che ha trasformato il Movimento Sociale in Alleanza Nazionale, che ha contribuito a costruire, assieme a Berlusconi un nuovo centrodestra e un nuovo grande partito del centrodestra italiano, è giunto alla fine della sua parabola politica? Oppure si prepara a lanciare una nuova stagione? Qualcuno lo immagina come ipotetico leader di un centrosinistra diverso da quello attuale. Altri lo immaginano nei panni del Sarkozy italiano che costruisce una Destra più moderna. Abbiamo chiesto a otto giornalisti, opinionisti, osservatori delle vicende politiche italiane di dire la loro. E di rispondere alla domanda che un po’ tutti si pongono: Fini è Finito?

Il giornalista e scrittore Gino Agnese si schiera nettamente dalla parte di Fini: «Non ho dubbi che sia il leader dell’avvenire italiano. Un partito come quello di Berlusconi è un partito personale che nell’Europa Occidentale non esiste. Fini ha senza dubbio un futuro politico. È in testa in tutti i sondaggi di popolarità e questa considerazione che gli italiani di destra, sinistra e centro hanno di lui, non è una cosa senza importanza. La linea politica di Fini è innovatrice e suscita discussioni, opposizioni, consensi. L’ex leader di An prova a mettere a tema le novità del nostro tempo e in questo senso, benché abbia 58 anni, è un leader del prossimo futuro. Il nostro tempo ha messo in soffitta le categoria di destra, sinistra e centro e ci sprona all’innovazione, all’immaginazione. Ci sono delle sfide inedite alle quali non ci sono risposte che si possono dire di sinistra, destra, centro. Fini si è occupato di questo e quindi io ritengo che abbia una grande strada davanti a sé».

Donna Assunta Almirante ammette che lei Fini «non l’ha mai trattato malissimo. È la prima volta che lo faccio, in passato ho sempre cercato di attutire gli scontri perché la responsabilità della sua elezione è anche mia. Ero convintissima che un giovane dovesse succedere a mio marito. Ma adesso, l’unica cosa che dovrebbe fare è andarsene a casa. Fini ha tradito la volontà dei missini che non volevano che venisse cambiato il simbolo da Msi ad An. Io ero d’accordo sul fatto che dessero i voti a Berlusconi ma sapevo che sarebbe successo questo casino. Gli avevo suggerito: fate l’accordo esterno come la Lega, ma tenetevi la vostra casa. Non sarebbe successo niente. Adesso a mio avviso dovrebbe andarsene a passeggio. E pregherei il presidente Berlusconi di non ricominciare il discorso dell’alleanza. Avendo tante legislature e avendo possibilità di poter stare bene economicamente, Fini potrebbe andare a passeggio. Perché gli italiani non gli credono più. Il popolo italiano non lo segue più. L’unica persona che ancora penso possa essere credibile è Ignazio La Russa».

Per il conduttore di Stampa e regime su Radio Radicale Massimo Bordin: «Sarebbe un errore da parte sua se cedesse ad ipotesi diverse dal restare ancorato alla maggioranza. Anche se Berlusconi fosse finito, e a maggior ragione se fosse finito, a lui conviene rimanere attaccato all’elettorato di centrodestra. Non ha grandi chance dall’altra parte. È evidente che il suo elettorato, se c’è, è quello di centrodestra. In fondo lo stanno già tacciando di tradimento. Restando ancorato alla maggioranza potrebbe smentire questa accusa. Loro lo tacciano di collusione con il nemico, nel momento in cui non va dal nemico, gli ha levato un argomento. A me sembrerebbe un errore se dovesse percorrere la strada di ipotetici terzi poli. Fini ha ancora delle carte da giocare anche perché Berlusconi può utilizzarlo come capro espiatorio ma i problemi non dipendono solo dal presidente della Camera».

Lo scrittore e giornalista Pietrangelo Buttafuoco non ha dubbi: «Gli resta solo una possibilità che è quella di radunare attorno a sé gli uomini che lo hanno seguito e non abbandonarli. E poi deve sicuramente evitare di fare un "Predellino2". Quando Berlusconi lanciò l’idea del partito unico lui, prima disse "siamo alle comiche finali", poi andò con il premier. Quello che Fini deve fare è spiegato in ciò che non deve fare. Adesso è costretto a rompere, non può farsi umiliare e non può abbandonare gli uomini che l’hanno seguito fino adesso. È costretto ad avere un destino in solitudine. A ricominciare da zero. È un po’ come quelli che hanno avuto una grande stagione e ricominciano da zero. Ripeto non deve fare un bis del Predellino, e non deve abbandonare quelli che lo hanno difeso in questo momento così delicato. Eliminare adesso le cosiddette tifoserie sarebbe sgradevole. In ogni caso Fini non farà la fine di Follini perché pezzi importanti del potere, anche fuori dai confini italiani, lo sostengono».

