giovedì 12 novembre 2009

Nicola Rao si immerge negli Anni di Piombo vissuti a destra

Negli anni Settanta nelle strade di Roma e in quelle di molte città d'Italia si spara per uccidere. La violenza politica è lentamente scivolata dagli scontri armati di bastoni agli agguati a colpi di pistola. Una sorta di Selvaggio West che è stato consegnato alla storia con la dicitura di "Anni di piombo". La lotta armata è ormai una realtà consolidata a sinistra quando anche i neofascisti decidono di percorrere questa sanguinosa strada. La svolta armata di Concutelli e quella molto più dura dei Nuclei Armati Rivoluzionari sono il tema portante del libro Il piombo e la celtica (Sperling&Kupfer editore, 2009) scritto da Nicola Rao. Il testo è l'ultimo atto della "trilogia della celtica" (La fiamma e la celtica del 2006 e Il sangue e la celtica del 2008) e conclude la vasta analisi condotta dal giornalista sul neofascismo italiano dalle origini ai giorni nostri.
Può descrivere il quadro politico che l’Italia viveva nei cosiddetti “Anni di Piombo"?
"Nella metà degli anni Settanta il Paese è in fibrillazione. L'Italia appartiene all'Alleanza Atlantica, ma è una zona di frontiera nel quale si contrappongono due visioni del mondo completamente diverse. E' anche il Paese con il più grande partito neofascista, il MSI, e il più grande partito comunista del mondo occidentale. Per questo si vivono grandi paure: da un lato quello che l'Italia diventi comunista e dall'altro che ci sia una svolta totalitaria di destra con un colpo di stato. In questo clima nelle grandi città inizia una guerra civile minore che ha per protagonisti i più giovani e come campi di battaglia le strade, le scuole e le università. Roma è la città più violenta anche perché qui il numero dei neofascisti è abbastanza grosso da poter reagire".
Quindi conferma la teoria di Mario Fioravanti, papà di Valerio e Cristiano, che ha sempre sostenuto che se i suoi figli fossero vissuti in un’altra città diversa da Roma probabilmente non sarebbero divenuti terroristi.
"Per 12-13 anni Roma è stato un campo di battaglia prima tra bande opposte, poi tra giovani e servitori dello Stato".
Come si arrivò a quel punto e di chi furono le responsabilità?
"Se un fenomeno storico viene analizzato a freddo, è possibile stabilire chiaramente dinamiche e concatenazioni. Ma sei stai dentro questo fenomeno è molto più complicato. Centinaia di ragazzini che giravano per strada armati riuscivano a passare inosservati. Sembra assurdo oggi ma questo era il clima allora. I Nar erano noti a molti nell'ambiente, ma rappresentavano un mistero per i magistrati. Mario Amato ad esempio non avendo alcun elemento sui Nar ipotizzò una unitarietà e una sorta di cupola a destra che in realtà non esisteva".
Il giudice Amato fu ucciso dai Nar, quando i neofascisti decidono di sparare contro lo Stato?
"I Nar hanno iniziato colpendo gli avversari, ma poi Valerio Fioravanti decise di fare il salto di qualità ed emulare le Brigate Rosse nella lotta allo Stato. I Nar volevano così dimostrare di essere rivoluzionari e antiborghesi. Al tempo stesso volevano prendere le distanze dagli stragisti e da coloro che avevano avuto rapporti con lo Stato. Il risultato è stato che alla fine della loro storia combattevano una guerra privata contro l'antiterrorismo".
La lotta armata al sistema venne teorizzata prima dei Nar da Pierluigi Concutelli.
"Concutelli è considerato dagli stessi Nar il loro padre politico. Il suo percorso inizia come quello di tanti neofascisti con gli scontri con i compagni, il mito del principe Borghese, la militanza nel Msi per poi arrivare all'esperienza in Ordino nuovo. E' il primo insieme a Mario Tuti a indicare nelle Br un modello da imitare. Per questo nel 1976 uccide il giudice Vittorio Occorsio, il pm del processo sul Movimento Politico Ordine Nuovo. E' una scheggia impazzita, ma anche un uomo con una forte personalità . Voleva dimostrare che anche i fascisti, in quanto rivoluzionari, fanno la lotta armata".
Oggi sarebbe difficile immaginare che coesistessero nelle stesse sezioni romane i Fini o gli Urso e i Fioravanti.
"E' successo anche a sinistra. Ma la vicinanza fisica non coincide con un comune modello di vita. Dubito che Almirante o Romualdi approvassero una scelta di quel tipo e questo è testimoniato dalla richiesta della pena di morte per i terroristi e dall'invocazione alla massima durezza nei confronti dei terroristi neri".
In più parti del suo libro diversi intervistati mettono in discussione la sentenza della strage di Bologna che condannato Fioravanti, Mambro e Ciavardini perché esecutori materiali. Qual è il suo giudizio?
"Tendo a escludere che siano i Nar gli esecutori della strage di Bologna del 2 agosto 1980. I Nar sono divenuti assassini per seguire una rottura plateale con la vecchia destra stragista e per essere contro lo Stato e non al suo servizio. Non ha senso dal punto di vista storico e politico che un gruppo terroristico che è nato con questa idea poi decida di fare una strage. Anche dal punto di vista giudiziario, la testimonianza di Massimo Sparti appare insufficiente per condannare una o più persone per una strage di questa portata".
Facendo un parallelo con il terrorismo rosso, quello di matrice neofascista sembra più una reazione contro i compagni che ammazzavano i camerati e contro lo stato che in qualche modo tollerava.
"Ci sono tre elementi che distinguono il terrorismo nero da quello rosso. Sicuramente fu un terrorismo di reazione. Erano anni in cui l'antifascimo militante era un pensiero dominante che portava a definire malato chi si definiva di destra o fascista. Quando la violenza esplode, e in quegli anni era arrivata ai massimi livelli, è difficile dire chi abbia iniziato. Gli altri elementi sono poi l'emulazione verso le Br e la ricerca di discostarsi dalla vecchia destra. Questi sono gli elementi principali ma ce ne sono anche altri".
Quali sono?
"L'età media dei militanti dei Nar era molto bassa. Basta pensare che quando Valerio Fioravanti viene arrestato ha solo 23 anni ma ha commesso moltissimi crimini. I militanti rossi hanno 10 o 15 anni in più. Questo spiega anche la differente consapevolezza politica dei brigatisti e la pochezza politica e culturale dei Nar. I Nar sono stati un fenomeno limitato nel tempo e nello spazio. Infine le Brigate rosse avevano l'obiettivo preciso di abbattere il sistema per costituire uno stato comunista. Quella dei Nar è stata una guerra nichilista".
(fonte: www.tiscali.it)

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