lunedì 24 gennaio 2011

Berlusconi è il destino dell'Occidente?


L’inquietudine che avvolge la scena politica italiana è divenuta come un denso banco di nebbia, di quelli che impediscono di scorgere non solo l’orizzonte ma anche ad un palmo dal naso.

Le squallide vicende riguardanti la vita del premier hanno preponderato in questi giorni sui giornali come da tempo non accadeva, oscurando qualunque altro evento degno di nota, di fatto rendendo una questione di puttane lo snodo entro cui si sviluppa l’intera vicenda politica italiana.

Su questa attenzione maniacale e a tratti perversa dell’opinione pubblica e dei giornali per la vita sessuale del premier, non è pleonastico annotare che i fatti raccontati vanno ben oltre la sola vicenda giudiziaria, ha un che di raccapricciante ma al contempo può essere utile per una breve analisi.

È venuto alla luce che i più accaniti tra i moralizzatori provengono dalle file del laicismo progressista post sessantottardo a dimostrazione della tesi più volte sostenuta della inevitabilità per il cristianesimo di divenire una religione secolare a sfondo sociale: in pratica il moralismo ateo è cristianesimo secolarizzato. Venuto meno il sostegno del sacro resta solo il vuoto idolo sociale da difendere a spada tratta, i nuovi vescovi provengono chi dall’intellighenzia chi dai rami del parlamento, associati dal comun denominatore dell’essere crociati laici della battaglia moralizzatrice.

Non è indipendente da ciò il vuoto tragico orfano dalle ideologie, crepate di vecchiaia senza aver lasciato eredi. Venute meno le grandiose costruzioni ideologiche da prima repubblica, quelle chiese oscene che furono comunismo e demo cristianesimo, il vacuo rimpiazzo è stato un giustizialismo moralista poco coerente con se stesso, chiesaiolo in quanto settario e anticlericale a un tempo, civilmente disobbediente ma filo costituzionale al midollo, amico della magistratura ma nemico giurato delle forze dell’ordine, poco incline al ragionamento culturale ma tanto amabilmente tracotante come nella miglior tradizione radical, liberal e obamiano, sempre che questo abbia un qualche significato, però ferocemente anti americano. Una disgustosa amalgama dei peggiori luoghi comuni di un pensiero debole senza casa, raccolto non in una comunità ma in individui unici, così da giungere al risultato ovvio di sostenere tesi logicamente ridicole pur di difendere battaglie, a loro vedere, ben importanti. Ma le forze sub razionali collettive hanno bisogno di un punto di sbocco, un nemico dichiarato, insomma un anticristo da maledire come causa di tutti i mali: identificarlo in Silvio Berlusconi è stato tanto semplice da essere banale.

Prima di mostrare come questo giustizialismo sia la nube di fumo che avviluppando le coscienze impedisce di vedere problemi radicali ben più gravi, è il caso di una incisiva quanto mediocre constatazione: il rifiuto di un azione politica contro Berlusconi demandando il compito della battaglia alla magistratura, in maniera strumentale sia ben chiaro nessuno qui pensa che questa sia deviata o manovrata, mostra che o la questione politica è di secondaria importanza, ergo che il Premier stia ben governando, o che sia impossibile per via politica sconfiggere questo Premier, ergo la maggioranza del Paese pensa che questo governo, sia vero o no, stia ben governando. Se le premesse del sillogismo si rivelassero corrette allora sarebbe logicamente concesso sostenere che non esiste opposizione politica ma un altro tipo di opposizione.

Perché, alla fine, quali sono le colpe più gravi che si rinfacciano a questo Premier? L’essere stato responsabile della volgarizzazione della massa, dell’istupidimento collettivo, della corruzione eletta a virtù, della destituzione della democrazia parlamentare. Credo sia folle credere che un uomo possa essere causa di ciò, irresponsabile diffondere l’idea che questo sia davvero.

La degenerazione effettiva imputata al premier non può essere una sua responsabilità per almeno due motivi: è iniziata ben prima della sua nascita, è un carattere proprio a tutto l’Occidente liberale.

Ciò che ingenuamente è mosso come capo d’accusa contro Berlusconi, non sarebbe altro che un movimento storico, un fatto di importanza epocale che comporta il fine dell’Occidente sino dalla sua nascita ovvero il Tramonto, in quanto ideologia laica, razionalista, fedele al progresso e agli sviluppi paralleli di etica e tecnica, ideologia tradita dagli esiti tragici che si manifestano in abbondanza: l’irrimediabile frattura tra sacro ed umano, l’omologazione planetaria ad un unico modello di sviluppo, il dominio di una tecnica impersonale, il carattere totale del lavoro, la devastazione ambientale, la fine degli stati nazionali e lo spostamento del potere dai suoi luoghi tradizionali verso le oligarchie finanziarie.

La fine di una civiltà non deve essere rintracciata in una qualche colpa recondita, errore di sorta o contingenza qualunque ma la si deve ricollegare al naturale corso degli eventi: possiamo vedere, sulle orme della morfologia spengleriana, una civiltà come un organismo che nasce, si sviluppa, vive la sua giovinezza, la maturità e infine la morte. Come ogni vecchiaia anche quella delle civiltà è tragica e segnata dal dolore, dall’insicurezza, dal timore diffuso. Che lo stato di cose ai nostri occhi risulti disgustoso non deve distrarre la vista dalla necessità del processo e dalla sua totalità: coinvolge tutto l’occidente. Non si deve interpretare tutto questo come una decadenza ma, ricordando Heidegger, come processo fondamentale della storia, sua legge destinale e logica interna. Una logica ineluttabile e intangibile, di portata epocale e sconvolgente, tale da poter identificare, in ultima analisi, tutto questo come il nichilismo destino dell’Occidente.

(di Nicola Piras - fonte: http://www.mirorenzaglia.org/)

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