mercoledì 10 novembre 2010

Gli sponsor di Draghi


Chi parla con i moderati di Futuro e libertà, apprende come l'unica carta con cui Gianfranco Fini pensi di poter bloccare il voto anticipato, sia Mario Draghi. Il presidente della Camera considera di poter mettere sul tavolo l'unica personalità che costituisca un`alternativa a Giulio Tremonti per garantire mercati già scossi dalle prime manovre contro il governo Berlusconi (movimenti di mercato pericolosissimi per un paese con il debito come quello italiano). E inoltre spera di coagulare intorno al governatore di Bankitalia un pezzo del partito berlusconiano non alieno da sentimenti antitremontiani e antileghisti.

Qualche autorevole analista collega poi il puntare su Draghi anche all'influenza di ambienti americani su Fini. Più di un osservatore attento, non convinto da questa tesi, ricorda come un governo come quello italiano "tenga" in Afghanistan, aiuti Washington con la Turchia, sia insieme grandissimo amico di Israele e di paesi arabi come la Libia, l'Arabia saudita, e dunque dia un contributo assai utile a un'amministrazione arrancante come quella Obama.

GLI SCENARI

Ma c'è chi ritiene che alcuni ambienti della finanza americana, alcune aree economiche a stelle e strisce innervosite dai rapporti con i russi e anche qualche altro segmento di ambienti d'oltreoceano (compresi settori politici e degli apparati dello Stato) siano un po' indifferenti agli ordini di una Casa Bianca cosi traballante e abbiano proprie mire nel destabilizzare Silvio Berlusconi.

A chi chiede argomenti su questa tesi, chi fa queste considerazioni descrive gli splendenti locali della Fondazione Fare futuro, la sgargiante biblioteca, il flusso continuo di costose iniziative. A chi obietta come molte delle risorse potrebbero provenire dal vecchio Msi, come vi sia un muoversi di certi ambienti economici a partire da un po' di palazzinarismo romano scontento di Gianni Alemanno.

A chi ribatte questi fatti, i sostenitori della "carta americana" fanno presente come certa magnificenza sia tipica solo di chi intercetta quantità consistenti di soldi e queste sono caratteristiche solo di quegli ambienti internazionali che quando investono, non badano a spese. L'eredità del vecchio Msi viene utilizzata in altro modo - dicono quelli della "carta americana" - come si comprende con il caso Montecarlo.

Coi palazzinari e con qualche impresa italiana messa insieme da politici come Adolfo Urso, si fa una Fondazione come quella dalemiana: tre stanzette, una rivistina, selezionate iniziative. Il big money arriva da altre parti.

"L'altra parte" sarebbero dunque gli ambienti americani di cui si accennava. E si completa questa osservazione con la seguente considerazione: Fini è sempre stato un pesce lesso, non ha mai fatto mosse coraggiose, i suoi più abili consiglieri hanno legami innanzi tutto con l'altra sponda dell`Atlantico (rapporti ereditati dal vecchio Gianni Agnelli). La determinazione finiana non è comprensibile se non alla luce di un appoggio che va oltre ai larghi settori della magistratura dello Stato mobilitati contro la prospettiva di Berlusconi al Quirinale. E non sono certo le "truppe" di Luca Cordero di Montezemolo o l'ala giustizialista all'Antonello Montante della Confindustria di Emma Marcegaglia (peraltro contrapposta ai montezemoliani) a dargli il sostegno anche solo "psicologicamente" necessario.

Chi sostiene questa tesi, osserva anche come un governo tecnico di fine anno sarebbe tra l'altro quello incaricato di fare una serie di grandi nomine ad aprile (Eni, Enel, Finmeccanica). E chi darebbe, in questo senso, garanzie a certi ambienti più di un uomo che ha guidato la Goldman Sachs Europa? Non vi ricordate più - dicono i sostenitori della carta "americana" - come avvennero le privatizzazioni degli anni Novanta e chi le guidò a "buon" fine?

SGARBI ISTITUZIONALI

D'altra parte c'è chi nota come Draghi abbia iniziato a ritornare una serie di scortesie, ricevute nel passato, a Tremonti (vedi dati sulla disoccupazione), abbia fatto con una certa ambiguità qualche mossa verso la Cgil (vediun pò fumose considerazioni sui precari), sia rinfrancato perché l'asse Cesare Geronzi-Giovanni Bazoli-Giulio Tremonti è un pò meno coeso di come era qualche mese fa. Si dice che in via Nazionale abbiano assistito anche con una qualche soddisfazione a come gli ambienti laicisti e di sinistra della procura di Roma abbiano dato un bello schiaffo al Vaticano con il caso lor.

Tutto questo è vero. Però Draghi, al contrario di Fini, non è una personalità disponibile alle avventure (anche se "protette" come nel caso del vecchio segretario del Msi), non è un ex neofascista senza reputazione da difendere: chi lo conosce prevede, dunque, che farà solo mosse che siano coperte da "tutti" i lati. Si dice che abbia commentato certe offerte, sostenendo che quel che gli si propone non è un ruolo da Carlo Azeglio Ciampi, padre della Patria, ma piuttosto da Mario Segni, la personalità politica che ambienti americani avevano scelto - con il noto successo susseguente - nel 1992 come garante della transizione.

(di Ludovico Festa - fonte: http://www.libero-news.it/)

1 commento:

  1. Mario Draghi e Giulio Tremonti, se non mi sbaglio, furono due dei crocieristi sul panfilo Britannia quando, tra l'altro, si decis ela svendita del patrimonio industriale italiano ...

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