lunedì 11 aprile 2011

L'immigrazione riguarda tutti


Ombre sinistre s'allungano sull'Europa. Dopo decenni di retorica comunitaria, sfociati nel risibile Trattato di Lisbona, privo di principi ispiratori e contraddittorio sulle strutture organizzative, quel che abbiamo davanti a noi è un puzzle di egoismi pre-bellici, caricature perfino degli antichi nazionalismi. Non era questo che immaginavano i Padri della nuova Europa uscita dalla guerra civile continentale.

La crisi mediterranea è stato il detonatore che ha fatto esplodere conflitti latenti e sempre sopiti in ragione delle logiche mercantili ed economicistiche. Ma quando la politica ha fatto irruzione nelle cancellerie europee sono tornati a svolazzare fantasmi che si ritenevano archiviati per sempre.

Oggi, di fronte alle ondate migratorie gestite malissimo ed al rischio concreto che le contorsioni geopolitiche facciano deflagrare i rapporti già precari tra le nazioni, il pericolo che si materializza la balcanizzazione del Vecchio Continente dovrebbe indurre coloro che fanno parte dell'Unione al recupero di un minimo di ragionevolezza allo scopo di trovare un sostenibile accordo nel fronteggiare tanto l'imponente flusso migratorio quanto l'identità stessa continentale incontestabilmente smarrita. La piccola politica, insomma, non serve più; anzi, al cospetto dei danni che ha prodotto, sarebbe bene che la si archiviasse senza indugio. E gli Stati più responsabili, di conseguenza, si domandino piuttosto quale politica può essere funzionale a ristabilire rapporti tali che consentano di affrontare insieme quella che nei prossimi anni potrebbe configurarsi come una lotta per la sopravvivenza. Le cifre dei migranti di questi mesi, per quanto importanti, fanno ridere se si pensa alle masse che potrebbero arrivare dall'Africa e dall'Asia nei prossimi anni in un'Europa che ha rinunciato ad approntare una politica demografica per concentrarsi sulla gretta conservazione dell'esistente che sarà travolto dai nuovi ingressi.

«Regressione delle nascite, morte dei popoli», era il titolo di un libro che alla metà degli anni Venti dello scorso secolo fece scalpore in Europa. Lo scrisse un giovane studioso spengleriano, Richard Korherr, che mise i suoi contemporanei davanti al loro destino: l'esaurimento spirituale di una civiltà che, rinunciando a procreare, avrebbe visto il vuoto colmato dai cosiddetti «popoli giovani» e fecondi, desiderosi di impadronirsi di ciò che gli occidentali lasciavano morire. Mi rendo conto che discutere tematiche del genere con gli «statisti» che affollano gli schermi televisivi è impresa disperata, Ma se non ci si rende conto che al cospetto di un'invasione come quella che si prospetta non si possono chiudere occhi e frontiere di cartapesta lasciando ai più esposti l'onere dell'impossibile difesa del Continente, i risultati saranno devastanti. Perciò i Paesi dell'Ue che ostentano indifferenza quando non aperto egoismo davanti ad una crisi umanitaria e ad una rottura geopolitica come quelle che si stanno producendo nel bacino mediterraneo, condannano se stessi al suicidio ed affossano definitivamente la prospettiva di costruire un'unità di popoli e di Stati in grado non solo di sopravvivere, ma soprattutto di ricomporre un'entità politica che possa affrontare le grandi crisi di civiltà che connoteranno il questo secolo.

Mentre il fronte anglo-franco-tedesco ritiene di poter menare le danze in Europa, stringendo una miope alleanza che s'allargherà già domani in Lussemburgo ad altre nazioni, sostanzialmente contro l'Italia lasciata sola, dalla sponda sud del Mediterraneo si stanno muovendo falangi di disperati che, leggi o non leggi, in tutti modi faranno valere la loro forza.

Come si comporteranno Cameron, Sarkozy, Merkel e compagnia cantante? Spareranno su chiunque voglia «sfondare» le loro frontiere? È follia soltanto pensarlo. Se l'Europa ha ancora un senso (sempre che l'abbia avuto) lo dimostri, senza parti di essa si arrocchino inutilmente, per il semplice motivo che vi sono fenomeni che non possono essere respinti facendo finta che riguardino altri. L'immigrazione è tra questi. Chi conosce la storia delle civiltà, sa che essa ne ha stravolto i connotati.

(di Gennaro Malgieri)

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