sabato 24 aprile 2010

Massimo Fini: un ritorno alla politica? Solo dopo la fine di Berlusconi

Nel mondo globalizzato governato dalle elite di potere che controllano i media la politica si fa in tv. I leader contano sul proprio carisma personale amplificato dal Web e, soprattutto, dalla televisione. Ma quando si apre il confronto senza mediazioni, ecco le crepe nella struttura di un potere che appariva blindato agli elettori, sempre più ridotti a spettatori impotenti. E' così per Barack Obama alle prese con i vari fronti di guerra in Medio Oriente e con riforme tribolate negli Usa, è così anche per Silvio Berlusconi messo in discussione e incrinato nella sua immagine di leader assoluto dal co-fondatore del Pdl, Gianfranco Fini. Massimo Fini, scrittore e giornalista fieramente indipendente rispetto ai tradizionali schieramenti politici, pensatore non allineato, analizza i possibili scenari a cui va incontro il nostro Paese nei prossimi tre anni di governo Berlusconi. Il federalismo farà a pezzi l'Italia o la modernizzerà? Come ristabilire il rapporto di fiducia tra elettori ed eletti? A più ampio raggio: che ruolo può avere l'Europa nel creare un modello sociale e politico alternativo alla globalizzazione made in Usa? Proviamo a capirlo.
Fini, cominciamo con una valutazione del voto regionale. Il centrosinistra arretra e si chiude nelle sue roccheforti, la Lega si prende il Nord. Il Pdl tiene ma fibrilla. Andiamo verso un Paese sempre più frammentato e in mano a lobby di potere?
"Innanzi tutto, e non bisogna dimenticarlo, il voto regionale ha detto che almeno un italiano su tre non è andato a votare, il che vuol dire che la gente non crede più a questa politica. Quanto al discorso allarmato sull'Italia dei ricchi che scappa e lascia indietro i poveri, l'ampliarsi delle differenze tra classi privilegiate e un ceto medio sempre più impoverito è un fenomeno che riguarda l'intero mondo occidentale e va letto a più ampio raggio".
Ma quando Bossi strepita che la Lega dopo il successo elettorale spingerà a tavoletta sul federalismo fiscale e andrà a controllare le grandi banche del Nord, la sua è solo demagogia oppure c'è da preoccuparsi?
"Anche qui facciamo un passo indietro e ampliamo lo scenario. Se ha ragione di esistere il progetto di un' Europa politicamente unita a tutti gli effetti, allora i nuovi punti di riferimento diventeranno le macro-regioni. Ad esempio la Liguria con la Provenza, nella progressiva riscoperta delle piccole patrie. I discorsi nazionalistici saranno pura forma. Ma ci vorrebbe un localismo coerente, tipo quello degli indipendentisti corsi dell'ultima generazione. I quali non sono contro lo sviluppo ma non ammettono che la modernizzazione avvenga a discapito della loro storia, della tradizione. E per questo non hanno problemi, per riassumere, a rinunciare al frigorifero per tornare alla ghiacciaia. L'alternativa è illudersi che il ritorno al dialetto ci tenga a galla in un mare globalizzato di Coca Cola. Per questo il federalismo predicato dalla Lega negli ultimi tempi è falso e privo di senso. Era forse più interessante un precedente scenario disegnato dal Carroccio, con l'Italia divisa in tre macro-aree diverse per risorse, storia e ambiente".
Quanta colpa ha la sinistra nell'affermazione di Berlusconi?
"Ne ha tanta. Non ha mai fatto, quando era al governo, una legge sul conflitto di interessi. Questo ha permesso al premier di prendere il potere dopo aver forgiato, a suon di spettacolini televisivi, la mentalità dell'italiano medio per oltre vent'anni. La presa economica, mediatica e politica di Berlusconi sul Paese ora è tale da renderlo imbattibile. Malgrado gli scandali e le leggi ad personam".
Insomma, televisione sempre cattiva maestra? Eppure Barack Obama si è affermato anche grazie al suo carisma personale e all'uso accorto dei media, dalla tv a Internet. Non è il mezzo ma ciò che si trasmette attraverso di esso che bisognerebbe stigmatizzare, non crede?
"L'operazione di presa del potere da parte di Obama è stata certamente spettacolare e molto ben condotta. La sua popolarità però è crollata in seguito, quando la grande affabulazione via mass media è svaporata di fronte alle esigenze della politica reale. Quella che vede il presidente Usa inasprire la linea guerrafondaia di Bush in Medio Oriente e mandare altri 30.000 marines in Afghanistan, ad esempio. O quella delle misure di politica economica che lo mettono in guerra contro potenti lobby finanziarie, ergo contro una parte dell'elettorato. Vendersi attraverso la televisione non è poi così difficile, se uno è gobbo e basso ma ha buoni strateghi e molte risorse può imporsi esattamente come un bell'uomo alla Obama, o un piacione stile Berlusconi".
A proposito di politica reale: come valuta la spaccatura interna al Pdl dopo il confronto tra Fini e Berlusconi?
"Fini si è reso conto dell'errore commesso facendo confluire An nel Pdl, cioè in un partito modellato sull'adorazione incondizionata del grande capo Berlusconi. Il presidente della Camera ha in mente una destra moderata di ampio respiro internazionale. Ma in qualsiasi Paese del mondo la destra è sinonimo di law and order. Il che significa massimo rispetto e autorevolezza riconosciuti a polizia e magistratura, non continui attacchi irresponsabili ai giudici. Cosa che non si sono mai sognati di fare, ad esempio, Andreotti e Forlani quando erano sotto processo. Per la semplice ragione che una classe dirigente non delegittima le istituzioni dello Stato. Mai. Quali sono le idee politiche di un avventuriero come Berlusconi, se non il potenziamento di se stesso? Fini ci ha messo un po' a realizzarlo, ora si è stufato. Si aprono molti scenari ed è difficile fare previsioni esatte di ciò che potrà capitare. Ma in sostanza lo ripeto: il normale dibattito politico riprenderà in questo Paese solo dopo il tramonto politico di Berlusconi".
Il ritorno al sistema elettorale proporzionale può riavvicinare i cittadini alla vita politica del Paese e alla voglia di andare a votare?
"Almeno restituirebbe una parte del diritto di sperare di scegliere i propri rappresentanti, illusione che è tramontata con questo finto bipolarismo maggioritario. Naturalmente anche con il proporzionale gli apparati dei partiti continueranno a fare blocco per favorire la vittoria dei propri uomini di fiducia".
Nel suo manifesto intellettuale lei propone il no deciso alla globalizzazione, alla democrazia rappresentativa e alle oligarchie politico-economiche e promuove l'autoproduzione, il localismo e la democrazia diretta in ambiti controllati. L'Italia post-Berlusconi può realisticamente guardare in questa direzione?
"Il mio manifesto può avere un'applicazione realistica nel lungo periodo. La chiave potrebbe essere una sorta di autarchia europea, dunque guardare oltre l'Italia. L'Europa ha risorse, popolazione e mercato per fare da sé. Un po' come gli indipendentisti corsi, ma con prospettiva più ampia. Senza seguire gli Usa sulla strada dissennata della globalizzazione e di un uso della tecnologia che ha reso il mondo più connesso e veloce ma anche molto fragile. E allontanato la gente dalle proprie radici".


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