domenica 30 gennaio 2011

L'immagine delle Istituzioni

In un video dello scorso settembre il presidente della Camera disse che se la casa di Montecarlo, venduta dal suo partito, fosse risultata appartenere al fratello della sua compagna, non avrebbe esitato a dimettersi. Qualcuno sostiene che quella circostanza si è verificata e che Gianfranco Fini deve rinunciare al suo incarico. Altri, fra cui l'interessato, ribattono che lo farà soltanto se il fatto sarà confermato dalla magistratura italiana. Corriamo il rischio di impelagarci in una situazione in cui le sorti di una delle maggiori cariche istituzionali italiane dipendono da fattori estranei alle esigenze della vita politica nazionale: le carte provenienti da una minuscola isola dei Caraibi, non universalmente nota per la sua impeccabile reputazione amministrativa, o il calendario giudiziario di Procure che dovranno inquisire, interrogare, nominare esperti e chiedere rogatorie internazionali. Non è il modo migliore per affrontare la questione.

Fini ha formulato idee e programmi che hanno suscitato interesse e consensi in una parte del Parlamento e del Paese, ha creato un partito ed è passato all'opposizione. Quando i suoi vecchi compagni del Pdl hanno sostenuto che il nuovo ruolo è incompatibile con le sue funzioni istituzionali, Fini ha risposto che sarebbe stato capace di essere contemporaneamente leader politico e scrupoloso presidente della Camera. Ho avuto qualche dubbio e ho pensato che certi sdoppiamenti sono da evitare. Ma i regolamenti parlamentari non permettevano di obbligarlo alle dimissioni e la prova di una promessa dipende, dopo tutto, dal modo in cui è mantenuta.

Da allora il rebus italiano, come lo chiamava Cecilia Kin, una intellettuale russa innamorata dell'Italia, è diventato ancora più imbrogliato. Il premier è inquisito per uno scandalo che ha fatto il giro del mondo, ma resta al suo posto ed è sostenuto da una coalizione che è ancora maggioranza. La lunga marcia verso il federalismo si scontra con difficoltà che potrebbero provocare la fine della legislatura. L'ombra delle elezioni anticipate incombe sul quadro politico e chiama in causa il ruolo decisivo del capo dello Stato. La Corte costituzionale è stata costretta a decidere se e quando il presidente debba andare in tribunale per difendersi. Tutte le maggiori istituzioni sono costrette a uscire dai loro binari per affrontare ostacoli imprevisti. Mai come ora l'Italia ha avuto bisogno di persone che non siano protagoniste di un duro scontro politico e reggano con forza il timone delle regole e delle procedure. Queste persone sono soprattutto il presidente della Repubblica e i presidenti delle Camere: un terzetto che deve poter richiamare i contendenti alle regole del gioco. Fini dovrebbe chiedersi se le circostanze gli consentano di esercitare questa funzione nel miglior modo possibile. Non metto in discussione le sue capacità e le sue intenzioni, ma osservo che ogni sua decisione istituzionale, nelle prossime settimane, potrebbe diventare ragione o pretesto di sospetti e accuse.

Il calendario dei lavori, la durata dei dibattiti, il diritto di parola di un deputato, persino i tempi di una interrogazione: tutto ciò che rappresenta il lavoro quotidiano di un presidente della Camera potrebbe trasformarsi in materia di contestazione e complicare ulteriormente la situazione politica. Il problema non è la proprietà della casa di Montecarlo. Il vero problema è se la casa Italia, in queste condizioni, possa essere decorosamente amministrata nell'interesse di coloro che la abitano.

(di Sergio Romano)

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