domenica 18 settembre 2011

Ci sono due errori da evitare. Così il Pdl può sopravvivere


Davanti alla verità è da suicidi chiudere gli occhi. La Seconda Repubblica sta crollando. Prima o poi, anche i muri maestri e i pilastri rovineranno al suolo. Pure il leader che ha dato l’impronta a quest’epoca, Silvio Berlusconi, è al tappeto. Il metodo per abbatterlo può anche essere stato barbarico, come sostiene lui. Le centomila intercettazioni ordinate da una solo procura per indagare quante fossero le donne da portare nel letto del premier, sono un’aberrazione. In nessun altro paese sarebbe stata possibile questa enormità. Per di più pagata con denaro pubblico, prelevato dalle tasche di tutti noi contribuenti onesti.

Tuttavia, la verità ci impone di dire che il peggior nemico di Berlusconi è stato Berlusconi. Silvio ha ucciso se stesso. Prima o poi, il premier ammetterà di aver attuato un suicidio strisciante. Si renderà conto dei propri errori, ma allora non ci sarà più modo di porvi rimedio. L’augurio che da italiano posso fargli è che, assieme a lui, non sparisca il centrodestra. E che tanto il Pdl che la Lega riescano a sopravvivere.

Non ho mai votato per nessuno dei due partiti, ma non sono così sciocco da sperare nella loro scomparsa. Nelle democrazie parlamentari, i blocchi che si contrappongono sono necessari gli uni agli altri. Per questo motivo, in Italia, Bersani & C. farebbero bene ad augurarsi l’esistenza di un gruppo opposto.

Senza il Pdl e la Lega, il centrosinistra sarebbe fatalmente indotto a commettere ancora più errori di oggi. Nel caso di una vittoria elettorale, l’assenza di un’opposizione renderebbe zoppa la nostra democrazia. Lasciando la nuova maggioranza in balia di una minoranza violenta, tutta interna ai trionfatori. Quella delle frange lunatiche antagoniste, già oggi pronte a incendiare le piazze.

Per ora la Lega non sembra essere sopraffatta dai guai. Il successore di Umberto Bossi è già pronto. Si chiama Roberto Maroni e l’unica incognita sta nella data del passaggio dei poteri. In molti pensano che prima avviene e meglio sarà. A trovarsi nelle peste è soprattutto il Popolo delle libertà. Qui ancora non esiste nessuna alternativa al Cavaliere. Sento dire che nel Pdl la stanno cercando, O almeno si pongono il problema di scovare un nuovo leader. Ma sono soltanto voci. E come si usava dire un tempo: vedere cammello, pagare cammello.

Che cosa deve fare la classe dirigente del Pdl per salvare il proprio partito? Prima di tutto, non deve abbandonarsi a una convinzione fatale. Qualcuno la esprime con queste parole: “Berlusconi era il sole. Una volta tramontato, noi non esisteremo più”. Parole micidiali per la sopravvivenza del centrodestra. Ma non è affatto così.

La vita continuerà anche dopo il Cavaliere. Morto un Papa, se ne fa sempre un altro. Nessun partito deve dipendere dalla figura del leader. Ricordiamoci del Pci. Una volta scomparso Palmiro Togliatti, al potere per vent’anni, al suo posto arrivò Luigi Longo. E lui fu tanto accorto da scegliersi il successore quando era ancora in vita: Enrico Berlinguer.

Il secondo dovere da onorare è di non abbandonarsi alla guerriglia interna, big contro big, in un crepitio di parole pesanti come pallottole. Sta facendo questo errore un fedelissimo di Berlusconi, il deputato Giorgio Stracquadanio.

Intervistato da Fabrizio Roncone, del Corriere della sera, non si è limitato a ripetere l’immagine del sole che tramonta e lascia tutti al gelo, morti stecchiti. No, ha tirato per la giacca una pattuglia di amici di partito. I “patetici smemorati” che dimenticano i benefici ricevuti dal Cavaliere e si preparano a prendere il suo posto.

Vediamo la lista del super berlusconiano. Al primo posto c’è Roberto Formigoni, il presidente della Regione Lombardia, che molti ritengono un possibile successore di Berlusconi. Ma Stracquadanio scuote la testa: “Formigoni era un semplice, minuscolo democristiano, quando arrivò Berlusconi e lo creò, e gli dette prestigio”. E Gianni Alemanno, il sindaco di Roma? “Lui ha perso un sacco di tempo, cullando sogni di leadership nazionale. Anzi temo che abbia persino immaginato di poter diventare il vice di Berlusconi. Così facendo, purtroppo, si è distratto, non ha onorato il patto con i nostri elettori e ha dimenticato di governare Roma”. E Renata Polverini, presidente della Regione Lazio? “Dal punto di vista politico, prima dell’elezione era un’entità astratta. E tornerà a esserlo senza il sole caldo del premier. Il guaio è che non se ne rende conto. Invece di occuparsi della tubercolosi al Gemelli, sta lì a dire che il premier ha un deficit di credibilità e di reputazione. Perciò, secondo lei, sarebbe meglio fare patapam e patapim”.

E Beppe Pisanu, che ha chiesto le dimissioni del presidente del Consiglio e l’avvento di un governo di larghe intese? “Pisanu farebbe meglio a spendere le sue energie nella commissione Antimafia che presiede. Non la vedo guidata con l’impeto necessario. E aggiungo che mi innervosisce assai l’idea che lui appaia come il vecchio saggio e noi come dei pazzi scriteriati”.

Le interviste di questo parlamentare milanese, cresciuto alla scuola politica di Marco Pannella, sono sempre divertenti, ma non cavano il ragno dal buco. Una volta scomparso il sole che ha il faccione stanco di Silvio, bisognerà salvare il centro destra dal gelo che anche Stracquadanio teme. Il Bestiario si guarda bene dal dare consigli non richiesti. Un proverbio delle mie parti recita: guai a insegnare ai gatti come ci si arrampica sui muri.

L’unico suggerimento che posso offrire al gruppo dirigente del Pdl è di guardare davanti, senza voltarsi indietro. Berlusconi ha concluso il proprio ciclo bio-politico, come ha riconosciuto in tivù Alessandro Giuli, il vicedirettore del “Foglio”. Il Cavaliere, aggiungo io, resterà nella storia italiana per il buono e il cattivo che ha fatto. Ma la storia, il passato, va lasciato agli storici che ne scriveranno.

I politici saggi hanno il dovere di guardare al futuro. E di prepararlo con la giusta dose di cinismo. Un atteggiamento che non è sempre negativo. Qualche giorno fa, su Libero, mi ero augurato un rivolta di palazzo nel Pdl, per spingere Berlusconi a dimettersi. Ma oggi penso che non ce ne sia bisogno. Sotto l’incalzare delle inchieste e delle intercettazioni, forse sarà lo stesso Cavaliere ad andarsene.

Tuttavia, non sono del tutto certo che Berlusconi si comporterà così. Qui posso limitarmi a un augurio e a un timore. L’augurio è che il premier sia tanto generoso da non comportarsi come i tiranni che decidono di morire portandosi nella tomba tutti i fedeli. Il timore è che nel Pdl avvenga l’opposto e divampi un conflitto interno, che potrebbe sfociare in una guerra civile. In grado di distruggere il partito.

Ma attenzione! “Una guerra civile non è una guerra, è una malattia” ha scritto Antoine de Saint-Exupéry, l’autore del “Piccolo principe”. “Il nemico è all’interno, e si finisce per combattere quasi contro se stessi”.

(di Giampaolo Pansa)

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