mercoledì 29 dicembre 2010

Destra maldestra una lite da sinistra


Dal governo c’è chi ha chiesto le dimissioni di Fini da presidente della Camera, il quale aveva chiesto le dimissioni di Berlusconi. Anche tra i farefuturisti c’è chi preferirebbe un Fini dalle mani istituzionalmente libere.

Il centrodestra è diviso come neanche il centrosinistra prodiano. I giornali d’area, litigano tra loro come organi di correnti in lotta. I direttori fanno quel walzer di poltrone che hanno sempre rinfacciato a quelli di sinistra - coiè chiunque non fosse berlusconiano - come De Bortoli & Mieli. La casta dei progressisti, dicevano. Ma il ballo di fine impero piace anche a loro.

L'egemonia culturale, ottenuta attraverso i potenti mezzi di distrazione di massa del Cavaliere, sembra lasciare in eredità infrastrutture in abbondanza - tv e derivati, spesso utilizzate anche dagli avversari - ma poche idee. Al governo, è incarnata dal peggior poeta più conosciuto in Italia - Sandro Bondi non ha la colpa crociana d’esser poeta, ma di aver votato all’amor cortigiano-politico una produzione lirica cui fa velo, in negativo, solo la sua malagestione ministeriale. Ma di fatto, l’egemonia oscilla tra l’agonia - di idee e contenuti - e l’euforia - dei costumi, o malcostumi. In questa terra desolata della destra al potere, per volare alto bisogna probabilmente aspettare il ritorno, quasi annunciato, di Giuliano Ferrara in tv. Teo-cabarettista, intellettuale che da sinistra è andato a destra e poi in alto, ma che ha nostalgia del ventre, intellettualmente a terra, della tv, dove si vincono le vere battaglie.

In occasione dell’uscita di “Cabaret Voltaire. L’islam, il Sacro e l’Occidente” due anni fa, Pietrangelo Buttafuoco parlava di una destra che assomigliava alla sinistra, ma in maniera senile. E non si riferiva all’età di Berlusconi, seppure si presti come metafora biecamente biologica, ma a quella destra, finiana e non solo, che tradiva la difesa della tradizione per un giro, preso all’ultimo, di trasgressione. Di fatto, imitava la sinistra nei suoi tic, faceva proprie le sue categorie, sdoganava - ad esempio con l’attivismo pop culture de Il secolo d’Italia e i libri di Luciano Lanna e Angelo Mellone. Togliattiano è stato il legame tra Fini e molti suoi intellettuali, almeno in una certa fase, quella bocchiniana: pifferai della rivoluzione farefuturista (non senza spunti originali, di vitalità e, in un certo senso, regalando reminescenze, si parva licet, della figura archetipica dell’intellettuale organico, Martinetti: e infatti, un comunista siciliano, italiano, come Elio Vittorini coniò il famoso motto degli intellettuali che non devono suonare il piffero).

Destra e sinistra sono categorie ormai geneticamente modificate, assi cartesiani un po’ sballati, già posti male con il socialismo mussoliniano, fino al trasformismo di Berlusconi, passando per il cerchiobottismo Dc e recenti anni di neo-qualunquismo vario – prima Lega, FI, Idv, Grillo… - ma sembrano, oggi, come scrisse Valerio Magrelli in una poesia adattata come proprio laico addio al Pd binettiano, due guanti uguali. Perché uno, a turno, viene rivoltato e, dunque, è del tutto identico all’altro. Per Magrelli e altri, il Pd assomigliava, come partito, al centro-destra. Per Buttafuoco è la destra occidentalista, anti-tradizionale, alla Fini, ad assomigliare alla sinistra.

In maniera senile. Dai risultati, non ultime le reciproche campagne Feltri vs. Sallusti, Belpietro vs. Fini, Sallusti vs. Belpietro, si direbbe che la senilità della destra è molto attiva. Ma forse per l’ e-lettorato, moderato e non amante delle risse, dello scissionismo del capello, potrebbe sembrare qualcosa di maldestro, più che destro. Come maldestra è la destra che dopo la sortita antiberlusconiana di Fini, lo smarcamento, assiste ad un attendismo che è quasi un riposizionamento fallito.

(di Luca Mastrantonio)

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