Il massmediologo Klaus Davi contesta l’idea stessa della rottura: «Dobbiamo creare un impasse e uscire sui giornali di tutto il mondo per Verdini o Caliendo? Io non sono favorevole ad una crisi di governo sia che la faccia Fini, sia che la faccia Berlusconi. Anche perché non credo che gli italiani capiranno. Di certo, in questa situazione, Berlusconi è maestro. In fondo chi vince in comunicazione? Chi riesce a definire il proprio avversario. Noi abbiamo un’immagine della sinistra più dettata da Berlusconi che dalla sinistra stessa. Il premier è molto forte nel fare un marketing negativo, quindi tendenzialmente vincerà la sfida con Fini. Tra l’altro ho la sensazione che, se alla fine si andrà alle urne, il popolo del Pdl sceglierà in massa Berlusconi. Ci sarà un voto di appartenenza e difesa del Pdl molto forte. Per Fini, comunque, vedo un futuro importante perché è stato un uomo di grandissimo coraggio. Ma sul piano della comunicazione, se ci sarà una campagna elettorale, sarà difficile spiegare che si è mandato a casa un governo, in un momento come questo, per Caliendo, Verdini e la P3».

Per Emanuele Macaluso: «Fini ha accettato una collocazione politica dentro la Destra. Se esce dalla Destra le cose cambiano. E sarebbe veramente la fine di Fini. Il presidente della Camera può avere un avvenire se resta in questo ambito e costruisce una Destra diversa da quella di Berlusconi. Una Destra europea e europeista, democratica, non personalistica. Un Destra che richiami alcuni canoni che erano nella Destra nazionale e alcune ispirazioni dell’Europa. Se fa questo io credo che una battaglia politica può farla. Perché credo che molta gente di destra oggi sia un po’ stanca del partito personale di Berlusconi. C’è una parte della Destra, che non è solo quella che proviene da An, che è stanca di ciò che è hanno visto in questi 16 anni. Questa è la carta che può giocare Fini. Il danno, semmai, glielo fanno Di Pietro e alcuni esponenti del Pd che propongono coalizioni».

Lo scrittore e giornalista Giampaolo Pansa, prende a prestito il titolo di un libro di Antonio Pennacchi e lancia il «fasciocomunismo. Fini ha chiuso con il Pdl. Lui lo sa meglio di tutti. Se si segue un percorso razionale è inevitabile che lui esca e faccia il suo gruppo parlamentare. Dopodiché si vede cosa succede. La sua vicenda futura non ha più nulla a che vedere con Berlusconi. Può avere altri sbocchi? Io ne ho ipotizzato uno parlando del fasciocomunismo. Cioè di Fini che, in qualche modo, va a colmare il vuoto di leader che il centrosinistra ha in questo momento. Si può formare una coalizione diversa. Le alternative sono due: può diventare una specie di meteorite nello spazio che gira da solo (ma Fini è un buon tattico ed è molto giovane rispetto all’età media dei politici italiani, quindi non credo che voglia finire così) oppure dovrà accasarsi da qualche altra parte. L’unica altra parte sarebbe stare al centro di un centrosinistra che non sarebbe più tale ma diventerebbe una sorta di coalizione per la legalità e la giustizia. Poi se il Cavaliere perde le elezioni e le vince la coalizione guidata da Fini o vicina a Fini, la musica cambia».

Per il politologo Gianfranco Pasquino, «rispetto a coloro che si sono opposti in precedenza a Berlusconi, Fini ha il vantaggio di essere un politico. Cioè un uomo che ha una storia politica, una carriere politica e ha una biografia che segnala che è un uomo capace di lottare anche quando ha perso un po’ di potere (come è successo nel Msi). Quindi non è uno che sparisce se perde. Inoltre ha un secondo vantaggio rispetto a coloro che, perdendo, sono scomparsi: ha 15 anni meno di Berlusconi. Io non sono dell’idea di quelli che dicono che il berlusconismo è finito, però il premier ha un problema generazionale e Fini, quindi, ha automaticamente un vantaggio generazionale. Ma oltre a questi due eventi importanti, io ne trovo un terzo che segnala che è difficile che Fini esca dallo scenario politico. Il Paese ha bisogno di un partito di Destra "non cesaristico"? Certamente sì. Se quella è la prospettiva di Fini, può continuare a viaggiare. In più il presidente della Camera ha il vantaggio di avere una qualche concezione istituzionale e il Paese ha bisogno di una riforma istituzionale. Fini è quello che ha idee sufficientemente formulate. Anche su questo terreno ha molto spazio».

(di Nicola Imberti)

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