martedì 16 novembre 2010

Gianfranco tra nostalgici e restauratori. E' così che chiamava i suoi nuovi amici


Irriconoscibile Fini. Vederlo nel presepio allestito da un gruppo politico denominato "Liberaldemocratici", che deve l'elezione di tre suoi deputati a Berlusconi, il quale inopinatamente li candidò nelle liste del Pdl, insieme con Rutelli e Casini, mi ha fatto un certo effetto. Non che fosse nel posto sbagliato, naturalmente, ma l'appassionato trio mi ha ricordato altre stagioni. Per esempio quella del febbraio 2008, quando improvvidamente Fini ruppe con il leader dell`Udc e confluì nel Pdl dopo averlo aspramente avversato. O ancora quella più lontana del 1993, quando da leader del Msi si trovò a competere per la poltrona di sindaco di Roma con colui che l'avrebbe battuto per pochissimi voti: mai sconfitta fu più vittoriosa, si disse. Tanta acqua è passata sotto i ponti e in politica è lecito cambiare opinione. Fini lo ha fatto, negli ultimi anni, con una rapidità tale che molti non sono riusciti a stargli dietro.

Passi per i mutati atteggiamenti su tante questioni politiche e culturali, al punto di sconfessare nei fatti la sua appartenenza alla destra stessa. Ma non si può dimenticare che il 27 gennaio 2007, chiudendo un convegno emblematicamente intitolato "Berlusconismo", organizzato dalla Fondazione Liberal, ricordò, riferendosi all`endorsement fatto dal Cavaliere in suo favore alla vigilia delle amministrative capitoline, che “le parole pronunciate in quell'occasione da Berlusconi, che fino ad allora non aveva mai assunto un impegno politico, furono spiazzanti e determinanti”. Ed aggiunse: “Non c`è ombra di dubbio che da quel momento, con quell'affermazione, e successivamente con la discesa in campo, con la nascita di Forza Italia, col cartello elettorale Lega al Nord-Alleanza nazionale al Sud, poi col Polo delle libertà e con la Casa delle libertà, Berlusconi ha cambiato la storia della politica italiana”.

Adesso dovrebbe toccare a lui, all'ex-leader di An, lo stesso compito, ma non per volontà elettorale come accadde all'epoca. Sarebbe giusto e naturale se avvenisse nei modi e nelle forme dovuti nelle famiglie politiche che hanno condiviso uno stesso destino. Ma che cosa è cambiato in soli tre anni, da quando, cioè, Fini ammise che “noi non siamo soltanto forze politiche che stanno insieme per un programma, perché abbiamo governato insieme, perché oggi siamo insieme all'opposizione o perché in molte realtà locali governiamo ancora insieme. No, l'unità che si è creata in questo periodo che ci separa dal 1994 è un'unità di valori”. Ben detto. Allora, che cosa è accaduto nel frattempo, convinto che era “compito dei partiti decidere se evidenziare ciò che unisce, i valori comuni, oppure al contrario, come mi sembra che qualcuno abbia intenzione di fare - e non mi trova certo d'accordo - mettere in evidenza ciò che può dividere”? Non lo sapremo mai. Come oscuri resteranno i motivi che hanno fatto venir meno quest`altra certezza: “Il problema è essere uniti per i valori del centrodestra, per la realizzazione dei nostri programmi, per tradurre in realtà le aspirazioni del nostro popolo”; tanto più che gli elettori erano “già arrivati a quel livello di consapevolezza”.

Senza ipocrisie, né retropensieri, Fini, con lucidità e generosità, affermava: “Chiedersi oggi chi dirigerà il centrodestra domani, amici miei, è quanto di più stupido possa fare una classe dirigente. Oggi dobbiamo chiederci come rafforzare il centrodestra e dobbiamo lealmente sostenere chi come Berlusconi il centrodestra lo ha realizzato. Il problema non è a chi Berlusconi lascerà la leadership, perché lui c'è, ci sarà e certamente sarà in grado di condurre la battaglia ancora per tanti anni. Il problema è molto più impegnativo, ed è quello di evitare - come dice la sinistra - che il centrodestra sia una parentesi, un`esperienza collegata all'avventura straordinaria e irripetibile di un personaggio come Berlusconi”.

Queste parole non sono state pronunciate nel secolo scorso, ma soltanto tre anni fa. Oggi vengono smentite dall'uomo che si è assunto la responsabilità di mettere fine a quel centrodestra che contribuì, in maniera determinante, a costruire, insieme con tanti militanti, iscritti, elettori e simpatizzanti che da destra venivano ed incontrarono, con lui, sul loro cammino il sogno di trasformare l`Italia. Se non ci si è riusciti, la responsabilità è di tutti, compreso Fini.

Il quale certamente ricorderà parole che suonano sinistre in queste ore, pronunciate sempre nel convegno sul berlusconismo con la convinzione di chi sentiva di partecipare ad un grande processo di rinnovamento nazionale: “Oggi siamo di nuovo al bivio, perché negli anni in cui abbiamo governato abbiamo dimostrato che è possibile un altro modo di concepire non soltanto la politica, ma anche di organizzare la società. Oggi i nostri avversari sono ovviamente le sinistre, ma sono le sinistre alleate di tutti restauratori, di tutti coloro che vogliono riportare le lancette della politica non a cinque anni addietro, ma ancor prima del '94”.

Sono, per caso, quelle stesse sinistre che applaudono Fini come loro oggettivo alleato nel far cadere il tiranno e restaurare la gloria dell'antica repubblica partitocratica?

(di Gennaro Malgieri)

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