venerdì 3 giugno 2011

Sconfitto, il Cav. resta il più fico


Chi ce lo vede uno come Giulio Tremonti che alla vigilia del voto amministrativo telefona a Tersigni Ernesto da Frosinone, nel mezzo del suo comizio da candidato sindaco del Pdl, e lo incoraggia a “riportare il buon governo a Sora e realizzare la statale per Avezzano”, e poi accetta l’invito a festeggiare assieme la vittoria a condizione che “gli invitati non siano soltanto uomini”?

Silvio Berlusconi lo ha fatto – e Tersigni in effetti ha vinto – pur di raddrizzare queste amministrative. Ha fatto anche questo, il Cav., e ancora una volta si è dimostrato più generoso e temerario della sua schiera. Dovrebbero tenerlo a mente le anime vagolanti di centrodestra che ora pretendono d’insegnargli in pubblico come si abdica alla propria sovranità. Loro, i dirigenti beneficati, creati dal nulla o rifatti a nuovo dal Demiurgo delle libertà, non hanno l’obbligo della gratitudine; ma un grammo di obiettività, quella sì.

L’obiettività è una figura alta e penetrante, potendo ascoltarla ci direbbe che il ciclo berlusconiano si sta chiudendo (secolo più, secolo meno); ma poi affilerebbe le orbite aggiungendo che Berlusconi è il migliore e tale rimarrà negli annali. Migliore degli avversari, di quelli che lo contornano e di coloro che non gli sono più accanto. Il più intelligente nel cogliere il kairòs della politica, momento perfetto in cui aprire la porta della storia nazionale e buttarcisi dentro; il più sensibile nell’ascolto umorale del suo popolo; il più destro nel dosaggio di strategia e tattica; il più cinico nel voler apparire uguale ai suoi elettori, fino al punto da confondere la sua intenzione di voto con la loro; dunque anche il più ingenuo (con la sua incapacità di accettare l’irriconoscenza).

Non basteranno cento furbissimi Casini, mille civil servant e diecimila presidenti della Camera per eguagliare la statura del superbo, infaticabile, narcisista e geniale gaffeur di Arcore uscito sconfitto da se stesso. Perché i grandi si fanno vincere soltanto dal proprio doppio, da quella parte migliore di sé che – in assenza di contendenti all’altezza – a un certo punto dice basta e vela la mente inducendo all’errore fatale. Così è successo al Cav., malgrado tutto il migliore.

(di Alessandro Giuli)

Nessun commento:

Posta un commento